8.7.2014 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 214/1 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Verso uno sviluppo territoriale più equilibrato nell'UE» (parere d'iniziativa)
2014/C 214/01
Relatore: NILSSON
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 9 luglio 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
Verso uno sviluppo territoriale più equilibrato nell'UE.
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 12 febbraio 2014.
Alla sua 496a sessione plenaria, dei giorni 26 e 27 febbraio 2014 (seduta del 26 febbraio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 230 voti favorevoli, 4 voti contrari e 3 astensioni.
1. Conclusioni
1.1 |
«Tutta l'Europa vivrà», ha proclamato il primo Parlamento rurale europeo — forum che il 13 novembre scorso ha riunito, presso la sede del CESE, le organizzazioni rurali europee e nazionali. Le zone rurali possono prosperare e contribuire al benessere dell'Europa tanto quanto le città, se si adottano politiche adeguate nei loro confronti. La politica che il Parlamento rurale invita ad adottare è una politica geograficamente mirata, multisettoriale e «dal basso», basata sulla partecipazione e sul partenariato. |
1.2 |
Il presente parere d'iniziativa raccoglie la sfida e, a fronte dell'accentuazione degli squilibri territoriali all'interno di paesi e regioni, esso invoca uno sviluppo più equilibrato, che consenta a tutti i territori dell'UE di contribuire all'obiettivo della coesione territoriale sancito dal Trattato di Lisbona. |
1.3 |
Tra le minacce che pesano sulle economie rurali quella da considerarsi più grave è lo spopolamento. Molte regioni rurali sono profondamente colpite da questo fenomeno: in alcuni paesi e regioni si registrano cifre drammatiche, con perdite demografiche di circa 1 % all'anno e a volte anche maggiori. Il panorama è tuttavia estremamente eterogeneo: gran parte delle aree rurali dell'UE non è interessata da questo processo e continua ad attirare persone e imprese. |
1.4 |
Il CESE sottolinea l'urgente necessità di condurre una vigorosa azione politica ad ogni livello per affrontare le conseguenze economiche e sociali dello spopolamento. Bisogna puntare sull'occupazione, le infrastrutture e i servizi, con l'aiuto di politiche integrate di sviluppo rurale a tutti i livelli (europeo, nazionale e regionale), cercando di fare pieno uso delle risorse endogene locali. Tutti i programmi UE, non da ultimi la politica di coesione e i suoi strumenti per lo sviluppo rurale e locale come Leader e il CLLD (sviluppo locale di tipo partecipativo), vanno utilizzati appieno. Gli Stati membri devono allocare risorse finanziarie alle zone più colpite dallo spopolamento. |
1.5 |
Ogni decisione politica che abbia una dimensione geografica dovrebbe essere valutata alla luce dell'impatto che essa avrà sul territorio. Bisogna prestare maggiore attenzione alle valutazioni ambientali e socioeconomiche esistenti e sviluppare nuovi, specifici indicatori sia quantitativi che qualitativi. |
1.6 |
Parallelamente allo sviluppo dei settori primari, occorre un quadro politico per la diversificazione e la promozione dell'imprenditoria tramite gli investimenti, l'innovazione e le conoscenze. Occorre promuovere le filiere corte in ambiti quali l'alimentazione e l'energia e considerare inoltre l'introduzione di incentivi al decentramento. |
1.7 |
È indispensabile creare opportunità occupazionali e garantire quanto prima agli individui la possibilità di esercitare concretamente il loro diritto all'istruzione e alla formazione investendo in strutture appropriate per la promozione della conoscenza e della tecnologia. Una preoccupazione chiave dovrebbe essere quella di offrire posti di lavoro e corsi di studio interessanti ai giovani. Bisogna creare condizioni adeguate per facilitare l'insediamento dei giovani agricoltori in quanto fattore di stabilità per le aree rurali. Occorre inoltre liberare il potenziale lavorativo e imprenditoriale delle donne. Infine, l'assunzione di immigrati in situazione regolare potrebbe, se accompagnata da misure efficaci per prevenirne la segregazione, offrire l'opportunità di coinvolgere gli immigrati in quanto soggetti attivi dello sviluppo rurale. |
