DELLE CAVALLETTE DELLE CAVALLETTE E DEL METODO PIÙ AGEVOLE PER DISTRUGGERLE MONOGRAFIA SCRITTA PER INCARICO DEL NINISTRO DI AGRICOLTURA INDUSTRIA E COMMERCIO DA‘ ACHILLE GOSTA PROFESSORE DI ZOOLOGIA E DIRETTORE DEL MUSEO ZOOLOGICO NELLA R. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI CON DUE TAVOLE GENOVA TIPOGRAFIA DEL R. ISTITUTO‘SORDO-MUTI 1871 Ca uftizio del 21 del decorso mese il Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, in vista dei felici risultamenti da noi ottenuti nella distruzione delle Cavallette nel territorio dei Bagnoli presso Napoli, ci ha invitati a scrivere su tali insetti una monografia, nella quale fosse principalmente esposto il metodo da noi adottato per quella distruzione insieme a tutte le istruzioni che avremmo credute necessarie perchè si potessero anche altrove ottenere i risultati medesimi. Per corrispondere a siffatto invito abbiamo redatto il presente lavoro, intorno al quale, a giustificazione e del Ministro che ne concepiva il pensiero, e di noi che ne accettammo.il mandato, fa mestieri dire poche cose. Il flagello delle Cavallette è troppo antico per poter credere che noi giungessimo nuovi o quasi in siffatta arringa. Al contrario buon numero di dissertazioni e molti lavori, fra quali ve n’ ha al certo dei pregevoli, tro —_ vansi già pubblicati sull’argomento. Nelle stesse provincie Napoletane nel 1834 a cura del Governo dell’ ex-reame veniva pubblicata la Monografia degli Acridii del Regno di Napoli, nella quale furono descritte ed effigiate le. specie tutte che nelle dette provincie eransi fino allora rinvenute; sicchè dal lato zoologico è lavoro molto pregevole. Mentre però siffatti trattati o dissertazioni nulla lasciano a desiderare sotto il rapporto puramente scientifico e dottrinale, poco soddisfano dal lato pratico. Noi quindi interpetrando la mente di chi ci affidava|’ incarico, e tenendo presente gli effettivi bisogni delle provincie italiane, mettendo da parte ciò che è astratto, e neppure occupandoci della parte storica, per la quale non faremmo che ripetere senz’ alcun vantaggio, cose tutte dette da altri; ci terremo al concreto esponendo il frutto degli speciali studii da noi fatti su tali insetti, non già entro il recinto del gabinetto, bensì sull’aperto campo e sotto la sferza degli scottanti raggi del sole. La presente monografia conterrà adunque: 1.° La descrizione delle specie di Cavallette che più comunemente infestano l’ Italia; 2.° I loro costumi, e i danni che arrecano; 3.° Il metodo da noi tenuto. per la loro distruzione; 4.° Talune considerazioni generali; sugli espedienti da adottare per debellare siffatti insetti in tutta.l’ Italia. Le quali cose abbiamo creduto opportuno accompagnare con le immagini tratte dal vivo delle cavallette nelle loro diverse età e con quelle degli ordigni più acconci alla loro raccolta. Napoli, 30 Luglio 1870. Capitolo I. Descrizione delle Cavallette nei diversi loro stati Le specie di Cavallette che vivono in Italia sono parecchie(1). Ve ne ha delle rare, ve ne ha delle comuni, che però si mantengono in proporzioni assai miti, in guisa da non molestare l’ agricoltura: le une e le altre costituiscono unicamente oggetto delle collezioni entomologiche. Qualcuna però suole qua e là ‘sviluppare in copia straordinaria e produrre devastazioni sensibili. Questa è generalmente la Cavalletta Crociata. È dessa che da molti anni, e nel momento pure in cui scriviamo, abbiamo ricevuto dalla maggior parte delle località delle Puglie: è dessa che erasi istallata nel,territorio dei Bagnoli; alla medesima ancora si appartenevano alcuni individui che ci sono stati inviati nell’anno decorso e nel corrente da varie altre provincie.del napoletano e della Sicilia. Sta in seconda linea la Cavalletta italiana, che è specie affine e presso a poco della medesima statura. Questa a giudicare dalle relazioni di taluni naturalisti ha invaso altre volte le campagne romane, il Mantovano, e nelle Puglie diviene (1) La sola Fauna Napoletana ne conta oltre venti. = ma ancora spesso dannosa, sia isolatamente, sia associata all’ altra sopramenzionata. Le quali due specie, giova dichiararlo fin da ora, sono assolutamente indigene; e se talvolta veggonsi già alate apparire all’ improvviso in qualche contrada, esse vi pervengono da altra più o meno vicina, non mai da fuori Italia. Si è in varii tempi parlato di invasione della Cavalletta emigratrice(!) che è di statura molto maggiore, propria principalmente della Tartaria, d’ onde in qualche anno avrebbe invaso l’Italia. Siffatta determinazione specifica però non essendo stata fatta da entomologi, non può meritare alcuna fiducia. E vi hanno infatti entomologi distinti i quali opinano che non già la vera emigratrice, ma l’affine Cavalletta cenerognola(2) sia quella che ha emigrato. Noi adunque descriveremo le due sopramenzionate, che dalle nostre osservazioni risulta essere oggi le più diffuse in Italia: D’ altronde quand’ anche in qualche località fosse altra la specie produttrice delle devastazioni, i costumi, i danni che arrecano e quindi i mezzi da adoperare per distruggerle essendo perfettamente gli stessi, in nulla verrebbe a modificarsi quanto esporremo nei capitoli seguenti; per lo che non ne avrebbe alcuna importanza. CAVALLETTA Crociata. Acridium cruciatum(3). Tav. 1, fig. NL Uova. Le uova rimangono a gruppi involti ad uno |.strato albuminoso al quale, nel momento in cui sono deposte, attaccasi uno strato di terra, in guisa da (1) Acridium migratorium, Lin.— 0. G&G. Cost. Pachytilus migratorius, Fisch.’ (2) Acridium cinerascens. (3) Gryllus eruciatus, Gharp.— Acridium eruciatum, O. G. Cost.