V. SABATINI ALBERTO DE LAPPARENT Wlt ^OCCCDCVtt ROMA PRESSO I.A SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA VIA DHL PLEBISCITO, 102 1908 ■v.C;'™ V. SABATINI ALBERTO DE LAPPARENT *IDCC CLXVU ROMA PRESSO LA SOCIETÀ GEOGRAFICA ITALIANA VIA DHL PLEBISCITO, 102 1908 Estratto dal Bollettino della Società Geografica Italiana, Fase. VII, 1908 pag. 686-692 Roma — Tip. dell’Unione Coop. Editrice, via Federico Cesi, 45. ALBERTO DE LAPPARENT. La morte di Alberto de Lapparent è stata causa di lutto non solo per la scienza francese, ma per quella del mondo intero. Quest’uomo dalla cultura varia, estesa, dall’ ingegno vivace, scintillante, assimilatore, dalle qualità dello spirito perfettamente equilibrate, nella sua grande modestia, conquistò ad un pezzo per v olta la stima dei suoi colleghi e dei suoi discepoli. Ebbe la ventura di avere due grandi maestri, Elie de Beau- niont e Delesse, che seppero apprezzarlo fino dai banchi di quella Eco le des Mines, che è stata sempre il miglior semenzaio scientifico della Francia, a cui ha dato tanti uomini illustri. Fu così c fie Elie de Beaumont lo volle con sè all’ufficio della Carta geologica particolareggiata della Francia appena fu costituito nel 1 868, mentre Delesse lo aveva preso a collaboratore nella Rivista di Geologia che si andava man mano pubblicando negli dnnales des Mines. De Lapparent fu naturalista matematico nel tempo stesso, come del resto lo sono quasi tutti gl’ingegneri delle miniere di Francia, e d è questa qualità che li rende grandi maestri nel campo della Geologia appena l’intelligenza li seconda. Così lo studio del Paese di Bray è rimasto classico, per la sua grande esattezza. In esso il naturalista studiò i fossili e la serie dei terreni, mentre il matematico ideò un nuovo metodo di rappresentazione degli strati Più importanti mercè le curve orizzontali. Ma la carta topografica era insufficiente per un lavoro simile, e de Lapparent la completò, anzi la rifece addirittura, con pochi istrumenti elementari, che adoperò in modo da ottenere risultati di grande precisione. Fu così che Jacquot, il direttore della Carta geologica della Francia nel 1879, quando scrisse la prefazione alla Minéralogie microgra- phìque di Fouqué e Michel-Lévy, potette dichiarare il lavoro di 4 ALBERTO DE LAPPARENT de Lapparent sul Paese di Bray un esempio da imitarsi, il tipo delle monografie illustrative della carta stessa. Al de Lapparent si deve pure lo studio complesso della geologia del Cotentin e quello dell’Isola di Jersey. Ma l’opera piu geniale in cui il naturalista e l’ingegnere si dettero la mano fu l’esplorazione della Manica per lo studio del progetto del famoso traforo sottomarino tra la Francia e l’Inghilterra. Con l’aiuto di oltre sette mila scandagli e coi campioni di rocce che se ne ottennero, de Lapparent riconobbe la regolarità dell’andamento della creta del cenomaniano, ciò che assicurava la possibilità dell'opera, che poteva così essere tutta eseguita in questa formazione. Intanto fin dal 1875 era stata offerta all’eminente geologo la nuova cattedra di Geologia fondata nell’ Istituto cattolico di Parigi. Ed egli l’aveva accettata con grande piacere perchè gli permetteva di darsi altresì all’ insegnamento, pel quale si sentiva la più grande vocazione, e nel quale poteva svolgere un programma interamente personale, rendendo piena d’attrattive una scienza rimasta arida fino allora. La cosa però non piacque agl’ intransigenti del così detto libero pensiero, la di cui intolleranza nel 1 880 potè riuscire ad imporre al de Lapparent il dilemma di dimettersi da professore dell’Università cattolica o da ingegnere del Corpo delle Miniere (1). E lo scienziato già illustre, duramente colpito nella sua fede e nella sua rispettabilità, ed obbligato a cedere alla violenza, rispose disdegnosamente che il suo dovere era di restare all’Istituto cattolico. E lasciò con dolore quel Corpo delle Miniere, che è il più elevato che esista in Francia e che egli aveva onorato coll’ingegno e con la dottrina. Si dette cosi tutto all’insegnamento e restò