1.8 |
Per ridurre le disparità geografiche e fare in modo che le aree rurali attirino persone e imprese occorre investire in infrastrutture che garantiscano trasporti, comunicazioni e collegamenti energetici efficienti (compresa la banda larga ad alta velocità). |
1.9 |
Un altro presupposto fondamentale per migliorare l'attrattiva delle zone rurali e ridurre gli squilibri territoriali è un'adeguata offerta di servizi — sia servizi commerciali che servizi sociali di interesse generale. Infine, occorre investire urgentemente non soltanto nella sanità, l'istruzione e in centri di assistenza di vario tipo, ma anche nelle attività culturali e ricreative. |
1.10 |
Il CESE ritiene che per migliorare l'equilibrio territoriale nell'Unione europea sia indispensabile sviluppare la democrazia partecipativa. Gli abitanti delle zone rurali e le loro associazioni dovrebbero partecipare alla pianificazione e attuazione delle politiche e delle attività finalizzate alla coesione territoriale. Il principio di partenariato applicato ai fondi strutturali europei dovrebbe essere utilizzato in modo efficiente ed esteso anche ad altri settori di intervento. |
1.11 |
In quanto ponte tra le istituzioni europee e la società civile, il CESE sostiene l'idea di un Parlamento rurale europeo — vale a dire di un forum europeo a larga rappresentanza — da organizzarsi periodicamente in partenariato con lo stesso Comitato. |
2. Motivazione del presente parere di iniziativa
2.1 |
Scopo ultimo del presente parere è sostenere il ricorso alla valutazione d'impatto territoriale delle pertinenti politiche UE per affrontare il drammatico spopolamento che colpisce alcune zone rurali. |
3. Introduzione
3.1 |
L'UE presenta una grande diversità culturale, linguistica e storica, ma anche dei principi e ideali comuni a tutti suoi i cittadini — principi sanciti dall'articolo 2 del Trattato (1). Un lavoro dignitoso, l'accesso a servizi sociali ed economici di interesse generale ed elevate norme di protezione ambientale sono esigenze fondamentali in tutte le sue regioni. |
3.2 |
Le condizioni, tuttavia, non sono identiche in tutto il territorio dell'Unione. Le regioni europee presentano disparità comprendenti differenze storiche, strutture culturali ereditate dal passato, sistemi politici contrastanti e modelli diversi di sviluppo socioeconomico — tutti fattori che possono inoltre combinarsi tra loro in svariati modi. È necessario approfondire la conoscenza del complesso fenomeno delle disparità geografiche e dei suoi effetti su politiche e prassi. |
3.3 |
Le aree rurali hanno di fronte una sfida comune: attualmente, la loro capacità di creare posti di lavoro sostenibili e di qualità è inferiore a quella delle aree urbane (2). Il reddito dei loro abitanti è più basso di quello della popolazione urbana: in media, lo scarto è di circa 25-30 %, ma nell'Europa centrorientale può arrivare fino al 50 %. Le opportunità di lavoro che offrono sono meno numerose e interessano una gamma più ristretta di attività economiche. Le infrastrutture inadeguate, compresa la cattiva qualità delle comunicazioni a banda larga, la scarsa accessibilità dei servizi commerciali e sociali e la mancanza sia di strutture per l'istruzione e la formazione che di attività culturali e ricreative stanno contribuendo a un esodo di notevoli proporzioni — esodo di cui sono protagonisti principalmente i giovani e in particolare le giovani donne. |
3.4 |
Tuttavia, il quadro generale non è così fosco. Nel decennio 2000-2010 le aree prevalentemente rurali hanno registrato in media una crescita leggermente superiore a quella delle aree urbane (3), anche grazie alle molte soluzioni interessanti che le comunità rurali sono riuscite a trovare per gestire le sfide e ottenere risultati positivi sfruttando le risorse endogene e altre risorse locali (4). Durante le recenti crisi, le aree rurali hanno dato prova di maggiore stabilità e resistenza agli urti. Un recente studio ha inoltre dimostrato che, per effetto dei costi legati alla congestione e degli elevati canoni di locazione, le attività economiche stanno cominciando ad allargarsi alle regioni meno sviluppate — che spesso sono regioni rurali (5). |