= Stauronotus cruciatus, Fisch. | | | — 0= costituire una specie di bozzoletto terroso. Questo è cilindraceo, leggermente inarcato, ritondato in una dell’ estremità, obbliquamente troncato nell’ altra, ove la sostanza albuminosa più abbondante e come spumosa forma con lo strato terroso una specie di coperchietto: tav. I, fig. 1, b. La sua lunghezza è di millimetri diciassette.a ventuno, ed il diametro di cinque a sei. Le uova all’interno vi stanno disposte obbliquamente(1), parallele le une alle altre ed in tre o quattro strati, in ciascuno dei quali ve ne ha da dieci a dodici; sicchè ogni bozzoletto ne contiene dalle trenta alle quaranta. L’ uovo è cilindraceo, leggerissimamente arcuato, ritondato agli estremi, lungo millimetri quattro e mezzo, con un diametro di un millimetro; ha color bianco gialliccio sudicio ed opaco. Larva. Al primo apparire fuori terra le Cavallette sono lunghe sei millimetri, e quanto a peso abbiamo calcolato che d’individui fra il primo e quarto giorno ne entrano circa centomila in un chilo. La loro impronta caratteristica specifica non ancora è ben delineata; sicchè non sarebbe facile in tale epoca determinarne la specie. Il colore ne è quasi uniformemente brunogiallastro, e solo nei femori veggonsi adombrate le fasce nere. Avanzando in età sul torace cominciano ad accennarsi quelle note caratteristiche della specie, in quattro lineette, due per lato, obblique e disposte quasi a croce, le quali poi sono assai ben pronunziate quando la larva ha raggiunto dieci millimetri di lunghezza, e più ancora quando-è per passare a ninfa. In questo stato anche la tinta del corpo intero, non che dei (1) Taluni autori han descritto le uova come disposte per lungò, ossia nel senso stesso dell’asse longitudinale del bozzolo e quindi in fasci succedentisi ancora l’uno all’altro nello stesso senso. Ciò potrà essere per altre specie. io|](Yo piedi posteriori è ben determinata, sì da potersi ben riconoscere la specie. Ninfa. Le parti tutte del corpo han preso il loro definitivo colorito, come anche le forme caratteristiche che saranno esposte nel descrivere l’insetto perfetto. Le ali che gradatamente vanno sviluppando si presentano di color giallicecio sudicio. Nel massimo sviluppo, quando l’animale ha venti millimetri di lunghezza, le superiori raggiungono e sorpassano di poco la metà dell’ addome. Insetto perfetto. Ben acconciamente Charpentier appellò specificamente crociata la specie in parola; dappoichè la nota più caratteristica e che prima risalta all’ occhio dell’osservatore sta in una specie di croce obbliqua o meglio di X interrotta nel punto d’ intersezione, di color giallo netto, posta sul corsaletto, la quale croce risalta tanto maggiormente, in quanto le due linee gialle di cadaun lato che la costituiscono trovansi sopra una striscia nera. Nel rimanente ecco quali sono i caratteri della specie. Capo piuttosto grosso, sicchè il suo vertice si eleva un poco al di sopra del corsaletto; la fronte scendendo verticalmente in giù. La porzione del vertice che resta avanti gli occhi è depressa e cinta da un rilievo quasi esagonale, sotto i cui due lati anteriori stanno le fossette rettangolari cinte da simile rilievo. La faccia ha quattro carene verticali: le due medie un poco divaricate tra le inserzioni delle antenne e cancellate in giù comprendono una specie di rilievo più distintamente punteggiato verso sopra, incavato verso il mezzo ove sta l’ occello medio. Il colore è tra il grigio ed il mattone: sul vertice vi ha sul mezzo una striscia nerastra: nell’ occipite dietro ciascun occhio vi ha una linea obbliqua gialla fiancheggiata da punti stivati nerastri che la fanno meglio avvertire. il] sm Antenne filiformi, lunghe quanto il capo ed il corsaletto, bruno-testecce, pallide alla base. Corsaletto nel dorso un poco più lungo che largo, leggermente strangolato innanzi la metà, troncato in avanti, prolungato ad angolo ottuso in dietro, con delicata carena longitudinale mediana. Nella metà anteriore vi ha quattro linee trasversali flessuose impresse, delle quali la posteriore è intera, traversando la carena, le altre tre s’interrompono nel mezzo: sui fianchi poi la prima e la terza si Congiungono fra loro, la seconda arrestandosi più sopra: anche la quarta sì unisce alla terza per. altra linea impressa. Il colore fondamentale è testaceo variato di pallido sui fianchi; sul dorso vi ha due strisce longitudinali parallele nerastre, su ciascuna delle quali vi ha due linee di color giallo netto inversamente obblique: l’ anteriore più corta comincia dal margine anteriore poco più sopra del livello a cui nel capo si termina la linea dietrorbitale, e si dirige in dietro ed-in dentro terminandosi al livello della seconda linea impressa; la posteriore comincia dall’angolo omerale e portandosi in dentro ed in avanti sì termina al livello della stessa terza linea impressa di rincontro’ alla prima. Sui fianchi una macchia pallida più marcata sta al disotto della linea che congiunge la terza e la quarta impressione. Le ali sono benissimo sviluppate: e nel vivo superano sensibilmente l’addome in lunghezza nel maschio, appena nella femmina. Le superiori od elitri han colore cenerino-testaceo con una®erie di macchie irregolari nerastre lungo la faccia laterale o inclinata, ed altra di macchie più piccole e meglio marcate lungo il dorso, che esternamente è fiancheggiato da una striscia giallastra. Le ali inferiori sono incolori coi nervi longitudinali neri, i traversali in massima parte bianchicci. = o= Petto ed addome di color bruno-gialliccio o testaceo: il secondo tinto più o meno di roseo nel dorso con una serie di macchie allungate nerastre in cadaun lato. Piedi: i quattro anteriori grigio-testacei con punti o macchioline nerastre: i due posteriori coi femori dello stesso colore grigio-testaceo, sul dorso tra le due carene tre fasce nere ben marcate, le quali nella faccia esterna sì prolungano obbliquamente in avanti: i ginocchi son del pari neri nel dorso; le tibie e i tarsi sono rosso-sanguigni; le loro spine rossicce alla base, nere all’ estremità. Il maschio è un poco più piecolo, lungo, comprese le ali, millimetri 28 a 30; la femmina essendo lunga 30 a 35”. Questa ha l’addome terminato da quattro robusti pezzi cornei. CAVALLETTA ITALIANA, Acridium italicum(1). Tav. 1, fig. 12-16. Non tanto per colorito questa specie differisce dalla precedente, quanto per caratteri organici, fra quali va in primo luogo registrato quello della gola armata di un cornetto che scende giù davanti i piedi anteriori; ed in secondo il corsaletto non affatto strangolato e nel dorso piano e fornito di tre carene diritte, di cui le laterali quasi parallele fra loro. Aggiungi il corpo meno snello, il capo men grosso e non elevato sul livello del corsaletto, più accorciato e con la fossetta del vertice oblunga non seguita inferiormente da altre due fossette speciali. (!) Gryllus italicus, Linn.