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Università DI PADOVA Socio dell' Imperiale Accademia Fijìocritlca DI S I E N A cc. TOMO PRIMO. IN PADOVA MDGGLXVI. Nella Stamperia del Seminario. CON LICENZA DE' SUPERIORI. M \m? A V â î.^M ■T»&4 i 'A;.! n i A A ( XII ) ILLUSTRISSIMI ED ECCELLENTISSIMI SIGNORI ANGELO CONTARINI Procurator di San Marco ANDREA TRON K. GIROLAMO GRIMANI SENATORI AMPLISSIMI E SAPIENTISSIMI RIFORMATORI Della Celeberrima Università*, e. Studio DI PADOVA Signori e Padroni Clementissimi. Uefîa mia Operetta, Rata altra voi- —,—. ta sotto i Sapientistimi Ristesti di questo Eccellentissimo e Gravissimo Magistrato, estèndo ora accresciuta di varie Giunte molto importanti, e ridotta a quella miglior fórma , cui la scarsezza del mio ingegno ha potuta portarla, onde in che ( IV ) che modo almeno, possa esserne tollerabile la pubblicazione , osa ricomparire nuovamente , e rìffug- giarsi sotto 1’ Autorevole Patrocinio e Protezione di V. V. E. E., e di consacrarsi ali' Amplissimo loro Nome. Essa contiene le Memorie della coltivazione , e preparazione, e degli usi di varie Piante, che, o servono attualmente, o che servir postano utilmente per la Tintura, e per 1' Agricoltura, e per altri diversi Articoli economici ; sopra le quali ho fatte diligenti osservazioni, e sperienze, secondo il dovere della Professione, della quale sono stato dalla Pubblica Clemenza onorato. Ho procurato, per quanto m’ è stato possibile, di dare nella medesima a conoscere I’ importante utilità, che ritrar si potrebbe nello Stato dall’ introduzione, e coltura d’ alcune di esse Piante, coltivate e preparate vantaggiosamente in altri Paesi ; della riuscita delle quali, non solo rispetto alla felicità di loro vegetazione, ma anche a quella della loro preparazione, ed uso, mi sono accertato con prove fatte e replicate con ottimo successo. Vi ho pure chiaramente espressi gli usi, che li miei Sperimenti m' hanno mostrato potersi fare con profitto e comodo considerabile, d’ alcune altre Piante , che tra noi crescono in molta copia, e che assai facilmente si potrebbono moltiplicare ; li quali usi, per essere o niente o pochissimo conosciuti, non vengono praticati, e va conseguentemente perduto il vantaggio, che potrebbe ritrarsene. Non ( V ) Non ho però tutte esse Piante minutamente descritte , secondo il costume Botanico, per essermi ciò parso poco importante ; giacche le Figure , eh’ io stesso ho diligentemente delineate , sufficientilsime sono a farle chiaramente conoscere. Anche nei modi di coltivarle, e di prepararle, e nelle figure, e descrizione delle Macchine , non ho creduto utile d' entrare in superflue minutezze ; non mi parendo lodevole di rendere voluminoso uno Scritto ( come alcuni sanno ) con ammasso di cose di pochissima rilevanza, e non bisognevoli ; tanto maggiormente, eh’ esso doveva presentarsi a un Magistrato di tanta Sapienza , il quale giudica della bontà de’ Libri, non per la loro mole, ma per le utili cose che insegnano. Degni la Grandezza di V. V. E. E. d' accogliere benignamente queste Memorie de' miei Sperimenti, e Ritrovati; le quali in cosi breve spazio di tempo, corso dopo 1’ Istituzione di questa nuova Professione di Scienza Agraria, non hanno potuto riuscire più numerose. Non è però che fatti non abbia assai più tentativi sopra altre diverse Piante, e che varie altre cose promettenti utilità non abbia ritrovate ; ma perciocché, o il comodo, o il tempo , o le stagioni non ni hanno permesso di perfezionare le sperienze, o di potermi assicurare del loro esito costante col replicarle , sono stato costretto di differire ad altra occasione più opportuna di rassegnarne la descrizione. Spero sia per gradire la Sapienza di V. V. E. E. eh' abbia dato principio ali’ esercizio di questo onore- ( VI ) revoîissimo, ed importantissimo Impiego coll* indagine degli usi economici delle Piante, e prima di tutto di quelle, che in lontani Paesi si coltivano ; conoscendo dilucidamente che le medesime entrano nel sistema generale dell' Agricoltura , e dell’ Economia: e che anzi ne fono uno dei capi principali Sembrami certamente che il primo, e più importante Scopo d’ un Professore di questa Facoltà debba esser quello di far ogni sforzo per somministrare, col fondamento di sicure Sperienze , tutti i lumi opportuni , e cercare di persuadere 1' introduzione di quelle Piante forestiere, di coltura, e preparazione mostrate riuscibili da prove accurate, e costanti, per provveder le quali escono annualmente dallo Stato Somme grandi di Denaro. In fecondo luogo, parmî eh’ egli debba porsi ogni studio e diligenza nell’ indagare con assidue osservazioni e tentativi gli usi, o poco, o niente conosciuti, o negletti, che si possono fare utilmente delle Piante indigene ; di quelle specialmente, che crescono abbondantemente in varj luoghi, o che si possono aliai facilmente propagare, e moltiplicare . Questa almeno è la strada, che m' è parsa la più vantaggiosa e congrua da dover calcare, per poter meglio corrispondere ali’ interessantissimo oggetto, cui sono stato graziosissimamente destinato. Per la medesima progredirò anche in avvenire, se, come spero, incontrerà 1’ Augustissima Pubblica Approvazione : e le in poco spazio di tempo mi è riuscito di trovar cose, che, messe in pratica, possono essere aliai van- tag- c vii ) taggiose, molto più mi lusingo che similmente ciò sia anche in seguito per riuscire Io non mancherò certamente d’applicarmi col maggior fervore, e zelo, non solo nella suddetta parte, ma anche in tutte le rimanenti, che sono abbracciate dals Agricoltura; Scienza, che avendo colla Botanica , da me per tanti anni coll’ impegno il più appassionato esercitata, la più intima relazione , come a suo vero essenzialissimo appoggio e base , mi riesce d' ogn altra meno aspra , e la più gradita . Egli è sentimento d’ uno de’ più grandi naturalisti della nostra Età, tanto delle Scienze , e delle Arti Amico, voglio dire del Celeberrimo Cavalier Carlo Linneo, che, quicumque cum scusiti Jîgricultmam exercere cupit , Me certe nofse debet omtùa Vegetabitila , &’ scire qucenam illo- rum species optime crescit in quacumque terra {a'). x Ho per tanto il più sensibile piacere d’ essere stato incaricato d’ un Impiego tanto a miei precedenti Studi accomodato , da’ quali mi viene considerabilmente agevolato Y arduo cammino verso una Scienza di così vasta estesa, e quanto importante, altrettanto difficile da conseguirsi in grado eminente. Certamente, che se nel poco tempo , che ho 1’ cruore d’ esercitare questo nuovo carico , mi è andato fatto di trovare colla sicura scorta delle Osservazioni, e degli Sperimenti le utili cose'in queste memorie descritte , io ne seno debitore alla Botanica ; senza i lumi , e pratica della quale , sorse non ci avrei potuto giugnere neppure colla fatica di più anni . Affi- ( O Linn, Aman. Tom. z. Dissert. Cui borio: ( Vili ) stito adunque dalla medesima onorabile Scienza de’ Vegetatali , e dalla pratica di loro coltura : e col mezzo d' instancabili osservazioni, indagini , e tentativi , ho la maggiore speranza che sia per riuscire profittevole, e memorabile s Istituzione di questa Professione , di cui ho la fortuna d' essere il primo, che qui sia stato decorato; confidando che dalla Pubblica Regia Munificenzami saranno dati i mezzi, onde poter fare le necessarie Sperienze , e le Peregrinazioni opportune a poter ottenere fine così importante. Se 1’Agricoltura, senza parlare del sommo pregio, in cui su tenuta dagli antichi potenti Romani, è a' giorni nostri in tanta stima presso la maggior parte delle cultistìme Nazioni Europee, che per il suo avanzamento sono e Cattedre, e tante Società, ed Accademie istituite ; che non debbo io compromettermi di Protezione , e di mezzi dalla Regia Munificenza di questa Serenissima Augusta Repubblica, che tutte 1’ altre Arti e Scienze con Paterna Clemenza, e con liberalissimi premj patrocina, e sostiene? Quess Arte insieme e Scienza è di tutte la Regina , la più necessaria , e di tanta importanza per la felicità de' Popoli, e per la Potenza degli Stati, che come dice il celebre M. Duhamel ne’ suoi Elementi d' Agricoltura , ha dritto d implorare il soccorso de Magistrati . Ma quello Provvidissimo di V. V. E. E. ha prevenuti i suoi Clamori , avendo colla sua singolare Sapienza, e zelo per il Pubblico Bene , dato principio con modi efficaci a soccorrerla, per trarla dal suo antico staso oscuro e negletto. Così (IX ) Cosi sia io fortunato a riuscire di mezzo utile al suo progresso, ed alla sua migliorazione, onde, corrispondendo ali' Oggetto di sì laudabile istituzione, mi sia sempre propizia la Clementissima Grazia Pubblica^ di Questo Gravissimo Magistrato , vero Mecenate delle Scienze ,' e di chi le coltiva : e con ossequiosissima venerazione profondamente m umilio protestandomi Di V. V. E. E. Padova li p. Marzo 1 766, , -L Umil, Div, Obbl. ed Offeq, Serti. Pietro Arduino. (X) AVVISO A’ LETTORI. Ssendo stata benignamente accolta dagl’ Illustris- j fimi ed Eccellentissimi Signori Riformatori del- | lo Studio questa mia Operetta, mi fu dal lo- " ro benemerito