3.5 |
Questo sviluppo territoriale squilibrato, caratterizzato da forti differenze sia tra Stati e regioni che al loro interno, ma anche tra comunità rurali e urbane rappresenta una grossa sfida. Per i paesi dell'Europa centrale e sudorientale, che durante il processo di adesione all'UE hanno riscoperto il ruolo delle regioni e delle comunità locali in quanto attori territoriali responsabili, lo sviluppo regionale e locale è ora diventato un importante settore di interesse. Questo rinnovato interesse per lo sviluppo locale e regionale è presente anche in altre regioni europee. |
3.6 |
In tutto il territorio europeo sono presenti zone scarsamente popolate e piccoli centri abbandonati: si tratta in effetti di un problema comune anche agli Stati membri più piccoli. Queste zone presentano caratteristiche e bisogni specifici. Malgrado le differenze, tuttavia, esse hanno almeno quattro problemi comuni: isolamento geografico e quindi elevati costi di trasporto; problemi demografici — emigrazione, invecchiamento, bassi tassi di fecondità; una struttura economica debole e monolitica e infine un basso reddito medio accompagnato in alcuni casi da grave povertà rurale. |
3.7 |
Il presente parere si propone di indicare come le aree rurali possano, grazie a una politica di sviluppo integrato, concorrere alla coesione territoriale e sociale sfruttando le risorse endogene, e in questo modo superare la crisi economica, mantenere i posti di lavoro esistenti, crearne di nuovi e proteggere l'ambiente. Sebbene in molte regioni il settore agroalimentare occupi un posto predominante, è necessaria una diversificazione. Tutti i settori dovrebbero essere in grado di contribuire, se sostenuti da misure politiche mirate. |
4. Osservazioni generali
4.1 Sfide per i responsabili politici UE
4.1.1 |
Le disposizioni in materia di coesione economica, sociale e territoriale di cui agli articoli 174-178 del Trattato di Lisbona prevedono uno sviluppo armonioso dell'UE, puntano a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo, dedicano un'attenzione particolare alle zone che presentano svantaggi naturali o demografici e invitano gli Stati membri a condurre e coordinare le loro politiche economiche al fine di realizzare tali obiettivi. |
4.1.2 |
Secondo la Commissione europea, la coesione territoriale è uno strumento per assicurare lo sviluppo armonioso dell'Europa nel suo insieme e garantire che gli abitanti possano trarre il massimo beneficio dalle caratteristiche intrinseche delle diverse regioni. La coesione territoriale è perciò uno strumento per fare della diversità una carta vincente, che contribuisce allo sviluppo sostenibile di tutta l'UE (6). |
4.1.3 |
Le regioni hanno al loro interno sia zone dinamiche che aree problematiche. Dal momento che le regioni sono, per definizione, eterogenee, è difficile trovare un equilibrio tra coerenza politica e coesione territoriale. Bisogna quindi costruire una prospettiva politica basata sulla cooperazione tra regioni e sul coordinamento delle diverse politiche settoriali in partenariato con i soggetti territoriali. Un'altra componente importante di qualsiasi politica regionale è il principio di sussidiarietà, in quanto è sempre preferibile affrontare i problemi specifici delle comunità a livello locale. |
4.1.4 |
Per quanto riguarda le politiche europee, lo strumento più importante per l'agricoltura e lo sviluppo rurale è senz'altro la politica agricola comune. Ma questa non deve essere l'unico strumento: nell'elaborare i programmi operativi degli altri fondi, gli Stati membri dovrebbero concentrarsi anche sulla sostenibilità delle aree rurali. |
4.2 Spopolamento
4.2.1 |