— Acridium italicum, Latr.— O. G. Cost. — Caloptenus italicus, Burm. Fisch.— Varietà. Acridium bardarum, O. G. Cost. — 13— Il colorito di questa Cavezlletta è soggetto più che nell’altra a variazioni. Nel caso più ordinario il colore dominante è il grigio che va più o meno al ferruginoso. Il corsaletto nel dorso è macchiato variamente di fosco o nerastro ed ha le tre carene pallide; i fianchi con una macchia bianca obliqua cinta sopra e sotto di fosco. Le ali superano appena l’ estremità del corpo nella femmina. Le superiori presentano ancora una serie di macchie nerastre trasversali quasi altrettante fasce irregolari ed interrotte nella parte declive, ed altre macchioline nerastre nella porzione orizzontale, la quale esternamente è limitata da una striscia più pallida che perdesi verso i due terzi della lunghezza. Le ali inferiori sono più o meno vivamente tinte di roseo. I femori posteriori hanno le tre fasce nere appena accennate nella parte dorsale, e nella faccia esterna una serie di lineette trasversali angolate o di punti di color nero intenso. Fra le varietà più notevoli vi ha quella che abbiamo eitfigiata nella fig. 15, nella quale il dorso del corsaletto è bruno-nerasiro come velluto con la carena media più pallida e due' strisce che occupano i margini laterali di color giallo intenso; e la porzione dorsale dell’ elitre è molto scura con-le due strisce laterali di un giallo più netto’ e posteriormente congiunte insieme comprendendo un triangolo isoscele bruno-nerastro. Lunghezza, computate le ali allo stato di riposo, millimetri 18 a 20 nel maschio, e 25 a 30 nella femmina. ——] A Capitolo II. Costumi delle Cavallette e danni che arrecano Le Cavallette, qualunque ne sia la specie, amano per proprio istinto luoghi aridi ed incolti, siano pure arenosi. L’è in questi che va a ricercarli l’ entomologo che vuol farne raccolta per la sua collezione. E fino a quando il loro numero si mantiene entro modesti confini, non abbandonano il luogo nel quale vider la luce. Allorquando però sviluppandosi in«copia straordinaria non trovano ivi il necessario alimento, lo abbandonano per cercare campi messi a coltura. Sia però che la natura del terreno di questi non bene si presti, sia perchè il continuo lavorio della terra manometta le uova ad essa | affidate, avviene assai spesso che queste vadan perdute; sì che poco contribuiscano alla novella generazione, rimanendo sempre i luoghi incolti come il principale loro nido. Il numero di osservazioni speciali che abbiamo non è sufficiente a farci generalizzare o dare come assoluta siffatta proposizione: però siamo convinti che se eccezioni si avverino, queste siano assai poche. À meglio far comprendere il nostro concetto riferiremo ad esempio ciò che ha avuto luogo nel tenimento dei Bagnoli. Nel 1868(e lo stesso era avvenuto in altri anni precedenti) le Cavallette giunte allo stato adulto abbandonarono il campo incolto, ed invasero i circostanti territorii coltivati, nei quali nessun dubbio che molte avessero deposte le uova, essendosi rinvenute durante l’ inverno nello zappare la terra. Intanto nel 1369 mentre il campo incolto brulicava nuovamente di Cavallette ivi schiuse, non una sola per quante indagini avessimo praticate ne potemmo vedere nei cennati territorii. Il quale fatto è di grande importanza, dappoichè mentre da un lato giustifica la sentenza già da molti pronunziata coltivate è campi e distruggerete gli Acridii; dall’altro serve a spargere molta luce nel determinare il sito cui bisogna diriger l’azione lorchéè sì voglion distruggere(*). La schiusa delle Cavallette ha luogo nella prima metà di primavera, potendone variare l’epoca precisa secondo le diverse località e l’andamento annuale delle stagioni. Nei luoghi temperati(relativamente all’ Italia) avvenir suole nella seconda metà dell’ Aprile. Dopo quindici o venti giorni le ali cominciano a svolgersi, annunziando il passaggio allo stato di ninfa, e dopo altrettanti giorni assolvono l’intero loro sviluppo. Sicchè entro lo spazio di trentacinque a quaranta giorni, quindi dal cader del Maggio ai primi giorni di Giugno, le cavallette sono animali perfetti, hanno sviluppato completamente le ali, e da animali semplicemente saltatori cominciano ancora ad essere insetti volatori. È allora che esse sono nella possibilità di eseguire vere emigrazioni, di abbandonare cioè la contrada nella quale ebbero i natali per invaderne altre più o meno lontane. Giunte a questo stato la devastazione diviene di minore importanza; all’attività della vita di nutrizione subentra quella della vita riproduttiva: vuol (1) I fatti che risultano da relazioni fatte con accuratezza comprovano il nostro asserto. Così, stando all’attualità, quella fornita dalla commissione eletta dalla Giunta Municipale di Caltagirone nello scorso anno constata che« il suolo nel quale trovansi confinate le ovaie è di” » un arenario sterile, incolto e per lo più diserbo di erbe, che per » analogia suole intendersi col nome di grillaia». — 16— dire che compiuta la vita