singolare zelo per 1' avanzamento delle Scienze e delle Arti , e per la pubblica utilità, commesso di doverla rendere di comune notizia colle Stampe, dandomi nel tempo istesso i soccorsi, e i mezzi necessarj per ciò eseguire . Il dovere d’ ubbidire a’ venerati Pubblici comandi fa , che ( benché picciola cosa essa sia ) debba sottometterla a' riflessi di qualunque, che voglia darsi la pena di leggerla. Spero che le Persone discrete , ed amanti delle Georgiche cognizioni, e della perfezione ed aumento delle Arti, gradiranno questa, qual siasi, prima produzione del mio nuovo impiego, ed i miei sforzi nella ricerca di cose utili ali' Umanità, per renderle note, onde o- gnuno, volendo, possa profittarne. Quelli, che vorranno porre in pratica ciò, che in queste Memorie ho insegnato, sopra la coltivazione di varie Piante , sopra i modi di prepararle per gli usi a’ quali sono atte, e sopra i metodi di servirsene , resteranno contenti della riuscita, purché non manchino ( come spesso avviene ) d’ eseguire, o di far eseguire gli sperimenti, colla dovuta attenzione e diligenza , nei modi indicati . So che molti prestano poca fede a' Libri per le tante fai- (xr) fallacie, che si veggono anche in quest’ ordine di materie, pubblicate da persone o poco sincere, o mancanti di pratica ; ma è assurda e troppo irragionevole prevenzione quella di sprezzare i Libri in generale, perché alcuni ne sono che ingannano con erronei, o inesatti insegnamenti. Io certamente ho scritto colla guida delle mie proprie sperienze ed osserva* zioni ; i saggi dei risultato delle quali sono stati sotto i Sapientissimi Riflessi di detto Eccellentissimo e Gravissimo Magistrato, che li ha anche fatti esaminar da Persone di tali materie intendenti, e specialmente dal!’ Eruditissimo Sig. Antonio Zanon, Celebre per i suoi Scritti pubblicati, e degno d' ogni stima per il suo zelo per il bene della Patria, per la sua integrità, e per 1' altre rare Doti, che lo distinguono . I suddetti saggi consistevano in buona quantità di Guado,* preparato e riuscito d’ ottima qualità, e di Radici di Rubi a tanto secche, che verdi, buonissime e di bel colore, e di Luteola eccellente per tingere in giallo, e per i colori verdi. Eravi inoltre dell' Indaco , o Ondego, cavato dals Ani! o Indigofera , ed altri colori preparati , ed 01; estratti dai semi di diverse piante , e varie altre cose. Ho pure presentato saggio d’ un sapone vegetabile , composto di piante innocentissime, anzi medicinali, e che potrebbonsi mangiare,'' facendone pane , che, in qualche modo, imita quello di frumento, e riesce di buon sapore, e molto nutritivo; per il che essere potrebbe di giovamento nei tempi almeno di ca-. restie ; essendovi di tali piante in varj luoghi in grande abbondanza , e potendosi anche facilmente coltivare con sicurezza d’ ubertoso prodotto. Tale sapone riesce comodissimo per lavarsi/ imbianca, e rende liscia e morbida la pelle, senza avere niente di corrosivo, come hanno i saponi ed altre materie astergenti: ed è riuscito assai grato a Persone di gusto * * 2 esqui- V ( XII ) «squisito, che ne hanno fatta più volte sperienza. Alle cose predette eravi unita una specie di Canapa cavata dal!' Altea, e di quel Cotone prodotto dagli Apocini , che quantunque alcuni neghino che possa filarsi , è stato nonpertanto da me variamente preparato, fatto filare e tessere in Drappo ; e similmente una materia a Lana rassomigliarne , che ho cavata dalla scorza dell’ Apocino Affricano , pianta che ottimamente alligna anche in questi Climi, e di facile coltura, e di rendita ubertosa. Tale Lana vegetabile si riduce con particolare macerazione, e preparazione, e si fila unta d' olio e mista con un quinto circa di vera Lana, e forma un bellissimo stame, cosi perfettamente simile a quello fatto di pura finissima Lana , che non v’ ha intendente, per quanto pratico egli sia, che senza essere prevenuto, potesse accorgersi d’ esservi mescuglio d’ altra materia. Può servire esso stame per farne panni, ed altri lavori, che poi si purgano dall’ olio, si possono follare, tingere, e preparare, come quelli di sola Lana. Si può anche filare mista con, qualche porzione di Bavella di seta, ed anche da se sola ; ma colla Lana fa molto migliore e più bella riuscita . Detto sapone vegetabile però, ed il Canape d’ Altea, col modo di filare il Cotone degli Apocini, detto seta vegetabile; e quello di preparare, di filare ec. la sopraccennata Lana d' Apocino Affricano , sono per me ritrovamenti tanto recenti , che, non ne avendo ancora potuto fare sperimenti quanto desidero variati ed estesi , mi conviene di differire a pu- blicarne memorie bene circostanziate e diffuse in altro Tomo; giacché sono incaricato con Pubblico Sovrano Decreto, e con Terminazione di detto Eccellentissimo Magistrato, di dover render noto quanto di buono, utile, ed interessante mi accaderà di andare successivamente scoprendo colle sperienze nel vasto Campo, sopra cui devono estendersi le mie ricer- ( XIII ) ricerche. Ho già pronti diversi materiali per il secondo Tomo: ed avendo deliberato la Provvida Maturità degli Amplissimi ed Eccellentissimi Signori Riformatori con loro recente Terminazione, eh’ io debba avere in questa Città un pezzo di terreno di conveniente estensione , e proprio a potervi fare numerosi sperimenti, ho fondamento di sperare che sia per riuscirmi molto piti facilmente che per 1’ addietro di fare nuove scoperte utili da pubblicarsi . Ma fra tanto desidero vivamente che siano messe in pratica da Persone perspicaci e diligenti quelle almeno delle cose insegnate in queste Memorie, eh’ essere possono di maggiore profitto. La felice costante riuscita, più volte da me sperimentata, m’ assicura che lo stesso sia per avvenire nelle mani degli altri, quando vengano pontualmente eseguiti i metodi prescritti . Mi fa veramente compassione il vedere che per una torpida negligenza si comprino a caro prezzo dalle Nazioni estere quantità assai grandi di varie Droghe e Prodotti, che po* trebbonsi anche da noi felicissimamente coltivare, e preparare ; e cosi trattenere nello stato le somme considerabilissime di Danaro, che n’ escono annualmente per il provedimento delle medesime. Sveglinsi adunque i fortunati Possessori delle Campagne d ! animo generoso , e pieni di zelo Patr iotico ; quelli capaci d’ essere mossi dali’ amore di vera e giusta gloria , e non solo dalla propria, ma anche dalla comune felicità , e si pongano con forte risoluzione, e con prudente coraggio ad introdurre anche tra noi la coltivazione e preparazione di quelli degli sopraccennati Prodotti, che possono essere vantaggiosi, e adattati alla natura delle loro terre, ed alle circostanze delle rispettive situazioni . Quelli, che così faranno, e che impiegheranno le loro forze e la loro industria per avanzare alia sua perfezione la tanto necessaria ed utile coltivazione delie Piante inservienti ai bisogni ed al comodo ( XI V ) modo dell’ umana Società, e quelli che arricchiranno la Nazione di nuovi Prodotti , ed introdurranno nuove invenzioni e modi di meglio e più fruttuosamente disporre le terre a fertilità, s’acquisteranno certamente molta lode, e meriteranno d' essere riguardati come Uomini valorosi, e come benefici ed ottimi Cittadini, e verranno sommamente stimati non solum , come dice il grande Aristotile, propter inventorum w tilitatem , [ed tanquam sapiente *, & ab alin differente*. Bramo di vedere moltissimi di questi veri Eroi, de’ quali già molti ne abbiamo, sì nel!' Inclita Dominante, che nelle Città, e Terre di questo Serenissimo Dominio: ed io non mancherò certamente di fare quanto potrò per eccittare ed infervorare gli Animi prodi a cercare d’ accrescere nelle Venete Provincie le specie dei frutti della terra, ed a migliorare la coltura di quelli, che abbiamo. Ciò farò, si nelle pubbliche Lezioni, che ne’ privati insegnamenti, e cogli Scritti : e nessi Campi, che sono per avere negli anni venturi dentro questa Città, pottà chiunque imparare a conoscere praticamente le varie Produzioni delle quali fi fa uso con profitto in altri Paesi, che riuscir possono anche nelle nostre terre ; come pure quelle proprie dei nostri Climi, che per non essere bene conosciute, se ne giaciono inutili e neglette. Vi fi vedranno parimente i varj modi di coltivare anche i nostri comuni ed usati Prodotti , e quali di questi modi riescano i piò vantaggiosi : ed una raccolta delle varie specie di terreni coltivabili, dalli più ubertosi fino assi pressoché affatto sterili, de’ quali non mancherò di far rimarcare agli Studiosi della Scienza agraria le differenti proprietà, e la diversa natura, e d’ indicare con quali concimi , miscugli, e lavori si possano migliorare, e ridurre più fertili. Per me in somma non si mancherà, per quanto mi sarà possibile , di tentare tutti i mezzi, e per ogni via, di corrispondere a quei ' ( XV ) . quei Provvidi Sapientissimi Oggetti , per quali è stata dalla Pubblica Regia Munificenza istituita questa Cattedra d’ Agricoltura, e destinata graziosissimamente V umilissima mia persona ad esercitarla. issa mwm SS» maUMim NOI NOI RIFORMATORI