professore fino alla morte, potendo spiegare, in grazia degl’ intransigenti, le sue meravigliose quaW a didattiche. Il grande materiale da lui raccolto, collaborando con Delesse nella Rivista di Geologia, e il lavoro della cattedra gli permisero (1) Agl’ingegneri del Corpo delle Miniere di Francia è permesso di tenere pubbliche cattedre. Così per citare il più noto in Italia, il Michel-Lévy è n0 ° solo attualmente ispettor generale delle Miniere e direttore della Carta geoio gica, ma altresì professore al Collège de France. ALBERTO DE LAPPARENT Da una fotografia cortesemente comunicataci dalla “ Société de Géographie „ di Parigi. 6 ALBERTO DE LAPPARENT di compilare il suo classico Trattato di Geologia. Esso fu accolto con grande favore da tutto il mondo, poiché nessun paese ne possedeva uno così completo e cosi ben fatto. La grande qualità del metodo, che de Lapparent possedeva in modo assoluto, vi domina su tutte le altre, dalla prima all’ultima pagina. L’elevata dottrina, la facilità dell’esposizione, la chiarezza dei concetti, la purezza dello stile sono le altre qualità che cattivano il lettore e lo sorprendono per la loro eccellenza. Ed è con questo com* plesso, che, dall’esposizione della scienza della Terra si vede balzare fuori la bellezza del Creato in tutta la sua imponenza. Man mano dalla poesia della Natura l’A. assurge a quella del Creatore, a cui giunge mettendo in evidenza quel concetto di ordine che regna dominatore negli esseri e nelle cose. Il primo capitolo del libro è tutto un inno alla scienza, di cui l’A. ricerca l’intima essenza, in una sintesi rapida, sicura, affascinante, e si chiude con un inno a Dio. La parte descrittiva del trattato, che è la seconda, è un lavoro improbo, se si pensi all’epoca in cui fu fatto. Certamente contiene inesattezze e lacune, ma esse erano inevitabili in un’opera di tanta mole, e dove occorreva vagliare a tavolino lavori eseguiti sul terreno e decidersi tra le opinioni più diverse su tutta l’infinita varietà della Terra. Però il libro, che ebbe cinque edizioni, fu rifatto quasi interamente'tutte le volte, e mentre aumentò successivamente di mole, passando da circa 1300 a più di 2000 pagine, andò sempre migliorando nella sua parte descrittiva. La prima parte invece, la parte generale, nacque organica e vitale fin dal principio. Essa riassume mirabilmente tutte le teorie della dinamica terrestre, discutendole e vagliandole, e dando un’idea completa della materia. L’attività di quest’uomo era multiforme. Egli possedeva in sommo grado quella versatilità d’ingegno in cui eccellono i francesi. Potette così occuparsi con pari competenza di rocce, di fossili e di minerali ; di teorie geogenetiche e cosmogoniche nel tempo stesso che di cristallografia. 11 suo Corso di Alineralogia è quindi anch’esso di squisita fattura, e se non è il migliore tra tutti, conte lo è il Trattato di Geologia, è però uno dei migliori. La cristallografia vi è trattata estesamente con esposizione originale, che potè parere arditezza, in un’epoca in cui Ernesto Mallard, uno dei ALBERTO DE LAPPARENT 7 colossi della scienza francese, pontificava dalla cattedra delVEcole des Mines. Finalmente de Lapparent fu uno dei primi — il primo nei paesi latini — a far nascere con la Geografia fisica una nuova scienza. Le relazioni fra paesaggio e costituzione geologica, tra la morfologia terrestre e la geodinamica, furono da lui illustrate in un nuovo corso all’ Istituto cattolico, che poco dopo fu seguito da una pubblicazione assai più estesa, intitolata appunto Lezioni di Geografia fisica. Metodo ed assimilazione furono dunque due delle maggiori qualità dell’ ingegno del de Lapparent, congiunte ad una squisita facoltà di osservazione, che egli stesso chiamava « sovrana nel naturalista ». Quanto a nuove teorie, di quest’uomo eminente invece non resta nulla. A lui mancava la facoltà creatrice ed invano si cercherebbe un rapporto qualsiasi tra lui ed Elie de Beaumont, l’ouqué, Mallard e Michel-Lévy. Ma nella coordinazione egli non aveva rivali, onde il suo Trattato di Geologia, la