dell’individuo la natura le chiama a provvedere alla vita della specie. I due sessi quindi pensano ad accoppiarsi; dopo di che le femmine si occupano della deposizione delle uova. A tale oggetto scelgono i punti nei quali il terreno sia’ morbido e cedevole, e fissatesi ivi immobili, e mediante i quattro uncini dei quali l’addome è terminato lo perforano spingendovi entro verticalmente gli ultimi anelli addominali, i quali ritirati nello stato di riposo, in quella circostanza svolgonsi come i tubi di un‘cannocchiale (vedi tav. IL fig. 11); e quando han raggiunto il massimo allungamento del quale sono suscettivi, quindi alla profondità di 30 a 33 millimetri, depositano le uova tutte in un fascio solo. Ciò fatto. ritirano il loro addome, e mentre per la naturale mobilità del terreno il canale praticato tende ad ostruirsi, l’ animale con gli stessi suoi uncini procura ribadirne l’ estrema apertura, per modo che le uova non solo rimangono bene interrate, ma sì perde ogni traccia del sito ove furono deposte. Le uova intanto nel venir fuori dalV’ovidutto sono rivestite di un invoglio di materia albuminosa, la quale rappigliandosi forma insieme ad uno strato di terra che vi rimane aderente un invoglio esterno, siccome abbiamo esposto nel precedente capitolo. Le gelate invernali hanno poca influenza sulla facoltà evolutiva insita negl’uovi. Nel decorso mese di Marzo ci venne recato per esame gran numero di bozzoletti di uova raccolti sulle campagne delle Puglie. Colà si era nella lusinga che i forti freddi preceduti avessero fatto perire i germi. Nella quale lusinga erano stati rafforzati dallo esperimento praticato di tenere taluni di quei bozzoli ovigeri per parecchi giorni in incubazione artifiziale ad una temperatura più elevata i E senza averne veduto venir fuori alcuna cavalletta. Noi dalla osservazione microscopica dichiarammo quegli uovi vitali, e davamo spiegazione del risultato dello esperimento col fare avvertire che comunque non possa contrastarsi che il calore artifiziale acceleri i processi evolutivi, pure non sempre è valevole ad accelerare i periodi di evoluzione stabiliti dalla natura. Oltre a che nel caso delle cavallette le uova stando naturalmente interrate, non è facile ripetere identicamente nel proprio gabinetto le condizioni necessarie per lo svolgi mento degli embrioni. Il fatto corrispose al nostro prognostico. Conservati nella stanza del Museo tutti quei bozzoli ovigeri all’epoca debita ne sono schiuse tutte le cavallette. Danni. A farsi una idea chiara dei danni che le cavallette arrecano all’agricoltura non bastano le più minute descrizioni, è necessario essere stato testimone oculare di siffatti desolanti spettacoli. Fitivore per natura e roditrici esimie in grazia delle loro mandibole, non vi ha genere di coltivazione che venga da esse risparmiato, a cominciar dalle piante erbacee più tenere e terminare agli alberi fruttiferi. Nel territorio dei Bagnoli le abbiamo viste attaccare il grano, il granone, i fagioli, i lupini(che son tra le piante meno amate dagl’insetti in generale), le tenere gemme delle viti, la estremità dei ramoscelli di percechi, di persici, di peri; vuol dire quanto vi esisteva. Le piante però predilette son sempre il grano ed il granone: alle quali recano un danno di gran lunga superiore a quello che risulterebbe dallo effettivo loro consumo. Dappoichè esse non si danno a divorare la pianta dalla cima alla base, sicchè tutta intera diventi loro pascolo innanzi che passino ad altra; ma ben spesso si aggrampano al gambo ed ivi rodono, sicchè A. Costa. Delle Cavallette. 2 ao 8= tutta la tima destinata a portare il frutto cade e disseccasi. E se pel grano è presto fatto a distruggere in tal modo estese coltivazioni, pel granone non diviene meno dannoso questo sistema. Una cavalletta aggrampata al gambo di una pianta di granone in meno di un’ora l’ha già rosa in tutta la sua spessezza, per modo che mentre una sola pianta avrebbe potuto bastare a somministrare il pasto di un giorno a più cavallette, invece una sola cavalletta in un giorno rende inutili più piante. Le accennate devastazioni sono graduali è successivamente crescenti, quando trattasi di cavallette sviluppate nella stessa contrada, come avviene ordinariamente nelle nostre provincie. Nei casi però, non frequenti tra noi fortunatamente, nei quali una colonia di cavallette alate proveniente da altre contrade già devastate piomba affamata sui campi, le devastazioni si compiono in men che si dica, ed uno o due giorni possono essere suilicienti a distruggere quanto con le fatiche di una intera stagione il colono avea procurato gli venisse dalla terra prodotto. Utile. A fronte dei danni sta un certo vantaggio che dalle cavallette ritraesi. Gli escrementi che esse lascian cadere sulla terra forniscono un utile ingrascio, siccome gl’insetti essi stessi coi loro cadaveri le somministrano una quantità di sali minerali, e riguardo ai primi acconciamente è stato detto che le cavallette restituiscono alla terra in escrementi la totalità delle materie ingerite. Le quali cose se sono esatte, chimicamente considerate, non sono poi tali dal lato economico, da dover costituire una ragione da consolarsi nella sventura come con troppo entusiasmo recentemente scriveva un autore francese(!). Il valore della (1) Maurin. Invasion des Sauterelles, p. 45. :— 19— derrata che viene distrutta è certamente ben diverso da quello del concime che si ottiene. Oltre a che devesi ricordare che non sempre il danno è tutto rappresentato dalle sostanze divorate, ma è molto superiore per le parti che rimangono non consumate ma pure inutilizzate. Ed in quanto ai cadaveri è da calcolarsi che prima di dare alla terra sali minerali, con la loro putrefazione rendono esalazioni capaci d’infestare l’aria in modo letale e perfino cagionare la peste. Per lo che siamo certi che nessun