Dello Studio di Padova . A Vendo veduto per la Fede di Revisione , ed Approvazione del Pubblico Revisor D. Nat al dalle Laste nel Libro intitolato : Memorie di Osservazioni sopra la Coltura , e gli ust di varie Piante &c. Non v esser cosa alcuna contro la Santa Fede Cattolica, e parimente per Attestato del, Segretario Nostro, niente contro Principi , e buoni costumi, concediamo Licenza a Giovanni Manfrè Stampatore di Venezia , che possa essere stampato, osservando gli ordini in materia di Stampe , e presentando le solite copie alle Pubbliche Librerie di Venezia, e di Padova . Datali 12. Marzo 1766. ( Angelo Contarini Proc. Rif. ( Andrea Tron Proc. Rif. ( Girolamo Grimani Rif. Registrato in libro a Carte 270. al Num. 1686. Davidde Marchestni Segr . (XVII) INDICE Degli Articoli , e delle cose principali , che fi contengono in questa Opera . Nel!’ avviso a’ Lettori sono accennate le cose seguenti. U N Sapone vegetatile formato di radici, delle quali fi può fare anche pane di buon sapore, e salubre. pag. XI Canapa t£ Altea. XII Cotone prodotto dagli apocini filato e tessuto in drappo. ivi Materia simile a Lana formata colla scorga dell ’ Apocino .Affricano, ( Apocynum erectum Africanum villoso fructu, salicis folio glabro angusto. Herm. par. Bat. pag. 24. Tav.II. ) e che come Lana si può filare e tessere, ec. ivi DEL GUADO Tav. I. Descrizione, e denominazioni cC essa Pianta. pag. I. 2 Dove cresca spontaneamente . ivi Sua coltura . 3 Tempo di raccoglierla, 4 Metodo che fi deve tenere per prepararla. 5 Mulino da macinar^. 5. 6 Tav. II. %A.Itro metodo di prepararla. 7 Alcuni «/: tutori, che hanno parlato della sua coltura , e preparazione . 8 Come fi proceda per preparare la Tina di Guado per tingere . ivi Virtìi Mediche del Guado. 9 Avvertimenti per ben condurre una Tina. 15 Per conoscere se il Bagno della Tina di Guado abbia bisogno di cenere . j 7 Tina di Guado non va mai a male per troppa cenere. - ivi Rimedj per rimettere il Bagno di Guado , divenuto oscuro, in ifiato da potervi tingere. ivi Bagno di Guado divenuto oscuro per il troppo lavoro. 18 Avvertimenti per ben tingere ogni sorte di roba. 19 Modo di coltivare e preparare il Guado usato nei Paesi detti di Levante. 21 Come ivi tingano col Guado finga Indaco . ivi Modo (XVIIt) Modo ài tingere col solo Indaco , in Caldaja ài Rame , chiamata Vas- sello. , # Lz Modo di tingere coll ’ Indaco In Tina a Freddo.. %$. Descrizione e figura del. Vajsello da tingere in. turchino senza Guado col solo Indaco.. 2,7. Tav. Ili* DELL’ INDACO, O ENDEGO. Tav. IV. Indaco che cosa sia , come fi prepari , e dove spontaneamente cresca.. -8 Denominazioni varie di questa Pianta . ivi Prima specie d'Indaco , sua Patria , e sua Descrizione. 2.9 Seconda specie d' Indaco , sue Denominazioni , e descrizione* 30. Tav. V. Uso Medico dell ’ Indaco.. ivi Coltura dello stesso. 32 Descrizione delle Tine inservienti alla macerazione del f Indaco. 34. Tav. VI. Avvertimenti del Padre Labat intorno alla raccolta dell y Indaco . 33 Modo praticato dagV Indiani per preparare s Indaco .. 36 Altro modo usato da Chinefi . 37 Sperienze fatte sopra la coltura , e preparazione■ dello stesso,. 38 Indaco può cavarsi dalla pianta Guado ». 40 DELLA RUBIA O ROZA. Tav. VII. Vili. Ruòta dove spontaneamente nasca y e dove fi coltivi ., 41 Varie denominazioni della Rubia . 42 Descrizione della medesima .. ivi Coltura di essa , e in quali terrem pih facilmente fi possa coltivare » 43 Quando fi debbano cavare le Radici della Rubia . 44. 4 6. 48 Come fi proceda nel cavamente e preparazione delle Radici della Rubia . 49 Utilità che fi ha adoprando le Radici della Rubia.. $2 Asserzioni del Boeravve intorno T uso Medico della Rubia. 53 RUBIA SELVATICA. Tav. IX. Dove spontaneamente cresca , e sua descrizione.. 53. 54 Lacca di Rubia come fi prepari . 54 Piante che possono servire per tingere in color di Rubia. 55 Galio adoprato in vece della Rubia . ivi Come fi proceda per tingere colla Rubia. 5 6. 5 ^ Alluminazione delle Robe di Lana , e di Seta . ivi Alluminazjone del Filo , e Cotone » 57 DEL ( XIX ) DEL PLATANO. Tav. X. Quanto fojse in estimazione appresto gii Antichi il Platano. 6c> Utilità dell ’ introduzione del Platano. 6 z Coltura del Platano . ' ivi Uso economico , e Medico dello steffo . 6 % DEL SALICE, DETTO VOLGARMENTE SALGARO, Scorza del Salgaro può adoprarsi per tìngere. 64 Per ridurre la tintura del Salgaro in Lacca. 6 $ Ufo Medico dello fìesto . ivi DEL SALICE DETTO SALIX MONANDRA. Tav. XI. Descrizione di esto Salice. 67 Uso della scorza , delle bacche , e dell ’ escrescenze fungose del suddetto Sa. lice . 68 Bambagio , 0 Cotone de ’ Salici , e d' altre piante . 6 p Papi di Tiffa , 0 Pavera , 4 quali usi poffono servire. ivi DEL BERBERIS Tav. XII. Sua descrizione . 70 Pime denominazioni del Ber beris. 71 U/î economici e medici del Berberis . 72, 73 DEL RHAMNO GATHARTICO, O SIA SPIN CERVINO. Tav. XIII. . Sua descrizione . 7j Varj nomi dati al Rhamno Catbartico . 74 Quando si debbano raccogliere le bacche del Rhamno. ivi Uso economico dello stesto . 75 Ciregie mestate sopra il Rhamno sono purganti. ivi Uso nella Tintura delle bacche del Rhamno. ivi Modo di preparare , e conservare il succo del Rhamno per miniare > e di. pingere . ivi Verde di Vescica , cosa sia } e come si prepari . 76 Uso Medico della Scorza , e delle bacche del Rhamno. 77 * * * z DEL (XX ) DEL RHAMNO GATHARTIGO MINORE. Tav. XIV. Sua descrizione . 77 Denominazioni ed tifi di questa seconda specie di Rhamno . 78. 79 vinche dalli Semi dei Rhamnì fi può cavar olio. ivi DELLA FRANGULA. Tav. XV. Descrizione di essa Pianta. ~ 80 Usi a quali può servire la Frangula . 81. 82. Scorza della Frangula adoprata in vece di Rhabarbaro . 83 DELLA LUTEOLA. Tav. XVI. Sua descrizione. 83 Fuoco natale della Luteola , e sue denominazioni. 84. 85 Coltura di essa . ivi Varj modi di conservare la Luteola per uso della Tintura . 8 6 Modo di tingere in belijfimo Giallo colla Luteola. 87 Memorie lasciate dagli %/Tntichi Scrittori Botanici della Luteola . 87. 88 DELLA CAMELINA. Tav. XVII. Descrizione della Camelind . 89 Nomi varj della Camelina . ivi Coltura di essa . 90 Camelina seminata in Settembre può servire di concime. ivi Olio di Camelina . ivi Panello di Camelina , serve per nutrire i bestiami. ivi Uso medico dell ’ Olio , e di tutta la Pianta. 92. DEL NAPO SELVATICO. Tav. XVIII. Sua descrizione. - 93 Napo serve cC ingrassamento ai Campi. 93. 95 Marna adoperata da' Francesi e da altre Nazioni per ingrassare le terre ivi Coltura del Napo. ivi Varj nomi , coi quali viene chiamato il Napo . 94 Uso economico dell* Olio di Napo , e delle sue semenze 97 Virtù Medicinali dello stesso. 98 DEL- ( XXI ) DELLA VERGA SANGUIGNA. Tav. XIX. Sua descrizione. gg Varj nomi dì essa . loo Uso che fi può fare del legno , e dell Olio cavato dai semi della Verga Sanguigna. io Q. ioi Facoltà Mediche della Verga Sanguigna. 102 Perniciosi effetti creduti prodursi dalla Verga Sanguigna. ivi Effetti simili a quelli della Verga Sanguigna creduti prodursi anche dal Sorbo . ivi Toxicodendron suoi perniciosi effetti. 103 DEGLI VINACCIVOLI, O SEMI DELL’ UVA. Sua Descrizione • 104 Utilità , che può trarsi âalî' Olio cavato da' Vinaccivoli . î 05 ( XXII ) AVVISO Delle pagine alle quali vanno inserite le Tavole. La Tav. I. va posta alla pag. z La Tav. II. 6 La Tav. III. 27 La Tav. IV. 3° La Tav. V. 32 La Tav. VI. 34 La Tav. VII. 42 La Tav. Vili. 42.. sud. La Tav. IX. S4 La Tav. X. 6% La Tav. XI. 68 La Tov. XII. 70 La Tav. XIII. 74 La Tav. XIV. 78 La Tav. XV. 80 La Tav. XVI. 84 La Tav. XVII. fO La Tav. XVIII. 94 La Tav. XIX. ICO (XXIII ) Errori Correzioni Pag. 48. lin. 8. Ved. Tav. III. 68 - lin. iz. Tav. XII. lin. 22. Giovanni Bauchina 103. lin.. 13. pag. Tab. Ved. Tav. 7» Tav. XI. Giovanni Bauhino. P a g* Zr;. Tab. 243. AV. c xxiv.,, avvertimento. La spiegazione della Tavola XI. posa alla pag. 68., cioè delle produzioni del Salice , ivi marcate colle lettere jL. ed M. L A lettera L. rappresenta la figura d’ alcune escrescenze fungose, che nascono sopra alcuni dei rami del Salice ivi descritto, le quali, raccolte in Maggio , mentre sono tenere, danno succo di color giallo finissimo, che può servire senza ajuto d' altro ingrediente per miniare, e che, condensato , si può conservare lungamente . La lettera M. mostra alcune gallozzole, che nascono di frequente sopra le foglie della stessa pianta , le quali, come pure 1’ escresenze suddette , vengono prodotte dalle punture di certo insetto, che ferisce le parti tenere di questa pianta per inserirvi le proprie uova. ME- MEMORIE tóflfliW SOPRA LA COLTURA ED USI DI VARIE PIANTE- DEL GUADO TAVOLA I. Ssendo il Guado una delle Droghe coloranti principali e più importanti nel! Arte Tintoria, la quale impiegata sola, e molto meglio unita coll’ Indaco, e preparata come conviene, forma ogni atto di Azzurro, ed anche di Verde col mezzo del giallo, colori certamente dei più nobili e vaghi che da detta Arte ci vengano procurati, ci pare perciò conveniente eh’ esso debba occupare il primo luogo: e perciocché questa pianta viene chiamata con