sua massima °pera, restò e resterà lungo tempo insuperata come opera didattica. Naturalmente, al crescere della stima dei contemporanei, crebbero gli onori pel de Lapparent. Fu più volte presidente della Società geologica francese, e lo fu pure di quella di mineralogia. E finalmente entrò all’ Istituto tra gl’ « immortali », e ne divenne il segretario perpetuo, nella categoria delle scienze fisiche. E così, dopo diciassette anni, l’atto villano che i politicanti avevano commesso, osando parlare in nome della scienza, veniva riparato dagli scienziati, i quali concedevano all’illustre naturalista la maggiore onorificenza che si accorda in Francia agli uomini più eminenti. * * * Sulla cattedra de Lapparent esercitava lo stesso fascino che nei libri, forse anche maggiore. La sua voce esile, alla prima volta, riusciva spiacevolissima; ma dopo pochi minuti ad essa non si badava più, avvinti da un’eloquenza incantevole. Pareva di leggere i suoi libri a sentirlo parlare con la parola sempre precisa, la frase sempre corretta, lo stile purissimo, le imagini vive, il discorso chiaro, l’argomentazione serrata. I concetti più astrusi erano resi con la massima semplicità. Non di rado qualche frase vivace, leggermente ironica per qualcheduno ALBERTO DE LAPPARENT 8 o per qualche cosa, faceva sorridere, giacché quest’uomo, da oratore, appariva anche uomo di spirito. Ma il suo non era lo spirito che urta e che offende, bensì quello che tocca e non ferisce. Non così erano alcuni di coloro che lo bersagliavano per invidia o per diversità di opinioni. Io ricordo, per esempio, De Chancourtois, ai miei tempi professore di Geologia all’Ecole des Mines, il quale, se doveva citarlo, diceva sempre sarcasticamente « Monsieur de Lapparent qui est un très bon calculateur...» come se non fosse stato niente altro. Ma di De Chancourtois, ingegno paradossale, ahimè! non resta proprio nulla, e le sue lezioni facevano pietà, quando egli si bisticciava col gesso e la lavagna, e noi si discorreva e si rideva per conto nostro. Invece da de Lapparent si andava attratti da stima e da rispetto, si andava come ad una lieta festa intellettuale, e di lui non si perdeva una sillaba sola. Qualcuno, osserva il Pervinquière nella Revue scientifique* ed è vero, trovava, alle prime lezioni, che la Geologia era troppo- facile cosa, e, udendo quel Maestro, credeva essere inutile prendere appunti. Ma, appena cercava di ricordare, di mettere insieme, quando a casa si decideva a trascrivere quello che aveva udito, il poveretto si accorgeva che il miraggio incantatore era svanito con l’ultima eco della parola di Lui. De Lapparent con queste sue qualità fu anche un conferenziere affascinante. Riferendo sopra una escursione della Società geologica francese, in cui, nelle diverse città che attraversammo, de Lapparent tenne una serie di conferènze, Marcello Bertrand ebbe a dire più tardi che avevamo così lasciato « un solco luminoso dietro di noi». Egli era anche poeta. Se sapeva essere il poeta della Natura, poteva essere anche quello dei versi, per cui occorre una assai minore abilità. Ricordo, per esempio, una pagina meravigliosa, in cui il de Lapparent fece il ritratto del geologo, di questa strano individuo, armato di martello e vestito da straccione, che sale in vetture di prima classe, e arrivando in città fila diritto nei migliori alberghi. In Francia si dice subito: « C’est un géo- logue » e la gente si scopre... ciò che non sempre succede io Italia. In quei versi, dopo descritto l’individuo, si passava a descrivere le sue idee, le sue argomentazioni e i suoi errori, e l’A.» ALBERTO DE LAPPARENT 9 satirizzando col suo spirito fine, conchiudeva col dire « et l’on ®et dans le tertiaire tous les terrains que l’on ne connait pas ». * * * Oggi il Maestro, a sessantanove anni, è scomparso. La scienza lo piange, ed io stesso me ne addoloro, pensando che gli devo una parte di quel poco che so, molti buoni consigli e delle ore deliziose, quando scappavo dal Collège de France per andarlo a sentire. Giugno 1908. V. Sabatini. ^■T'iìpàisàà^SifCii