proprietario vorrà rallegrarsi e nè anche essere indifferente nel vedere il suo fondo invaso dalle cavallette sul pensiero che al postutto troverebbe il terreno migliorato per l’abbondante ingrascio e la copia di sali minerali da quelle fornitigli. Capitolo III. Metodo più agevole per distruggere le Cavallette « La distruzione degl’Insetti nocivi all’ Agricoltura è impresa penosa e difficile, come ogni altra che si propone andar contro le leggi di conservazione e riproduzione delle specie stabilite dalla natura: però le difficoltà vengono ingigantite dalla ignoranza, dall’avarizia e dalla infingardagine dell’uomo». È questa l’epigrafe che noi apponemmo ad una nostra opera che tratta degl’ Insetti che danneggiano le no Ye principali coltivazioni delle nostre: provincie(1); e la sentenza in essa contenuta, risultata da estesi studî sopra gl’insetti nocivi all’agricoltura, è benissimo ancora applicabile al caso delle Cavallette. L’uso di mezzi empirici, quando pur taluno si è creduto poterne proporre per la distruzione degl’insetti che danneggiano i vegetali, non ha mai prodotto risultati importanti; e solo lo studio accurato della biologia di ciascuna specie può suggerire i mezzi meno incerti per la loro distruzione; i quali non essendo sempre i più agevoli ad attuarsi, ne risulta che la sconfidenza predomina, e nulla o poco si opera. Pel fatto delle Cavallette la biologia è conosciuta abbastanza, e solo, secondo noi, restano a constatarsi talune condizioni che con la medesima hanno stretto legame. Ciò non ostante sono già secoli da che soprattutto nelle Provincie Napoletane le Cavallette producono danni incalcolabili, e pure non si è giunti a distruggerle ad onta che molti rimedii siansi praticati. In fatti nelle Puglie, ove principalmente le Cavallette hanno stabilita la loro dimora, fin da quasi mezzo secolo si stabilirono le Commissioni pei bruchi(così ivi vanno intese), quasi in ogni anno si son raccolte le uova durante l’inverno,-e gl’ insetti nella primavera: e con tutto ciò nulla si è ottenuto. E pure in astratto gli espedienti che da essi adoperavansi erano appunto quelli che avrebbero dovuto dare il desiderato risultamento. La provincia di Napoli era rimasta libera da siffatto flagello. Però pochi anni or sono cominciavano a moltiplicarsi nel territorio dei Bagnoli, e nel 1868 il loro numero era talmente cresciuto, da distruggere tutti i (1) Degl’ insetti che attaccano è’ albero ed il frutto dell’ Olivo, del Ciliegio, del Pero, del Melo, ecc. — 21— campi seminatorii circostanti. Fummo invitati con una commissione, della quale faceva parte l’onorevole Comm. Ciccone, dal Municipio ad accorrere per apporvi rimedio. Ne ordinammo la raccolta, se ne raccolsero quaranta quintali: ma noi fin d’ allora prognosticammo che quella spesa era poco meno che perduta, che le Cavallette sarebbero riapparse in uguale se non maggiore abbondanza nell’anno seguente: e ciò perchè tardi eravamo stati avvisati. Il fatto corrispose al nostro prognostico. Nel 1869 le cavallette riapparvero egualmente copiose; però furono distrutte completamente, non produssero alcun danno, nè depositarono uova. Il rimedio fu pure quello della raccolta, però adoperato in tempo ed in modo da produrre l’effetto desiderato. METODO ADOTTATO PER LA DISTRUZIONE DELLE CAVALLETTE IN BAGNOLI. Lorchè nel 1869 trattossi di disporre l’ occorrente perchè in quell’anno le cavallette fossero rimaste distrutte, noi nell’inverno studiammo le condizioni del terreno nel quale le Cavallette avevano stabilita la loro sede, onde riconoscere se fosse stato convenevole dirigere le nostre operazioni sulle uova, ma ci determinammo per la negativa; non perchè giudicavamo inutile tale pratica, ma perchè tutto calcolato trovavamo che la spesa sarebbe stata esorbitante e che sul risultato non avrebbe potuto farsi tale assegnamento, da esser sicuri che a tempo debito moltissime cavallette non sarebbero ancora schiuse, per le quali qualche altro espediente avrebbe dovuto adottarsi. Avvisammo quindi di non sprecar inutilmente il danaro e riserbarci di agire con tutta l’energia quando le piccole cavallette schiudeano; avendo concepito il pensiero che la raccolta ti QQ e di esse eseguita convenientemente sarebbe stato il mezzo più agevole e sicuro per debellarle. Il gran problema che doveva risolversi perchè questo mezzo della raccolta tanto antico producesse risultamenti diversi da quelli che si erano ottenuti sino allora e con effetti duraturi, stava nel distruggerle tutte innanzi che divenissero insetti perfetti, e quindi che fossero nelle condizioni di accoppiarsi e deporre le uova. I due mezzi"che dovevano concorrere alla soluzione del problema erano: cominciare l’operazione a tempo debito, e- adoperare ordigni i quali ne agevolassero la raccolta, proporzionando il numero delle persone di questa incaricate alla superficie del campo invaso. In quanto al tempo, lorchè si approssimava l’epoca della schiusa, cominciammo a visitare il campo ogni tre giorni onde far incominciare le operazioni alla prima loro apparizione. Non appena si videro i primi individui saltellare pel campo disponemmo tutto l’occorrente: persone ed ordigni. Pochi giorni dopo la prima comparsa, ossia al 38 maggio, facemmo dar mano alla raccolta, distribuendo gl’individui per zone con un piano prestabilito, per modo che dove finiva il campo d’azione degli uni cominciava quello degli altri. L’ operazione proseguivasi regolarmente ogni giorno dalla levata al cader del sole, e sarebbe durata assai poco se la schiusa fosse stata tutta contemporanea: ma invece essa avea luogo quasi periodicamente ogni tre giorni, sicchè mentre le une vedevansi diminuite, le nuove schiuse comparivano. Ciò però influì soltanto a fare protrarre più a lungo la operazione, non mica a farne variare il risultato. Dappoichè non ostante una decina di successive schiuse, dopo