diversi Tom. I. A nomi, EA z COLTURA ED USI nomi, mi lusingo di fare cosa grata a’ curiosi, e studiosi d" indicarli, prima d' entrare a parlarne Da’ Scrittori latini si chiama ; Ifatis fapìva , vel lattfolia Bauh. pin» 113. Isatìs fave Glajìum fapivum Bauh» hist. Jsa- pk Domejìica ^ Jìve Glajìum Matth. IJapis fapiva Tragi, Fuchsi, &c. Dodonei Ifapk Tintoria Linn. Spec. plant.. Glajìum fa- t'tvum . Ray hist. 1. pag. 842. &c» In Italiano si nomina Guado . In Francese Guefde , Guelde , ou Vouede , e Pajìel . vedi Sa- vary Dictionaire universe! de Commece Tom» 2. pag. 2§>z. & 999- In Inglese dicesi , Wode , e Wade » In Tedesco , VVeydp . In Arabo, Dili\ Dileg , Vefme r Ghape , Cbapis , Alcba 9 A di sìì , overo Adhlen ». Nasce il Guado spontaneamente nei Lidi del Mare Baltico, dell’ Oceano , e del Mediterraneo . Si coltiva in Lin* guadocca , ed in altri luoghi della Francia, ed in Inghilterra ec. Nasce 1 ' Autunno ; e nel Maggio , o Giugno dell* Anno susseguente fiorisce, e matura le sue semenze» Questa pianta produce moltissime foglie lunghe una spanna , ed alle volte un piede, e larghe una, o due oncie , secondo la qualità del terreno , carnose, liscie alla parte di sopra, ed un poco pelosette al disotto, particolarmente il nervo che percorre per mezzo- delle medesime. Vedi fig. (A) Il contorno di esse foglie è ora intiero, ora inciso, ora denticolato , ed ora crespato, o sia ondulato, (bc) Quando incominciano ad invechiarsi, alcune prendono un color pavonazzo verso 1’ estremità , ed altre s ingialliscono. Il fusto di questa pianta s’ erge ali’ altezza di due, o tre piedi, vestito di foglie, fatte a guisa di lancie, che abbracciano la metk d’ esso fusto. Nella sommità è diviso in mol- DI VARIE PIANTE. z ti ramuscelli sparsi, carichi di fiori gialli, composti di quattro foglie; caduti li quali, succedono le silique, o semenze, pendenti, fatte a guisa di picciole linguette, che rassomigliano moltissimo a quelle del Frassino, o sia Orno. (de) A* vanti la loro maturità sono verdi, ma nel maturarsi si fanno di color violaceo—scuro, che conservano anche dopo che sono mature e secche : e ciascuna di queste silique contiene incluso un solo seme picciolo, e lunghetto , di color giallo, ■ed olioso. G. rappresenta la planta appena nata dal seme. Coltura del Guado . / I L Guado si semina gli ultimi di Febbrajo, o nei primi di Marzo, e cresce in ogni sorte di terreno, purché sia prima stato ingrassato, ed arato due volte almeno ; cioè si letama, e s' ara la terra il mese di Ottobre, o di Novembre , lasciandola così lavorata tutto 1' Inverno, acciò il Ghiaccio la stritoli e sciolga. Indi verso il fine di Febbrajo si ara nuovamente detta terra, e si spiana grossamente con 1' erpice . Preparata in questo modo vi si semina il Guado , avvertendo che per ogni campo di terra vi vogliono cinque quarte di semenza: e se il terreno sarà ben preparato, ed ingrassato, se gliene potranno dare fino sei quarte; poiché , quanto più nascerà spesso, tanto più vi si potranno lasciare delle gambe assai, se saranno morbide e vegete ; ma essendo magre , si dovranno cavare le superflue. Seminato dunque che sia, bisogna erpicare nuovamente più volte la terra, acciò la semenza si mescoli bene con la medesima, e resti coperta . Quando sarà nato, e cresciuto ali' altezza di quattro dita , bisogna zapparlo , e stirpare 1’ erbe cattive ; e dove sarà troppo spesso si deve schiararlo, e le piante, che si ca- A 2 veran- 4 COLTURA ED USI veranno, si trapianteranno in terreno preparato a tal uso distanti T una dair altra quasi un palmo , annastandole la sera dello stello giorno, in cui si sono trapiantate, se però la terra non fosse bagnata di fresco dalla pioggia. Il medesimo fi faà nella prima settimana d' Aprile , ed anche più presto , o più tardi , secondo che la stagione , e lo stato del Guado comporterò. Verso poi li quindici di Giugno si farò la prima raccolta, strappando le foglie del Guado colle mani, o pure ( col falcetto, ) osservando però di farlo in tempo asciutto, e dopo, che il Sole avrò asciugata tutta la rugiada della notte , e ciò si osserverò in ogni raccolta : Dopo si zapperanno leggiermente le piante del medesimo spogliate dalle Toglie, levandogli tutte le cattive Erbe, facendolo stesso nella raccolta che si farò nel mese di Luglio, ed in quello di Agosto, e di Settembre, che in tutta la stagione verranno ad esser quattro raccolte ; delle quali le prime tre sono le migliori; la prima però è f ottima, e la'più stimata, e la quarta è la più inferiore, e che, se l’Autunno vada piovoso e freddo, non è d’ alcuna efficacia per la Tintura. Fatta 1’ ultima raccolta di Settembre , si lascieranno crescere nuovamente le foglie del Guado, il quale circa la melò di Ottobre si arerò sotto, acciò serva di concime al terreno. Passati altri quindici, o venti giorni, si potrò seminare nella medesima terra del Tormento, che se n’ avrò bellissimo raccolto. Perché poi ferva questa pianta di maggior ingrassamento alla terra, farò molto meglio di lasciarla nel campo tutto 1’ Inverno, e nelli primi di Marzo ( che sarò cresciuta ali' altezza di più d’ un piede ) sotterrarla coll' Aratro, e poi seminarvi a suo tempo del Formentone, che si avrò ottimo raccolto. Se i campi di Guado, saranno stati cinque , non bisogna ararne che quattro ; lasciandone sempre d' ogni cinque uno per la semenza; la quale si raccoglierò nel DI VARIE PIANTE. 5 rrel Maggio, o Giugno dell’ anno susseguente. Quando essa semenza sarà matura, fi taglieri il Guado , e fi porterà, nel!' Aja, distendendolo, come si fa il Tormento : e quando sarà ben soleggiato, la si batterà e si riporrà in granajo, lerban- dovela fino a tempo opportuno di seminarla ; avvertendo però che bisogna sempre avere la semenza del Guado anticipata per due anni: mentre 1’ anno, che si semina, non fiorisce , ma solamente ( come dissi ) nel secondo anno , nel quale maturano anche le sue semenze fuori di stagione di poterle seminare . Se però si volesse seminare il Guado solamente per avere le sue semenze nel Giugno susseguente, in tal caso basterebbe di farne la seminatura in Autunno. Metodo che sì deve tenere per preparare il Guado ", P Rima di divenire alla raccolta del Guado, è necessario di prepararsi il Mulino, rappresentato nella Ta voi. 2 . che per essere affatto simile a quelli, nei quali si macinano 1' Ulive , e le semenze di Lino ec. per trarne Olio, e la Vallonia per acconciare i Corami, stimo affatto superfluo di descriverlo. Preparato adunque tale Mulino, e venuto il tempo di fare la raccolta di detto Guado, il che si conosce quando le sue foglie principiano a colorirsi nel contorno , e specialmente nella sommità , allora bisogna raccoglierle ; cioè , o stirparle colle mani di gambo in gambo, o con ferro adattato a tale operazione, come ho detto altra volta, e riponendole dentro delle Corbe, o Ceste: e portandole subito ali’ ombra , acciocché non venghino danneggiate dal Sole , distendendole , ed andandole rivoltando, sino a tanto che siano alquanto appassite, acciò esali la soverchia umidità del loro sugo , che potrebbe esser dannosa alla pasta di Guado da farsi. Dopo ciò si mettono prontamente sotto la Mola A. per macinarle, la 6 COLTURA ED USI la quale viene girata dal Cavallo B. sopra il Vaso C. di pietra, alquanto concavo, che è, poco più grande del giro che fa la Mola, la quale vi sta sopra verticalmente, come la Figura dimostra. Macinata tutta quella quantità di dette foglie, che può essere contenuta dal suddetto Vaso del Mulino, tanto sottilmente, che non vi si discernino più le coste, sassi fermare il Cavallo, e se ne estrae la pasta delle medesime , rimettendovi nuove foglie, e macinandole nei medefi- simo modo : e così continuando fino che tutta la raccolta delle stesse sia ridotta in pasta, la quale devesi poi acconciare in uno dell! due modi seguenti, de' quali il secondo è il migliore ed il più facile. Il primo modo di preparare il Guado si è di ridurre tutta la pasta, o massa di foglie macinate in tante palle pesanti circa 20 , o 24. oncie ognuna : e queste palle si pongono a seccare al Sole , o ali' Aria , (*) sopra delle grade fatte di legnoosservando che non s’imputridiscano, o muffino, come può facilmente accadere quando la stagione non sia ben calda e secca; la quale non essendo tale, fa d’ uopo di seccarle in Forno , o stufa a fiò adattata . Seccate che faranno , le si metteranno in granajo , fino a tanto , che si a- vranno macinate, ridotte in palle , e seccate anche tutte le foglie dell' altre tre, o quattro raccolte nel modo suddetto, il che fatto, ( che sarh in Settembre ) si uniscono tutte dette palle, ed in luogo terreno , e ben mattonato , ed asciutto , si riduranno in polvere grossolana, battendole con bastoni, o mazze di legno. Questa polvere di Guado si anderù poi aspergendo leggermente con acqua , gettandola colla Pala ( * ) Ho osservato die la pasta di Guado , seccata al Sole cocente , vi acquista un color nero azzurrino , e riesce ottima ; e che quanto piti si tiene esposta ali’ aria, ed al Sole, tanto maggiormente si perfeziona , purché non si bagni , 0 che moito s’ inumidisca. DI VARIE PIANTE. 