Le statistiche UE (7) mostrano che nel periodo 2008-2009 le regioni rurali europee hanno registrato un contenuto incremento demografico (0,1- 0,2 %). Nel periodo 2010-2011 si è avuta invece una stagnazione, a fronte di un aumento della popolazione urbana di circa 0,5 %. Il panorama è tuttavia estremamente eterogeneo. Molte aree rurali hanno registrato un incremento demografico negli ultimi cinque anni. Nel 2011 la popolazione rurale media è aumentata in 8 dei 27 Stati membri dell'UE. È invece diminuita in altri, con cifre particolarmente negative in Lettonia e Lituania, che hanno registrato un calo del 2 %, e in Bulgaria (-1 %), mentre in Portogallo, Germania, Romania e Ungheria si sono avute diminuzioni di circa 0,5 %. |
4.2.2 |
Quando però si analizza la situazione delle singole regioni (NUTS3), le cifre si fanno drammatiche. Nel periodo 2007-2011 all'incirca 100 regioni su un totale di 1 300 hanno registrato un calo demografico del 5 % e in alcuni casi anche maggiore. Per la maggior parte, esse si trovano nei paesi sopraccitati. Bulgaria, Lituania e Lettonia si discostano dall'andamento generale in quanto presentano uno spopolamento elevato di tipo generalizzato. In Germania le zone interessate si concentrano nella parte orientale, mentre in Portogallo si trovano essenzialmente all'interno. |
4.2.3 |
Un altro aspetto che emerge dalla statistiche è la distribuzione fortemente disomogenea della popolazione nell'UE, con densità medie estremamente variabili da regione a regione e forti differenze tra le aree urbane e quelle rurali. Ma l'aspetto demografico forse più allarmante è la densità sorprendentemente bassa di alcune regioni rispetto a 50-100 anni fa. Lo spopolamento deve essere considerato come la maggiore minaccia per le economie rurali, non soltanto in quanto limita le opportunità di crescita, provoca problemi ambientali, influisce negativamente sulle strutture sociali e rende più difficile l'erogazione dei servizi pubblici, ma anche in quanto potrebbe pregiudicare l'esistenza stessa delle piccole città e dei piccoli centri abitati. |
4.2.4 |
Questa tendenza è tuttora in atto. La rapida espansione delle città in quanto sedi di industrie e servizi provoca l'esodo della manodopera dalle zone rurali. E la migrazione verso le città è ulteriormente accentuata dalla ristrutturazione delle attività agricole. Anche i grandi investimenti infrastrutturali possono essere causa di spostamenti demografici. Quando l'esodo rurale supera la crescita naturale, lo spopolamento rurale fa scendere il numero totale degli abitanti a un livello critico causando al tempo stesso l'invecchiamento delle strutture demografiche. |
4.2.5 |
Lo spopolamento rurale ha tutta una serie di conseguenze ambientali. Ad esempio, quando un'area viene abbandonata, al mosaico variegato di paesaggi mantenuti in vita dall'uomo viene a sostituirsi un unico habitat dominante. Questa «omogeneizzazione ecologica» può portare a una diminuzione della biodiversità a livello locale. Tra gli effetti ambientali dello spopolamento figura anche il degrado del suolo dovuto a un'inadeguata manutenzione del terrazzamento nelle aree montuose, come avviene per vaste aree del Mediterraneo e del Sud-est europeo. |
4.2.6 |
Altre preoccupazioni suscitate dallo spopolamento rurale riguardano ad esempio la gestione delle foreste e il rischio di incendi nelle aree mediterranee, nonché i potenziali problemi di sicurezza lungo le frontiere esterne dell'UE. |
4.3 Il ruolo della società civile organizzata
4.3.1 |
Il CESE ha sottolineato che la «democrazia partecipativa, riconosciuta come una componente dei principi democratici del funzionamento dell'Unione, rappresenta una condizione imprescindibile» per realizzare la coesione territoriale (8). Bisogna dare alla società civile organizzata l'opportunità di partecipare in modo responsabile e trasparente alla definizione e attuazione delle politiche e delle attività di coesione territoriale a livello regionale e locale. Il principio di partenariato applicato ai fondi strutturali europei dovrebbe essere utilizzato in modo efficiente ed esteso anche ad altri settori di intervento. |
4.3.2 |
Le parti sociali tradizionali e le organizzazioni socioprofessionali possono svolgere un ruolo fondamentale nel correggere i crescenti squilibri territoriali promuovendo un'occupazione e delle imprese che offrano condizioni di vita e di lavoro migliori. |