quaranta giorni di raccolta erano già state tutte raccolte innanzi che alcuna avesse posto le ali, anzi pochi furono gl’individui che raggiun — 23— sero il periodo di ninfa. Aggiungasi che l’attività con la quale si fece la caccia produsse ancora che i seminatorii rimasero completamente illesi, sì da non aversi a deplorare un centesimo di danno. ORDIGNI USATI PER LA RACCOLTA. Se da un lato il cominciare la raccolta a tempo era interessante onde non apprestare il rimedio di Pisa, da altro lato, sia per raggiungere più agevolmente lo scopo e sia per ragione di economia, conveniva adottare un mezzo facile per la raccolta. A tal uopo pensammo che l’ordigno di cui gli entomologi si servono per la raccolta d’insetti, anche microscopici, modificato in modo da potersi mettere nelle mani del bracciale, avrebbe potuto servire perfettamente allo scopo. Facemmo quindi costruire dei coppi, ma in modo che fossero maneggiabili da qualunque e resistessero al genere di raccolia per la quale dovevano essere adibiti. Essi, come vedesi nella tavola II fig. I, risultano da un’asta lunga un metro e mezzo circa, alla cui estremità sono affidate le braccia che partono dagli estremi di una piastra di ferro piegata a cerchio, del diametro di quaranta centimetri(palmo napoletano uno e mezzo). A questo cerchio di ferro è ailidato un sacco a fondo chiuso di tela grossolana del diametro stesso del cerchio, lungo un metro e poco meno(palmi napoletani tre). In un giorno varii campagnoli furono addestrati a raccogliere coi detti coppi le cavallette, e vi rimanevano prese anche quelle di primissima schiusa. La maniera di usare il coppo non era certo difficile; tenendo per la mano destra o con ambedue l’asta, sì striscia il coppo per terra da destra a sinistra, e girasi quindi l’asta in modo che al termine di ciasuna strisciata il sacco = 24= di tela si ripieghi contro l’imboccatura, sicchè gl’insetti capitati non escano fuori. Un soprastante girava ogni due ore sul campo con grosso sacco ordinario, nel quale ciascuno dei raccoglitori riversava il prodotto della sua caccia contenuto nel coppo. Compiuto il giro legava il sacco, vi dava una pestata coi piedi e quindi versava tutto il contenuto nella bracia accesa nel basso di un fosso profondo circa un metro e vi riversava sopra la terra. Siffatto metodo di raccolta riunisce tali condizioni da non poterne desiderar migliori, vuol dire semplicità nell’ ordigno, facilità di usarlo, sicurezza nella riuscita e notabile economia nella spesa. Ed invero, in quanto alla costruzione dell’ ordigno, non vi ha paese nel quale non riesca agevole costruirne, chè piastre di ferro e tela grossolana se ne trovano ovunque. Il modo di usarlo è dei più facili che si possano ideare. Noi abbiamo veduto ai Bagnoli dei giovanotti divenire al secondo o terzo giorno tanto abili a maneggiare il coppo, che si | sarebbe detto essere da lungo tempo educati da naturalisti. E quanto a sicurezza di riuscita il fatto ha di| mostrato come con siffatti ordigni la raccolta delle cavallette non riesca incerta ed eventuale, non potendo in alcun modo sottrarsi dalla trappola che con essi loro si tende, e che perseguitati a tempo non è equivoco il risultato che restino tutte distrutte innanzi che giungano al periodo nel quale possono assicurare la propagazione della specie. E quel che più importa con essi è agevole raccogliere i piccolissimi di prima schiusa ai quali riesce malagevole dar la caccia altrimenti. Infine dalle stesse cose ora dette risulta che la raccolta fatta coi descritti ordigni costa assai meno che quella eseguita nel modo finora.adoperato. Noi abbiamo fatto il calcolo che un individuo in un giorno col coppo può | | | Ì li i Di eri raccogliere con poca fatica più che la doppia quantità di cavallette di quella che potrebbe acchiappare senza di esso. i Un altro ordigno escogitammo ancora, che non adoperammo perchè lo credemmo superfluo nella circostanza, ma che può con immenso vantaggio adoperarsi là dove le cavallette stassero in pianure non arbustate ed in copia estremamente considerevole. Esso è rappresentato nella figura 2 e 3 della tavola seconda. In luogo d’un cerchio di ferro sì costruisce con la medesima piastra di ferro un rettangolo di un metro per mezzo, coi lati più lunghi congiunti nel mezzo da una traversa della stessa piastra di ferro per rendersi più forte, portante un sacco di simil figura e profondo un metro, parimenti di tela. Ai lati corti del rettangolo sono affidate due aste lunghe un metro e fissate ad angolo ottuso. Per mezzo di queste l’uomo tiene l’ordigno; uno dei lati lunghi a poggia a terra, l’altro b resta elevato ed inclinato in avanti, come nella figura 2, tav. cit. Esso vien tirato alla maniera di un carrettino strascinando col lato A per terra e camminando con certa velocità, sì che tutte le cavallette che s’ incontrano vadino nel sacco. E quando molti di tali ordigni si adoperassero contemporaneamente in una sola fila di fronte, essi purgherebbero la terra dalle cavallette anche con maggior celerità, che adoperando l’altro coppo. Essi si vuoterebbero del pari di tratto in tratto in un gran sacco di simile forma portato in giro dal sorvegliatore per poi vuotarlo sulla bracia, come abbiamo detto più sopra. PERSONALE IMPIEGATO NELLA RACCOLTA. Nel campo dei Bagnoli le cavallette coprivano una superficie di circa ottanta moggia vuol dire quasi 27 A. Cozta. Delle Cavallette. = 6= ettari. Impiegammo per essa dieci persone, sì che ognuna avesse avuto a lavorare sopra otto moggia, e dando la caccia in un moggio al giorno percorreva l’ estensione assegnatale in otto giorni, e cominciava da capo. Per tal modo le cavallette non aveano più che otto giorni per crescere, e ripetendo quel giro per ben cinque volte le caval- lette rimanevano tutte distrutte innanzi che raggiungessero tale statura da poter arrecare gran