7 la or dair una , or dalF altra parte della stanza fino che continuando ad irrorarla, e meschiarla , sia temperatamente bagnata ; ma non troppo , perché la troppa acqua F annega e guasta , né troppo poco , perché s’ abbrucia . Fatto questo con diligenza, si riduce tuttala massa in un mucchio non molto alto, né molto largo, ma lungo: e così si lascia fino che vi sia eccitata fermentazione , e che siasi riscaldata alquanto. Allora bisogna agitarla colla Pala , gettandola da un luogo ali' altro; e continuare a moverla tutta ed agitarla nel suddetto modo una volta ogni giorno, o pure un giorno sì e F altro no , fino che abbia perso molto del suo calore, e divenga quasi fredda, nel qual caso basterà poi moverla ogni quattro , o sei giorni , fino al totale suo raffreddamento / avendo poi cura che bene s T asciughi. Questa operazione richiede molta attenzione e diligenza, se si vuole aver il Guado d' ottima qualità , e di tutta efficacia: e quando si è preparato , e benissimo disseccato , si pone, e si conserva in luogo fresco , e ben mattonato, finché venga f incontro d’ esitarlo, o d' adoprarlo nella tintura : e chiamasi Guado in polvere. Alcuni costumano di preparare da se ogni raccolta di Guado nel modo sopraddetto : e così ne hanno di tante ’ qualità distinte, quante fono le raccolte medesime y e lo vendono a prezzi differenti, a norma di sua bontà. Il metodo secondo di acconciare il Guado , si è di macinare le foglie fin tanto che non si conoscano più le coste delle medesime, come ho sopra indicato ; ammucchiando poi la pasta , e calcandola bene colle mani, e co piedi , battendola in fine ed uguagliandola colla Pala. Si lascia così ammucchiata detta massa fin tanto che si vedrà avere formata esteriormente una crosta nera ; la quale di tratto in tratto che anderà crepando , e formando delle fissare , bisogna 8 COLTURA ED USI gna andarle bene chiudendo, altrimente la pasta svanirebbe * e vi si generarèbbono dei vermi, che la guastarebbono. Dopo quindici giorni bisogna rompere la suddetta massa colle mani, e mischiare bene la pasta , formandone delle Palle, pesanti ognuna 20 , o 25. oncie. Si premono bene queste Palle , ed il primo uomo le d'a ad un secondo , che le batta e prema in una scudella di legno, come si fa il Burro. In fine si danno ad un' altra persona, che in una scudella più picciola finisca di modellarle , e renderle lunghe o- vate , e ben unite, e compatte. Queste pallottole si seccano ai sole sopra delle grade di legno, fatte a tal requisizione .Le buone si distinguono rompendole, che dentro sono violette , e di buon odore, e pesanti. Queste palle i Francesi le chiamano Coques , o Coquatgnes , e tutte unite le chiamano Pajìel enCoquaigne . Questi sono due metodi di preparare tale utile ed importantissima Droga , che da’ nostri Tintori si chiama Guado ; la quale quando sia preparata, o nel!’ uno, o nell’ altro modo colle descritte diligenze , non fata soggetta a guastarsi, ma anzi più che starà lungamente ammucchiata , più si fata buona . Egli è descritto nelli modi eh’ io medesimo ho es- perimentati , ed osservato esser li migliori , e li meno faticosi . Quelli però che volessero confrontarli con quelli che ne insegnano altri Autori , possono vedere il Dizionario di M. Savary, ( a ) 1’ Istoria delle Piante del Ray (£), quella del Dalecampio (e), Gli Elementi d' Agricoltura di M. Du* bamel (d), la Storia naturale ec. di M. AJìruch ■ (e) &c. Descritto il modo di seminare , coltivare , e preparare il Guado , resta ora ad insegnare quello veramente particolare, ed ingegnosissimo, d’ impiegarlo nella Tintura di Sete, Filo* Bam- ^O Diction. Universe! de Commece Toni. II. pag. ppp. (é) Ray. Hist. Plans. Tom. I. pag. 8pp. ( c) Dalech. Hist. Lugd. Tom. I. pag. 4pp. (d ) Duhainei. EJements d' Agricolture Tom. II. pag. 234. CO Aftruch Histoire naturelle Du Languedoc pag. zzo. & zzr. -1 DI VARIE PI A N TE. ? Bambagio , e Lane. Ma prima di far ciò, mi par bene di aggiungere che il Guado, oltre ali’ essere necessario nell’ Arte Tintoria, è anche utile alla Medicina. Le sue foglie p^- ste, ed applicate , risolvono le Posteme , saldano le Ferite fresche, stagnano i Flussi di sangue, guariscono il Fuoco Sacro , e l’Ulcere che vanno serpeggiando per il corpo . Il Ray parlando della virtù di questa pianta, insegna anche eh' essa facilmente somministra un Sai volatile di molta virtù contro lo Scorbuto, e 1' Angina . Glajìum ( sono sue parole ) facil - lime & copiosissime pr&bet salem •volatilem , imo fine igne, egre gii usus in Scorbuto & Angina . Ippocrate nel suo Libro de Ulceribus , consiglia le foglie peste di Guado col seme di Lino, in cataplasmo per le ulcere quando vi è pericolo di risipola ; o vuole che si faccia un cataplasmo di semi di Lino inumidito col sugo di Guado . E questo è un eccellente vulnerario. Come fi proceda per preparare la Tina di Guado per tingere. L A preparazione della Tina di Guado è delle più importanti operazioni dell’ Arte Tintoria , ma insieme anche delle più difficili , e che non di rado fa delirare quelli ancora , che sono in tal Arte invecchiati. Stimo dunque di far cosa molto utile e grata coll' insegnare il modo più sicuro per ben riuscirvi, dando anche tutti quegli avvertimenti, che vi sono necessarj. Senza entrare nella descrizione della forma d’ essa Tina , che può facilmente vedersi ed osservarsi in ogni Tintoria, passo ad insegnare come vi si prepari dentro la tinta, e come s’ adopri. Volendo ( per esempio ) preparare una Tina , che tenga cento libre grosse di Guado , si pongono in una Galdaja se- ics coltura e D U s I dici in. diciotto Secchi d acqua, o di Fiume , o di Fonte* con entrovi mezza quarta di semola , o sia Crusca di frumento . Si fa scaldare , e quando è tepida, ma che però non scotti, vi si mette dentro la suddetta quantità, di Guado , e yi si lascia pisi ore, fino a tanto che sia ammollito , e che possaj stemperarsi colle mani ; come bisogna fare a pezzo per pezzo* sciogliendolo quanto meglio si può dentro detta acqua, onde possa comunicare la sua tintura. Si lascia nella stessa Caldaja. fino che sia pronta da potersi gettar nella Tina la seguente Semolata , o Bagno ; quale si fa , empiendo d’ a- cqua di Fiume o di Fonte una Caldaja di circa trenta Secchi , e mettendovi dentro altra «mezza quarta di detta Semolata , e facendola bollire. Quando bolle, se le leva il bollore gettandovi dentro due secchi d’ acqua fredda : e subito si gettano nella Tina le sopraddette libre cento di Guado- stemperate nella Caldaja ; la qual Tina per questa quantità deve essere aita cinque piedi, e larga due. Postovi dentro esso- Guado con tutta la Semolata , in cui si è di sciolto, vi si va tosto gettando sopra la nuova Semolata , alla quale si è levato il bollore con detti due secchi d' acqua fredda, fino che tutta vi sia messa ; avvertendo però di continuar sempre a meschiarvi dentro nel tempo che vi si unisce la medesima Semolata, affinchè il Guado non si scotti. Subito dopo si gettano nella Tina dodici libre grosse di cenere di Pernumia , se detto Guado su pesato alla grossa , o dodici libre sottili, se fosse esso stato cento libre alla sottile . Messavi la cenere , si paliza ; cioè si meschia bene e prontamente il Bagno, affinchè essa cenere per tutto il medesimo si sparga,, e vi si unisca. Fatto ciò si cuopre la Tina col suo coperchio , e sopra quello si pongono Goperte grosse di Lana, e Drappi, acciocché il Bagno vi si conservi caldo : e si lascia poi in riposo - DI V A ^ I E PIANTE. n circa ott’ ore. Dopo questo tempo, si scuopre, e nuovamente fi paliza colla pala molto bene j osservando se dia alcun segno di venir a colore, come dirò qui sotto. Si ricopre ancora bene, e si lascia quieta altre ore quattro ; passate le quali, si scuopre nuovamente," e con spattola di legno si sbatte il Bagno , guardando se viene a colore, che si conosce quando fa una schiuma come di latte , quale si va trasmutando in colore periato , e si dilegua in parte come friggendo. Quando ciò s’ osserva, si paliza nuovamente , e subito si cuopre, affinchè stia scalda , come è necessario : e dopo mezz’ ora circa si torna a scoprirla, ed a sbattere il bagno colla spattola , come sopra, per vedere se la schiuma sia di color celeste carico ; e se sia piò soda e sussistente, e che piti non si dilegui friggendo. Apparendo questi segni , il Bagno della Tina è venuto a colore ; e però bisogna gettarvi dentro altre sei libre* grosse ( supposto che si sia sempre usato questo speso ) di detta^Genere di Pernumia, palizando , o sia meschiandovi dentro" molto bene, affinchè essa si confonda ed unisca con tutto il Bagno medesimo : e si torna a coprire , lasciandola in riposo altre quattr’ ore circa. In questo tempo si fanno bollire circa trenta secchi d* acqua, unitavi mezza quarta di semola di frumento: e mentre che ciò si eseguisce , si macinano tre libre grosse d’ Indaco o Endego , di buona qualità , e che prima sia stato quattr ore o piò ad ammollirsi in acqua tepida. Macinato, si cola perdo staccio, e quello, che non passa, si rimaeiha, e cola ’ cosi facendo , fino che tutto sia passato , e come di- sciolto in acqua . a Preparato cos v i 1 Indaco, e bollendo nella Caldaja detta Se A molata, se le fa perdere il bollore con acqua fredda quanto basti, e si getta nella Tina, dandole la piena , s ben pali- B 2 zan- rr COLTURA ED USI zando tutto il Bagno. Indi vi si mette dentro detto Indaco, aggiungendovi tre altre libre della suddetta cenere , e ripagando benissimo, acciò si confonda con tutto il Bagno ; coprendola poi prestamente , e lasciandola quieta circa quattr’ ore. Passate le quattr’ ore, si scuopre la Tina, e si guarda di qual colore sia il Bagno : e se si vede essere di color verde oscuro, bisogna ricoprirla, e lasciarla riposare ancora qualche ora , fino che si apre detto Bagno il Color giallastro rossigno . Arrivata la îina in questo stato, vi si aggiungono altre due libre di detta cenere , ben palizando , affinchè tutto il Bagno col suo sondo di Guado , e d’ Indaco benissimo si maestri : e si ricuopre, lasciandola cosi per cinque in sei ore. Bisogna però stare attenti, guardando di tratto in tratto, le mutazioni che fa, acciò non patisca, e perché tal volta il Guado fermenta con furia consumandosi la cenere ; nel qual easo^il Bagno"si apre in colore assai giallo rosseggiarne, e nel contorno della Tina si vede certa schiumetta bianchiccia ; come pure, nel palizarvi dentro, vi si forma tanta di detta schiumetta che tutta la cuopre : e se non vi si rimedia prontamente, tutto si guasta. Accadendo tale inconveniente, il Tintore deve subito gettare di detto Bagno in Caldaja, tanto, quanto possa bastare a ben riscaldare tutta la Tina , con cinque libre della suddetta cenere , e farlo levare il bollore , mettendo nello stesso tempo altre cinque libre della medesima cenere nella Tina, e palizando, acciò non s’avanzi a peggiore stato. Quando la porzione di Bagno posta in Caldaja avrà principiato a bollir bene, si rimette tosto nella Tina , e prestamente si paliza , e si cuopre . In cotal modo s’impedirà al Bagno di guastarsi , anzi si far a ritornare in buono stato; ma si deve però sapere che, per il patimento che ha fatto, resta- DI PARIE PIANTE. rz starà alquanto giallastro • e talmente, che uno, che non abbia grande Sperienza , lo gettarebbe come inutile e guasto, non lo vedendo del colore consueto. Accada però, o non detto accidente, bisogna, se si vuole trarre tutto il possibile profitto dalla sua Tina, aspettare , avanti di tingervi, circa ventiquattr’ore,; quantunque anche dopo dodici solitamente vi si potrebbe colorire, ma con molto minor vantaggio. Il buono e diligente Tintore , aspettando adunque che si compia tal tempo di «rea ventiquattr’ ore dal punto in cui ha posto 1’ Indaco nella Tina , deve stare molto attento, guardando il Bagno di tanto in tanto, e dandogli circa due libre di detta cenere, quando dal colore gialliccio vede che ne ha bisogno ; palpandola, e tenendola coperta , fatta tale operazione, acciò non si raffreddi. Cosi il Guado ha tempo bastante d’esercitare la sua forza, e di scioglier , o , come dicono, di maturare 1’ Indaco , e renderlo operativo e tingente : ed allora la Tina è ridotta a perfezione, e vi si principia a tingere , prima robe di Lana se ve ne siano, o al*, tre robe grosse . Le robe di Lana però sono più a proposito per incominciarvi a colorire , perché la Lana netta e purifica il Bagno : e tinte che vi si abbiano tali robe di Lana, o altre cose grossolane, si dà alla Tina due libre della predetta cenere, si palpa , e si cuopre. Dopo tre ore vi si possono poi tingere lavori di qualunque sorte , che anderà facendo sempre meglio, dando colori più belli, e più lucidi dei primi. Tinto che vi si ubbia, si toma a palpare dandovi ancora due libre di cenere , se si vede che ne abbia bisogno, avanti però di palparla, e tenendola poi coperta . Ogni volta che vi si è lavorato a tingere , si dano alla Tina due libre di cenere , palpando poi bene ; se però si vede che il Bagno la richieda : il che si conosce ai seguenti segni. Se i 4 ' C*0 L T U R A ED USI Se il Bagno tinge assai galiardamente , e che il colore s* attacchi molto alle mani, e che, palizando, si sente che la pasta , °'o sedimento non è fisso nel fondo , ma alquanto sollevato; come pure quando esso Bagno è assai giallo , e che si veggono^'certi r grumetti d' Indaco come Lenti che sopra- nuotano , allora vi bisogna detta cenere. Ma se esso Bagno sia come saponoso, e renda le mani liscie, e rugose , come fa il Ranno, è segno che ha troppa cenere .* e però non se gliene deve dar altra; ma palizare, e lasciarlo in quiete , e coperto , 4 che cosi sé la consuma, e viene in buono stato, s; Ma perciocché col continuare a tingere nella detta Tina, si va consumando la sostanza dell' Indaco ; cosi ogni volta che si osserva mancarvi, ed essere il Bagno debole e fiacco, bisogna rinforzarlo col riporvi nuova dose del predetto En- dego. Ciò si fa, macinando, e colando per lo staccio quella quantità d’ esso Indaco, che vi si ‘ vuole aggiungere , quale deve-essere in minor dofó del primo che vi fu posto, e proporzionato allo stato del Bagno, secondo che si trova più, o meno indebolito. Preparato, come sopra si è insegnato, si getta nella -Tina, avendo prima fatto ben riscaldare esso Bagno in «Caldaja, e riposto così caldo nella Tina, e si paliza ben bene ; indi si cuopre , e si lascia stare in quiete un giorno senza tingervi , palizando però altre due volte nello stesso giorno i e la sera si fa ancora scaldare in caldaja discreta quantità del Bagno stesso, e si rimette nella Tina , ben palizando , e bene coprendola per averla pronta a colorirvi dentro il giorno seguente. Col rinforzare il Bagno in questo modo ogni volta che si vede averne bisogno , rimettendovi nuovo Endego , la Tina, o sia il suo Bagno può continuare ad essere buono ed atto a tingere sei in sette mesi ; se però il Tintore la tratti con discrezione di non isnervarla troppo, ‘ma di tenerla sempre in DI V A y R 1 E PIANTE, 15 in buon sistema 5 anzi per chi non tinge che sete , e robe fine, potrebbe anche durare un anno . Quando però venga troppo faticata, tingendovi grande quantità, di robe, non suq- le durare buono il Bagno , che circa tre mesi ; ma quelli Tintori, che vogliono cavarne tutto il profitto possibile , devono guardarsi di non fiaccarla troppo» » Avvertimenti per ben condurre una Tina , h E ' Da sapersi in primo luogo, che il vaso della Tina deve essere proporzionato alla qualità e quantità delle robe da tingersi, ed al bisogno del Tintore,, secondo che si trova in caso di lavorare molto, o mediocremente, o poco. Per chi annualmente deve tingere robe in grande quantità, vi bisogna Tina grande / e specialmente per i Tintori di Panni di Lana, e di Lane solamente lavate , dove si consuma molta tintura ; ma per chi tinge quasi ^solamente robe di seta, basta la Tina picciola. Nelle Tine grandi vi va, a proporzione, anche maggiore quantità di Guado, e d’ Endego , e degli altri ingredienti : ed in queste, essendovi maggiore volume di Bagno, lo stesso _vi si conserva anche più lungamente caldo . Se il Guado sia di quello di Lombardia, eh’ è stato molto fermentato, in dodici ore circa suole venire a colore; ma se sia di quello Tedesco, <3 di quello dei nostri Paesi ( che non si costuma di farlo tanto fermentare , quando si prepara dalla sua Erba ) fermenta nella Tina con tanta* forza, che si riduce a colore in circa nov r ore ; riesce assai più gagliardo ; mantiene la Tina più chiara : e resiste più ai lavoro. Servendosi di questa seconda qualità di Guado molto più vigorosa, deve il Tintore stare assai attento che il Bagno , nei piantarlo da nuovo , non trapassi, e si volti in male . Quan- 1 6 COLTURA ED USI Quando la Tina messa in piedi con di questo Guado, ha fermentato , e che se le è data la piena con semolata , e postovi T Endego, come abbiamo sopra insegnato; dopo cinque in sei ore , quando comincia il Bagno a schiarirsi , bisogna gettare il Bagno stesso in Galdaja, e farlo scaldar bene , e cosi caldo riporlo nella Tina, coll' aggiungervi tre libre e mezza di detta cenere, palizar bene , e coprirla, acciò il Bagno cosi bollente si maestri; cioè si maturi, e venga al dovuto segno di perfezione, ed il Guado si mortifichi, e s’ acquieti. Sono alcuni anni che un de’ più esperti Tintori di Vicenza si ferve di Guado di detta seconda qualità, che esso stesso coltiva e si prepara, e gli riesce molto meglio, che non fa quello di Lombardia, e perché mantiene la Tina sempre chiara ; quando quello di Lombardia , niente niente che s’ affatichi il Bagno, s’ oscura , e più non colorisce : ed allora, aggiungendovi Endego, si getta a male, nulla più operando. Rispetto alla Cenere necessaria per la Tina ; in questi nostri Paesi s’ usa di due sorti ; una cioè fabbricata in Pernu- mia, che è la più debole ; 1’altra preparata in Nervesa, che è la più forte . Questa cenere Clavellata da’ Tintori è di quella comune di legni duri, che poi si ricuoce ; riverberandola con fiamma lo spazio di dieci giorni in Forno a riverbero , spesso con gran Pale di ferro rivoltandola. Se il Tintore vorrà servirsi di Cenere di Pernumia , si regolerà, a proporzione della tenuta della sua Tina, e della quantità- di Guado, che vi avrà posto, a norma delle Dosi sopra prescritte. Se poi userà di quella di Nervesa ; come questa ha più forza, cosi ne deve in ogni caso mettere sempre un quarto meno ; cioè, se di quella di Pernumia ce ne vogliono dodeci libre, di quella di Nervesa se ne devono prendere sole libre nove * In Dì VARIE PIANTE. 