4.3.3 |
D'altro canto, si va diffondendo in tutta Europa un movimento delle comunità rurali. In alcuni paesi esso è sorto di recente, mentre in altri esiste da molti anni (i suoi precursori si trovano principalmente nel Nord Europa). A livello nazionale, questi movimenti si organizzano in federazioni e reti che riuniscono sia organizzazioni socioprofessionali già esistenti che nuove iniziative della base. Essi danno voce agli abitanti delle zone rurali con un approccio «dal basso», oltre a promuovere le nuove imprese e l'organizzazione della produzione e dei servizi a livello locale. |
4.3.4 |
Nel novembre 2013 il CESE ha ospitato quello che è stato definito il «primo Parlamento rurale europeo» (9) — un forum delle organizzazioni nazionali ed europee che si occupano di questioni rurali che si propone di rafforzare il movimento rurale in Europa e di dargli una voce comune. Esso punta in primo luogo a influenzare la politica rurale europea, migliorare il dialogo tra i decisori politici e il livello locale e promuovere lo scambio di buone pratiche. |
4.3.5 |
Il CESE, in quanto ponte tra le istituzioni europee e la società civile, potrebbe mettere i cittadini che vivono nelle zone rurali e le loro organizzazioni in condizione di esercitare un ruolo guida nel processo di definizione e attuazione delle politiche rurali. Il Comitato sostiene pertanto l'idea di un Parlamento rurale europeo — vale a dire, di un forum rurale europeo esteso anche alle organizzazioni socioprofessionali e alle parti sociali — da organizzarsi periodicamente in collaborazione con lo stesso Comitato e che potrebbe anche fare da tramite con il suo gruppo di collegamento. |
4.4 Valutazione dell'impatto territoriale
4.4.1 |
In passato il CESE ha raccomandato di esaminare la legislazione, le politiche e i programmi dell'UE dal punto di vista del loro impatto sulla coesione territoriale. La Commissione ha una responsabilità particolare in questa valutazione di impatto, che dovrebbe coinvolgere da vicino tutti i soggetti interessati (10). |
4.4.2 |
Recentemente, questa proposta del CESE ha trovato eco in un parere del Comitato delle regioni che chiede «che le politiche settoriali valutino sin dalle prime fasi la dimensione territoriale dei loro interventi al pari delle loro incidenze economiche, ecologiche e sociali» ed esorta alla «collaborazione degli enti regionali e locali al momento di trasmettere le consultazioni ai soggetti direttamente interessati» (11). |
4.4.3 |
Il concetto di valutazione d'impatto è già presente nelle varie clausole orizzontali del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (artt. 8-12). Queste clausole affermano che «nella definizione e nell'attuazione delle sue politiche e azioni», l'Unione tiene conto delle esigenze connesse con la dimensione sociale, l'uguaglianza dei generi, l'ambiente, la tutela dei consumatori e la lotta alle discriminazioni. |
4.4.4 |
Nel prendere ogni eventuale decisione, i responsabili politici dovrebbero porsi la seguente domanda: qual è l'impatto atteso da questa azione? Contribuirà a far aumentare la popolazione urbana o a mantenere intatta quella rurale? Alle politiche che migliorano l'equilibrio territoriale globale o che perlomeno lo lasciano inalterato si dovrebbe dare immediatamente il via libera, mentre qualsiasi decisione che turbi questo equilibrio aumentando la concentrazione urbana dovrebbe essere soggetta a una valutazione d'impatto che dimostri che essa comporta più benefici che svantaggi. |
4.4.5 |
Bisognerebbe valutare l'impatto territoriale delle politiche settoriali, in particolare quelle riguardanti i settori seguenti: trasporti, TIC, energia, ambiente, agricoltura, commercio, concorrenza e ricerca (12). |
4.4.6 |
A questo fine, la Commissione dovrebbe garantire che nella valutazione strategica ambientale (13) e negli orientamenti per la valutazione d'impatto si presti adeguata attenzione alla dimensione territoriale. Occorre però sviluppare anche altri, specifici indicatori quantitativi e qualitativi che consentano di misurare non soltanto gli effetti socioeconomici e ambientali, ma anche altri effetti meno misurabili come la perdita delle competenze tradizionali. |