danno. Nel fatto poi non ne arrecarono alcuno, perchè venivano distrutte innanzi che si gittassero sui seminatorii. Ciascuno dei bracciali riceveva una mercede giornaliera di lire due; somma invero generosa, ma che noi credettimo offrire per averli più impegnati al lavoro, dovendo per altro tener presente che il salario ordinario dei bracciali presso Napoli è maggiore di quello col quale in molti paesi i medesimi sogliono venire retribuiti. Il soprastante riceveva lire tre al giorno. Sicchè tutto sommato la spesa per la raccolta totale fu di lire 920 e di lire 70 per gli ordigni. RAGIONE DELLA RIUSCITA. Dopo le cose esposte può naturalmente farsi la osservazione non esservi nel fondo alcuna novità sostanziale nel genere di distruzione da noi adottato. Noi stessi lo abbiamo dichiarato da principio, nè poi ne facemmo un mistero, poichè le operazioni eseguivansi a campo aperto al quale era lecito ad ognuno accedere a curiosare. Nulladimeno, mentre la raccolta delle cavallette sì è quasi ovunque praticata, in nessun luogo si è ottenuto il risultato di distruggerle per intero, sì da non farle ricomparire nell’anno seguente, siccome è nel campo dei Bagnoli avvenuto. È necessario quindi indagare la ragione di tanta differenza nel risultato. ssi DU se Siffatta ragione noi la riconosciamo in due fatti principali, cioè 1.0. nell’ epoca in cui la raccolta si è incominciata e nei mezzi impiegati per la raccolta; 2.0 nel non essersi in molti casi rivolta l’ attenzione alla sorgente delle cavallette. 1°. Le cavallette appena schiuse, come risulta dalla biologia sopra esposta, hanno pochi millimetri di lunghezza, siccome è stato detto nel capitolo primo; sicchè esse sono sfuggite facilmente alla osservazione. Soltanto quando han raggiunta una certa statura la devastazione dei seminati si è resa sensibile ed han cominciato a richiamare l’ attenzione. Noi abbiamo ricevuto da varie provincie campioni di cavallette che dicevansi allora comparse, ed esse avevano già da 20 a 30 millimetri di lunghezza, vuol dire erano già presso alla metà della loro crescenza. Allora se ne è incominciata la raccolta. Questa poi si è eseguita senza alcuno speciale ordigno, ma con metodi che defaticano molto e danno risultato proporzionatamente scarso. Da queste due circostanze unite insieme è avvenuto che mentre moltissime se ne sono raccolte ed uccise, molte ancora hanno avuto il tempo di giungere al completo sviluppo. Ora ogni cavalletta femmina deponendo dalle quaranta alle cinquanta uova, ne risulta evidente che se la cinguantesima parte, ossia il due per cento, è giunta a quel periodo, è stata sufficiente per assicurare per l’anno susseguente una generazione eguale a quella che si è creduto distruggere, e quindi l’ opera è stata vana, la spesa in buona parte perduta ed i danni da esse cagionati si sono in piccola parte soltanto risparmiati. 2.0 In quanto alla seconda cagione noi non vogliamo troppo generalizzarla poichè manchiamo di conoscenze locali. Crediamo però di non apporci al falso dicendo che essa ha dovuto verificarsi nel numero maggiore e DG ceo | dei casi. Le cavallette per naturale istinto amano stabilire la loro dimora nei luoghi incolti e di là quando la | fame le spinge si gettano nei coltivati nei quali, se ne | hanno il tempo, depositano ancora le uova. Una certa | quantità però rimane sempre nel luogo natale, sicchè anche dopo averne fatta buona raccolta nei coltivati, se non sì è portata l’attenzione al luogo di provenienza, riesce | l’opera vana, rimanendo la sorgente capace di som| ministrare la novella generazione. | A queste ragioni intrinseche un’altra ancora eventuale se ne aggiunge. Le cavallette sono indigene: però non è un fatto raro che entro certi confini, esse | infestare altra contrada, nella quale veggonsi apparire all’improvviso. Per la qual cosa se i mezzi di distruzione non mettonsi in pratica contemporaneamente ovunque esse appariscono, si corre il rischio che un | paese dopo essersi più o meno liberato dalle proprie | vedesi nuovamente invaso da altre, alle quali non ci | è tempo a dare la caccia innanzi che depongano le uova. Capitolo IV. Considerazioni Generali e conclusioni Noi abbiamo esposto il metodo col quale siam riusciti a completamente debellare le cavallette nella località sulla quale abbiamo diretti i nostri studii e le | necessarie operazioni, e siam certi che tenendo presenti tutte le circostanze ed istruzioni da noi somministrate dopo aver devastato taluni campi passino a colonia ad. sasa QU mero si potrà in molte altre contrade ancora ottenere i me-| A desimi felici risultamenti. Però l’Italia è assai vasta| e molto svariata la condizione locale delle contrade affette. Non disconosciamo quindi la possibilità che| possano esservi talvolta condizioni speciali e non prevedute per le quali il metodo stesso non farebbe conseguire l’intento, e ciò non per difetto del metodo, ma per una di quelle cagioni da noi accennate più sopra. L’ è per questo che noi stimiamo necessario rimontare ai principii generali, dai quali potessero scaturire corollarii applicabili ovunque. Per poter adunque stabilire siffatti principii e dedurne metodi i quali potessero far venire a debellare le cavallette in tutta l’Italia noi stimiamo necessario: Primo. Studiare accuratamente e comparativamente le condizioni naturali delle contrade che finora sono state più abitualmente flagellate dalle cavallette. In seguito a siffatto studio potranno rimaner confermate od invece invalidate talune massime sulle condizioni del terreno che favoriscono lo sviluppo e la propagazione di tali insetti divoratori; e si farà quindi molta luce su talune circostanze riguardanti le abitudini loro. In tal modo soltanto si potranno riconoscere le vere ragioni per le quali talune provincie sono da tempo remotissimo teatro principale del flagello, e quindi determinare