1 7 în Francia ed in altri Luoghi ancora li Tintori ; specialmente di Robe di Lana, preparano le loro Tine di Guado con Endego colla Calcina viva , in vece di ceneri Clave!* late. Per conoscere poi se il Bagno in Tina abbia bisogno di cenere, o non; quando fi fa scaldare esso Bagno nella Cai* daja, e che sta quasi per bollire, se ne prende con fessola , o con altro simil vaso, ed alzatolo, fi versa belbello, guardando attraverso quello che cade. Se si vede essere di colore oscuro, non ha bisogno di cenere; ma se appare giallastro verdiccio, ne ha bisogno. Cosi se , gettandolo da alto con detta fessola , fa bella Schiuma ( detta Fiorata ) assai larga, vuol cenere ; ma se la Fiorata è pallida, e che presto si dilegui, è segno che di cenere ha troppa abbondanza. tì Bagno sta a dovere, e non ha bisogno di cenere, quando , facendo come sopra, si vede eh’ è nè troppo scuro , nè giallastro, e che la Schiuma , o sia Fiorata è celeste, e persistente , senza dileguarsi. E poi da sapersi che la Tina , o sia il Bagno mai va a male per troppa cenere ; ma solo s’ arresta , e per così dire, s’ ubbriaca, e diventa oscuro quasi nero , senza tenere la Fiorata: ed allora pisi non tinge, stando in tale stato qualche volta delle intere settimane. Per rimediarvi, si pongono in Caldaja circa venti secchj di detto Bagno ( supposta sempre la Tina di tenuta di cento libre di Guado ) e con mezza quarta di Semola di frumento si fa scaldar tanto che quasi sia per bollire. Allora si schiuma via ben bene detta semola e ceneraccio di Tina , che nuoterà alla superficie, e si getta via ; indi si ripone detto Bagno così caldo in Tina, paiizando ottimamente , e coprendola. Dopo quattro in cinque ore, si ripaliza nuovamente; e tornerà in buono stato . Tomo I, C Quan- 18 coltura ed usi Quando mai il Bagno fosse così ostinato che non volesse ritornare in buon punto, fa d' uopo di cavarlo tutto dalla Tina, fino che s’ incomincia a trovare il cenericcio, o morchia di cenere ; trovato il quale, se ne cavano circa otto secchj; quali si possono gettare in altra Tina di Bagno vecchio, e fiacco ( se vi sia) per dargli piede, e fargli pasta, come s’ esprimono quelli dell' Arte. Fatto questo, si fa scaldar bene detto Bagno, e si rimette nella sua Tina, sempre palizando, o sia meschiando con Pala ; avendovi aggiunte circa dodici libre di Guado, prepa- rato, come si disse a principio, ed una libra di cenere. In questo modo si vedrà che il detto Bagno si aprirà, e ritornerà bello e buono come prima. Si può anche far ritornare il Bagno in buon punto senza levargli il cenericcio, come sopra si è detto; ma solamente col farlo bene scaldare, e ponere con esso nella Tina dodici libre di Guado ben preparato , senza mettervi altra cenere ; indi palizare, e coprirla. Il Bagno alle volte viene oscuro, non per troppa cenere, ma .per troppo lavorare a tingere, snervandosi, e fiaccandosi : e questo, come diss, succede facilmente quando s’ adopra Guado di Lombardia , il quale per poco lavoro fa bene , ma per troppo perde presto il suo vigore. Se ciò accade, vi si rimedia coi porvi un poco di cenere, e palizando poi, e coprendo la Tina, come sopra. Oltre a quanto sopra si è insegnato, si deve avvertire , che, poiché il Bagno si va consumando col continuare a tingervi , fa bisogno d’ aggiungervi semolata per allungarlo . Si fa perciò bollire tant’ acqua , che basti a dare la piena alla Tina, col porvi tanta semola a proporzione, come si è di sopra avvertito : e cosi calda darne la piena alla sua Tina ; schiumandone prima la semola quanto si può, perché meno DI VARIE PIANTE. i 9 meno che ne va in Tina è meglio: ed aggiungendo due libre circa di cenere , palizando, e coprendola, Il lavoro di tingere non si deve principiare, nè progredire a Tina torbida, ma solo quando il Bagno è chiaro , e che la morchia di cenere, e d' altre materie grosse ( detta la Pasta di Tina ) sia calata al fondo ; e solamente quando esso Bagno sia ridotto in buon punto; cioè che non sia oscuro, ma convenientemente giallo ^altrimente si tingerebbe assai male, non riuscendo, e non attaccando il colore, che , quando le Robe colorite si lavano , viene distaccato ed asportato dair acqua. Si badi dunque bene, che quando si vuol tingere, sia il Bagno di bel colore giallo; se però non pendesse al verde, per essere assai grasso d’ Endego, nel qual caso tinge egualmente bene. Quando si devono tingere sete, bavella, o cose simili, bisogna che il Bagno sia ben caldo, ma che però non iscotti; specialmente quando si fanno colori verdi, o di quel turchi- no-oscuro pavonazzo, detto Blò ; perche, se il Bagno scotta , rode il giallo, di cui si è colorita precedentemente la Roba per farla verde, ed il purpureo dell' Oricello, impiegato per il Blò. Per la tintura di Robe di Lana la Tina deve essere caldissima , altrimenti non tinge per niente ; ma per Robe di Filo, e di Cotone bisogna che sia solamente bene tepida , e che non iscotti. Devefì anche avvertire, che ogni volta che si mette cenere nella Tina , bisogna spargercela nell’ atto stello che si pali za, affinchè benissimo si confonda con tutto il Bagno, e lo maturi, o ( come dicono ) lo maestri. Si guardi bene il Tintore di non lasciar mancare la cenere alla sua Tina, perché mancando, si guasta il Bagno : ed allora,, quantunque vi si rimedj, mai ritorna a perfezio- C 2 ne. 20 COLTURA E D . U S 1 . ne. Minor male è di ecceder piuttosto alquanto nella dose d? essa cenere , che di mancare ; perché tale eccesso di cenere viene col tempo dal Bagno consumato. Il mancamento di cenere, oltre ai segni sopraindicati , si conosce anche dal sedimento, o Pasta della Tina, quando si sente colla Pala che nel fondo sta sollevata, e come fango assai liquido : e prendendone colla mano, se ne scappa tra le dita : ed il Bagno ha odor forte di Guado ; quando al contrario, abbondando troppo di cenere , ha odore di Lisciva , e come quella è saponiccio, ed il sedimento è sodo e fisso nel fondo della Tina . Rispetto al Guado, ve n’ ha di tante qualità, che non è possibile di dare regole generali, e che siano nel tempo stesso adattate ad ogni sorte di Droga; ma da quanto ho sopra insegnato potrà ogni Tintore prender norma per bene dirigersi: avvertendo che tutti i pesi e misure di queste i- struzioni, si devono intendere di quegli usati in Padova, ed in Vicenza. Per tingere nella Tina di Guado in quàssia atto di colore turchino, basta che le Robe da colorirsi siano ben nette; né vi bisogna alcuna alluminazione ; ma solamente vanno alluminate , cioè bollite in acqua impregnata d’ Allume, quelle, che prima d’ immergersi nella Tina vanno imbevute d' altri colori; come di giallo, di rosso ec,, perché vi vengano verdi, pavonazze, o d' altre tinte; potendosi fare col mezzo della Tina più di cinquanta differenti atti di colori. Il sopraddetto modo di preparare la Tina di Guado, e d’ Indaco, e di bene condurla, fatto conoscere sicurissimo e d' ottima riuscita da lunga e continuata pratica, spero sarà gradito, non solo dalli Tintori, e da quelli che amano, o studiano tal Arte; ma anche da coloro, che hanno il nobile genio da conoscere i modi di quelle operazioni che gli Ar- DI V A R 1 É PIANTE. 21 Artefici custudiscono gelosamente, e tengono quanto più possono secreto; delle quali questa è una certamente non mai da alcuno Scrittore pubblicata ; almeno in modo genuino, e vero , e eolie necessarie circostanze . Se alcuno poi bramasse d’ istruirsi del modo di fare la preparazione della suddetta Tina colla Calcina per le Lane, può vedere 1’ Arte delia tintura di Lane ec. M. Hellot, il quale distesamente la insegna. Altro modo dì tìngere col Guado sen^a Indaco . N E’ Paesi oltramarini si tingono da quelle Genti Drappi di Lana in colore turchino, o sia azzurro, con facilita, senza 1’ ajuto dell' Endego, e senza Tina, o Vasello, e senza 1' opera de’ Tintori , nel modo seguente , che mi fu mandato di cola, scritto esattamente da Persona Amica di tutta fede. L’ Erba Glasto, che in Corfù si chiama Vasi, si semina nelli mesi di Febbrajo, e di Marzo , nelle Ortaglie , ed in altri terreni grassi, che sono a questa Pianta i più confacenti . Le sue foglie somministrano un color turchino, ma oscuro, accostandosi al nero, forse perché i contadini, che se ne servono, non sanno bene prepararne la tintura, né le Robe da tingersi. Queste foglie si raccolgono dai Maggio fino a Giugno, a misura che vanno maturando; segno di che si è, quando di verdi diventano giallastre. Raccolte si pestano con legno, fino che siano ridotte in pasta, la quale si stende poi sopra delle tavole, e si fa seccare al Sole. Quando è ben secca, la pongono in Cesti, o Barili, e si consèrva quanto piace , purché si guardi dalT