5. Osservazioni specifiche
5.1 |
Uno sviluppo territoriale equilibrato comporta un uso più omogeneo e sostenibile delle risorse naturali, con vantaggi economici derivanti dalla riduzione della congestione e dai minori costi. La prosperità delle aree rurali dipenderà dalla capacità di queste ultime di mobilitare la popolazione e le risorse locali, sviluppando al tempo stesso i fattori che rendono le condizioni di vita e di lavoro in queste zone più allettanti sia per le persone che per le imprese. Le «diseconomie» e le esternalità negative delle agglomerazioni urbane riducono le prospettive di una buona qualità di vita per tutti. |
5.2 |
Accanto agli spazi urbani e periurbani sovrasfruttati esistono molte aree rurali con un potenziale di sviluppo ancora intatto. Nelle regioni periferiche lontane dalle aree metropolitane, le città di piccole e medie dimensioni svolgono un ruolo chiave nel fornire accesso ai servizi, e in questo modo conservano la loro attrattiva come posti per vivere. Sostenere questi centri rurali sarà di grande importanza per far fronte alla chiusura di servizi e all'afflusso di persone dai centri più piccoli della zona circostante, purché però siano organizzati trasporti pubblici efficienti. |
5.3 |
Le forze del mercato non sono in grado di fornire da sole gli incentivi necessari per invertire la tendenza in atto. Occorre perciò una vigorosa azione politica a tutti i livelli per affrontare le conseguenze economiche e sociali dello spopolamento e attirare persone e imprese verso le aree rurali. È necessario un insieme equilibrato di incentivi per stimolare gli investimenti, l'innovazione e le conoscenze e mantenere e creare opportunità per chi vive e lavora nelle zone rurali. Bisognerebbe puntare sull'occupazione, le infrastrutture e i servizi, con l'aiuto di politiche integrate di sviluppo rurale a tutti i livelli (europeo, nazionale e regionale). |
5.4 |
Tutti i programmi UE, non da ultimi la politica di coesione e i suoi strumenti per lo sviluppo rurale e locale come Leader e il CLLD (sviluppo locale di tipo partecipativo), vanno utilizzati appieno. Gli Stati membri devono allocare risorse finanziarie alle zone più colpite dallo spopolamento. |
5.5 |
La normativa sulla concorrenza dovrebbe essere adattata di conseguenza per consentire le necessarie esenzioni. Se i cambiamenti proposti incidono sul costo del lavoro, devono essere trattati nel quadro del normale dialogo sociale con le parti sociali. |
5.6 |
La più importante espressione concreta della coesione territoriale è garantire a tutti i cittadini europei, ovunque essi vivano o lavorino, pari accesso ai servizi di interesse generale. Per ridurre le disparità geografiche è necessario investire in infrastrutture che garantiscano trasporti, comunicazioni e collegamenti energetici efficienti (compresa la banda larga ad alta velocità) per lo sviluppo delle aree più fragili e periferiche. |
5.7 |
Le condizioni di vita delle popolazioni rurali, comprese le più svantaggiate, devono essere migliorate tramite un'adeguata offerta di servizi: questo rappresenta infatti un'altra condizione fondamentale per ridurre gli squilibri territoriali, e ciò vale sia per i servizi commerciali che per i servizi sociali di interesse generale. Investendo non soltanto nella sanità, nell'istruzione e in centri di assistenza di vario tipo, ma anche in attività culturali e ricreative si migliorerà l'attrattiva esercitata dalle zone rurali non soltanto sulle persone ma anche sulle imprese. |
5.8 |
Sfruttare le risorse endogene significa anche creare filiere corte che apportino benefici economici, sociali e culturali non soltanto agli agricoltori, ma anche ad altre attività economiche, ai consumatori e alle aree rurali in generale. L'alimentazione e l'energia sono buoni esempi in questo senso. Questo tipo di modello di produzione ha bisogno di essere incoraggiato, come dimostra il fatto che anche quando esistono catene di approvvigionamento ben organizzate in grado di garantire un flusso produttivo affidabile, le catene di vendita al dettaglio transnazionali si rivolgono raramente ai produttori locali. |