convenevolmente la maniera più acconcia per la distruzione. Secondo. Studiate le condizioni locali e fissati 1 punti sui quali fa mestieri di eseguire le operazioni non sarà inutile durante l’ inverno procurare la più copiosa raccolta di uova. Però non bisogna troppo fidare su di questa, e nell’ Aprile si disporranno quel numero di ordigni corrispondenti al numero dei bracciali che potranno giudicarsi necessarii a norma della estensione quest’ epoca. — 30—|, del territorio nel quale le Cavallette han fatto strage precedentemente. Una persona esperta e diligente vigilerà per accertarsi del primo apparire delle Cavallette. Allora sì porrà. mano all’ opera adoperando dapprima il | coppo circolare ed avendo cura che una o più persone, secondo la estensione del campo di operazione, veglino a che gli operai lavorino con alacrità e diligenza(). Se le condizioni del luogo il permettono, non appena veggonsi Cavallette aver raggiunto gli otto o nove millimetri potrà contemporaneamente adoperarsi il sacco strisciante o rettangolare. In quest’ epoca ancora alla raccolta di giorno fatta con uno o con ambedue i descritti ordigni, potrà associarsi l’altra eseguita due o tre ore innanzi il sorger del sole, quando le Cavallette se ne stanno immobili sul suolo o sulle piante; per le quali non vi ha bisogno di ordigni, essendo agevole raccoglierle direttamente con le mani. Eseguendo siffatta operazione senza interruzione dal primo giorno dell’apparizione, e con numero di braccia proporzionato al bisogno, si perverrà sicuramente a distruggerle tutte a tempo utile, innanzi cioè che mettano le ali e siano al caso di deporre uova, impedendo così ancora che siano al caso di eseguire vere emigrazioni. Terzo. Per nessuna genia d’ insetti quanto per le Cavallette è da tener presente una regola che vale per tutti gl’ insetti nocivi: la contemporaneità della distruzione. Le Cavallette essendo insetti saltatori nella prima età, e nel contempo saltatori e volatori nell’ultima, è facile vederli abbandonare una contrada già impoverita di vegetazione pel consumo da esse medesime fattone ed invadere un’altra vergine, contigua se trovansi tuttavia nel periodo di saltatrici, più o. meno (1) Lascia molto a desiderare il sistema di bruciare la paglia in = 1 a lontana se in quello di volanti, quindi improvvise àapparizioni di Cavallette adulte in luoghi dove si stava tranquilli. Di qui la necessità d’ imporre come obbligatoria sia pei privati, sia pei comuni, sotto la responsabilità di questi ultimi, l’attuazione delle pratiche valevoli a distruggere tali insetti devastatori. Porremo termine a queste considerazioni esponendo un paragone, il quale ci pare esattissimo a compendiar l’intero nostro concetto sull’ argomento. Noi consideriamo le Cavallette come falangi d’interni nemici a debellare. Un generale di armata che voglia non mettere in dubbio la vittoria cerca bene accertarsi della posizione del nemico e della condizione dei luoghi che occupa, e quindi si forma il suo piano strategico; e messe insieme tutte le sue forze procura attaccarlo all’improvviso per trovarlo men forte, e contemporaneamente d’ ogni lato perchè non gli resti alcuna via per lo scampo. Non altrimenti per distruggere le cavallette: fa mestieri studiar le condizioni dei luoghi diversi da esse abitati, conosciute queste determinare il metodo più acconcio di distruzione, per quindi attaccarle quando sono ancor deboli, ossia appena schiuse, e contemporaneamente ovunque appariscano. Procedendo in tal modo noi siam certi che se non al primo anno tutto al più nel secondo le Cavallette nel senso d’insetti devastatori scompariranno d’Italia. Ma se si continuerà a vagare nella incertezza, e sopratutto se non si comincierà dal fatto fondamentale dello studio delle condizioni locali, osiamo*affermare che l’Italia continuerà ad essere teatro del tremendo flagello. SPIEGAZIONE DELLE TAVOLE —— if TAvoLA I. Figura 1 a 11 Cavalletta crociata. 1. Bozzoletto ovigero di grandezza naturale: a intero quale trovasi nel terreno; b con una parte dell’ invoglio asportata per vedervi le uova, c diviso a metà per l’ oggetto medesimo. 9, Uovo: a di grandezza naturale; b ingrandito. 3. Larva di prima schiusa. 4. La stessa a periodo più inoltrato. 5. Ninfa maschio. 6. Ninfa femmina. 7. Insetto perfetto maschio. 8. Insetto perfetto femmina: 8.° un’ala spiegata. 9, Ultimi anelli addominali del maschio con le appendici copulatorie: A veduti dal lato, B dal dorso: ingranditi.| 10. Gli stessi della femmina. me Bd nia | 11. L’addome della femmina prolungato come nell’atto | in cui depone le uova. i 12 a 16. La Cavalletta Italiana. | 12. Il tipo della specie: a un’ ala spiegata. | 13. Una varietà più grande(Acridio barbaro della Fauna Napoletana): a veduta del dorso.° | 14. Altra varietà veduta dal dorso. | 15. Altra varietà, come sopra. | 16. La larva. TAvoLA IL. Ordigni per la raccolta delle Cavallette. Figura 1. Il Coppo ordinario. | Figura 2. Il Coppo da strascico veduto di lato e | nella posizione in cui si adopera: aa aste per le quali | vien tirato: bb lato strisciante. Figura 3. Lo stesso veduto da sopra. OtEeEtETarot UMANO ZL ip ULI ZII IS SIONE IZZO,” Za DID ZZZ ULI DT, LIO SR, pa ZI, EEE sese o SCSI se > SOSIO SS SSL ZU III S OSIO SSL LTELIE SO Seo SUO IE OO, II o ai 7 PARSO VS, I E LAZIO GGI CEN ON SIR LZ, ZZZ II I,” 1 I SSN: See: Ea] ILS IO RR RPINIZELLE SS SL PRANZI SRL o e, LE 2 ann 2 o Liz ZE_ DD LD SMOMRMOE ZZZ O I RSS SEIISI a AZIO RENDI SSIS Pe ZII RT nz : 7 SCO SOSILO So Gi EL GEL GEO SESSI sa a; SN Io e So Sa SEO LIDO, LL Laz ESITI ZZZ Oa LISTELLI DIA e SO, A 2 ssi Z aa LEO, lg Bi ZLI RO VII DNA NSA MN Na NN N N VA al ON ee NINO: SSA ANSA SA ZASSSS So SS SX SS sea NN SS ee WS RINO SS SN “NN ANN SS SS NS NN SASSISIN I ISSSS SII ISEE SSSY Lr SS IS X> SN SIX SL e: SE == A RA = SNO O N NO SS Fs > SI NS N SNSI Sx: Ne Na SS INNS