5.9 |
È essenziale creare opportunità di lavoro e garantire concretamente il diritto all'istruzione e alla formazione. Bisogna fornire con urgenza una formazione professionale che consenta di «adeguare la manodopera alle necessità del nuovo modello produttivo» (14). Una preoccupazione fondamentale dovrebbe essere quella di ridurre l'esodo dalle aree rurali dei giovani — e non da ultimo delle giovani donne, tendenzialmente più inclini a emigrare. La società ha tutto da guadagnare dall'offrire un'occupazione che consenta alle giovani famiglie di beneficiare dell'ambiente naturale della campagna come luogo propizio per crescere i figli. Il CESE ha inoltre già raccomandato, in precedenti pareri, di adottare misure forti che consentano di realizzare il potenziale lavorativo e imprenditoriale delle donne facendone un volano di sviluppo e innovazione e dotandole di conoscenze e tecnologie adeguate (15). |
5.10 |
Dei posti di lavoro di qualità in industrie creative avanzate potrebbero mettere in moto un circolo virtuoso, attirando non soltanto attività economiche, ma anche iniziative culturali e altri tipi di servizi che possono rendere la vita in ambiente rurale più interessante per i giovani lavoratori e dissuaderli dal trasferirsi. |
5.11 |
Per creare nuovi posti di lavoro nelle zone rurali più colpite dallo spopolamento occorrono misure radicali di diversificazione e decentramento (16). Per quelle zone vanno perciò attuati programmi con finanziamenti specifici. Sarebbe bene far conoscere le esperienze delle aree rurali che sono riuscite a gestire positivamente la sfida dello spopolamento e a conservare la loro attrattiva nei confronti di persone e imprese. |
5.12 |
Il mercato interno e il diritto di libera circolazione consentono agli agricoltori di praticare l'agricoltura in altri Stati membri che offrono migliori prospettive del loro paese d'origine, come dimostra l'esempio degli agricoltori olandesi insediatisi in Romania. Queste opportunità di mobilità e acquisizione di terra non devono però andare a scapito del sistema agricolo esistente e dei piccoli proprietari locali. |
5.13 |
Il CESE ha chiesto il pari trattamento dei lavoratori migranti nelle aree rurali attraverso l'applicazione di norme minime che garantiscano condizioni di lavoro e di vita dignitose, coinvolgendo in questo processo anche le parti sociali (17). Un processo di integrazione supportato da misure di accompagnamento che impediscano efficacemente la segregazione potrebbe contribuire a fare dei migranti regolari una fonte di sviluppo rurale. |
Bruxelles, 26 febbraio 2014
Il presidente del Comitato economico e sociale europeo
Henri MALOSSE
(1) L’articolo 2 stabilisce che: "L'Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Gli Stati membri condividono «una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».
(2) Si veda ad esempio la relazione informativa del CESE 425/2011 (relatore NARRO), GU C 376 del 22.12.2011, pag. 25.
(3) Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale.
(4) GU C 132 del 3.5.2011, pag. 82.
(5) ESPON 2013 Programma CAEE — The Case for Agglomeration Economies in Europe Progetto 2013/2/1.
(6) Commissione europea, direzione generale Politica regionale, 2008.
(7) Eurostat, Annuario regionale, pag. 238 e segg. (sviluppo rurale).
(8) GU C 228 del 22.9.2009, pag. 123.
(9) Il Parlamento rurale europeo si ispira al modello dell'ultraventennale Parlamento rurale svedese — forum che si svolge con cadenza biennale, composto dalle organizzazioni rurali nazionali, sia di categoria che di altro tipo, e da gruppi «dal basso» che rappresentano le comunità locali.
(10) GU C 228 del 22.9.2009, pag. 123.
(11) GU C 280 del 27.9.2013, pag. 13.
(12) GU C 376 del 22.12.2011, pag. 15.
(13) GU L 197 del 21.7.2001, pag. 30.
(14) GU C 347 del 18.12.2010, pag. 41.
(15) GU C 299 del 4.10.2012, pag. 29.
(16) Un esempio rilevante di decentramento è dato dal nuovo centro dati di Portugal Telecom nei pressi di Covilhã, nella regione montana di Serra da Estrela.
(17) GU C 120 del 16.5.2008, pag. 25.