umido, che la farebbe guastare. Il prezzo comune in quelle Parti di tal Erba pestata e sec- 22 COLTURA ED USI seccata, è di lire quattordici in. sedeci alla misura colma e bene calcata , ma qualche anno non vale più di dieci in dodici / intendendo però a Moneta di Levante , eh' è a ragione di Lire quarantotto il Zecchino : ed una misura pesa circa libre dieci in dodo ci, essendo materia di poco peso . Nel mese di Luglio se ne raccoglie la semenza , che nel colorito esterno rassomiglia alla polvere Inglese da Schioppo : e si trova sola col suo fusto, per esserne state di tempo in tempo staccate le foglie. Questa raccolta sassi , quando è bene matura, tagliando i Fusti, a’ quali sta la semenza attaccata , e lasciando la Pianta , la quale alle prime pioggie d’ Agosto getta nuove foglie, da tagliarsi a misura che maturano , e preparasi nel modo suddetto. Per ogni quindici braccia di Rasse di Lana v’ impiegano una misura di detta pasta secca di Guado, che acconciasi nel modo seguente. Otto giorni prima di tingere, la pongono in un Cestone, e mattina, e sera la spruzzano d’ acqua ogni giorno, onde divenga molle, e fermenti. Pigliano poi una misura e mezza di cenere stacciata : e posta in cesto collocato sopra un Mastello, o altro vaso di legno, in cui sia messa detta Ralla, o altra Roba di Lana da tingersi, vanno versando dell' acqua chiara sopra la cenere , che filtrando s impregna dei sali d’ essa cenere , diventa Liscie t- ta, o sia Ranno, e cade sopra la detta Roba da colorirsi , che sta nel Mastello. Si calcola x che per ogni misura d’ Erba vi voglia una zara e mezza di detta Liscietta fredda , netta, e chiara : ed ogni zara corrisponde ad un quarto di Barile ; cioè a sei Boccie da lira venete. Quando sopra la Roba, che sta nel Mastello , vi sia detta quantità di Liscietta ali* incirca, vi gettano dentro la suddetta Pasta di Guado, o Glasso inumidita e fermentata y e la DI VARIE PIANTE . rz à la stemperano ben bene con detta Liscietta, e vi tengono immersa detta Lana dimenandola , e colla Pasta molto sfregandola , e lasciandovela due giorni , ma spesso tra il giorno voltandola e rivoltandola. In fine del secondo giorno , cavano essa Roba dal Mastello , e ben la spremono , ponendola poi al Sole ad asciugarsi ; il che fatto , la immergono nuovamente nella suddetta tintura, che sta nel Mastello, per altri due giorni, rivoltandola di quando in quando ; ed in fine del secondo giorno cavandola fuori, e spremendola , e facendola asciugare come sopra. La medesima operazione va replicata altre quattro volte , e così dodici giorni vi s' impiegano ; ed allora si trova benissimo tinta, e però si lava nell’ acqua dei mare , o in A* equa dolce chiara, e si fa asciugare , dopo di che niente altro sogliono farvi. Modo , con cui in Germania , ed in altri Paejì , ed anche in qualche luogo diItalia fi fanno i medesimi colorì , che 'vengono prodotti dalla Tina di Guado , senza far uso d’ esso Guado , ma solamente di Indaco , in certa Calda]a dì Rame che chiamano Vasello . S I prepara la Caldaja di Rame detta Vasello , mostrata dalla Tavola 3. Lettera A., larga in sommità, e che in forma conica si vada stringendo verso il fondo , come a un di presso sono quelle, che usanti da' Pastori per farvi il Caccio e la Ricotta. La sua larghezza ed altezza deve corrispondere a quella capacità, di cui il Tintore conosce avere bisogno j avvertendo però, che deve essere tanto alta, che nel tingervi, le Robe non tocchino in fondo, dove sta il sedimento, il quale s’ alzerebbe ed intorbiderebbe il Bagno. Questa caldaja, o Vasello deve murarsi in Fornello di mattoni , r - * 4 coltura ed usi toni , indicato dalla lettera B., in modo che il suo fondo AA. sta sepolto e profondato nel terreno del suolo della Tintoria segnato F. dalle otto alle dodici oncie, secondo ]a grandezza dei Vasello , affinchè la morchia, o sedimento di cenere, calcina, ec. che precipitando al fondo vi si adensa, non possa venire turbata, scottata, o bruciata dal fuoco • il che succedendo, T opera si guasterebbe. Intorno lo stesso Vasello vi deve essere il Vacuo segnato G. dove si pone il fuoco, colla Bocca D, per introdurvelo, ed il Caminetto E. per il fumo, e perché serva di respiro. E' necessario che detto Vasello sia fondato in luogo asci rito , altrimente non riesce bene ; e che il suo Fornello sia murato in modo acconcio a potervisi comodamente lavorare . Fatto tale preparamento , vi si forma il Bagno d’ Indaco per tingere nel modo seguente . Si macina , e si cola per lo staccio quella quantità d’ Indaco ottimo, che sia conveniente alla tenuta del Vasello, o vassello, nel modo stesso insegnato dove ho parlato della Tina di Guado , e si pone nel detto Vassello. Indi , posta a bollire in caldaja tanta acqua di Fiume , che sia bastante ad empiere il medesimo Vasello , si inette nella stessa ( supposto che 1' Indaco impiegato sia una libra ) una fessola e mezza di semola di Frumento : e quando 1’ acqua è tanto calda che scotti , vi si getta entro Allume di feccia alla quantità di sei libre , con due brancate d’Erba Genista, detta volgarmente Corniola , e si fa bollire. Tosto che ha bollito alquanto, si leva il fuoco, e si lascia tanto raffreddare, che vi si possa tener dentro un dito , ed allora si getta tutto il chiaro di quest’ acqua ( che chiamano la maestra ) sopra 1' Indaco nel Vassello. Per porre in istato un Vassello da nuovo, sarebbe cosa ottima , e più sicura d' aggiungervi un poco di fondo, o pasta d’ altro Vassello vecchio, se si fosse in caso di poterne avere. Do- DI VARIE PIANTE. 25 Dopo messa detta maestra nel Vassello, vi si meschia dentro con pala benissimo , e si pone nel suo Fornello tanto fuoco quanto basti a tenere il Bagno caldo continuamente; ma però sempre a segno che vi si possa tenere dentro un dito senza scottarsi . Dopo dieci ore si torna a meschiarvi dentro, e si vedrà il Bagno a venir verde, e tingere il dito immergendovelo. Continuando il suddetto grado di calore, vi si va meschiando dentro di tre ore, in tre ore : ed in termine d' ore ventiquattro circa vi si potrà tingere tuttociò che si vorrà. Quando a forza di colorire , ne sarà estratta la sostanza dell' Indaco, o Endego, si rinnova la Tina nels istesso modo sopra insegnato ; ma in vece d’ acqua si deve servire del Bagno restato nel Vasello; aggiungendovi però tant'acqua, quanta sia necessaria per dargli la piena . In questo modo lavorando , si va da se formando il suo fondo , o pasta , e diventa migliore ; ma ogni due , o tre mesi , secondo che vi si lavora, bisogna levare tutto il Bagno chiaro del Vassello, e levar via dalla pasta del fondo quel ceneraccio , che vi si vedrà sopra ; indi rinnovare il Bagno, come sopra si è detto. Può accadere talvolta che 1 ’ Allume di seccia sia troppo corrosivo, ed in tal caso vi si aggiunge un poco piò di detta Erba, e di semola ; ma se detto Allume di feccia sia debole , si scarseggia la dose delia semola , e dell’ Erba. Se si osserva che il Bagno sia come legato, e stenti a venire a colore , si fa disfare alquanto d' Allume di feccia in sufficiente quantità d’ esso Bagno, e si getta nei Vassello ; ma vedendosi essere il Bagno oscuro , bisogna raddolcirlo facendo bollire in acqua alquanto di semola e di detta Erba Corniola, ( detta da alcuni Erba intenta , 0 Erba gtalla ) e ponendo il decotto nel Vassello . Anche il mele stemprato nel Bagno e ottimo per raddolcirlo , quando è troppo carico del sale di detto Allume di seccia. Torno L Moto 2 <5 COLTURA ed usi Modo di tingere coll' Indaco in Tina a freddo . S I macina Indaco ottimo, e si passa per lo staccio: e per ogni libra si prendono libre ventiquattro d’ acqua di Fiume , la quale si pone in caldaja capace , facendovi poi sotto fuoco lento di carboni . Quando 1' acqua sia tepida ) vi si pone dentro s Endego , e si cuopre bene , senza ineschiam dentro : ed essendo tanto scaldata che scotti, bisogna aggiungervi due libre d’ Allume di feccia in polvere , se 1' Indaco sia una libra. Si devono anche avere per detta libra d'Indaco due libre di calcina viva in pezzi, della più recente che si possa trovare , e si pone nella detta caldaja in tre volte ; cioè un terzo per volta, e così in pezzi .Fra tanto il fuoco sia sempre continuato, ma lento : e si abbiano pronte due libre di Risagallo, o sia Arsenico citrino polverizzato e stacciato : e parimente sei oncie d’ orpimento ordinario , detto da stua , fatto in polvere , e stacciato , e si pongano nella stessa caldaja, con aggiungervi due oncie di limatura di Rame / ma avvertendo di maneggiare con cautela il Risagallo , perché è un potente veleno corrosivo. Si faccia poi bollire tutto il Bagno lentamente Io spazio di circa un ora, e sempre ben coperto; indi si leva dal fuoco , e si pone a raffreddare : e con spatola di legno me* schiandovi dentro , si osserva se la composizione si cangia in color verde-turchino , e giallo. Se questi colori si veggono, egli è segno che il composto è buono, e ridotto in buono stato. Bisogna avere una Tina di tenuta proporzionata alla quantità della composizione , che si è preparata , computarvi la quantità d' acqua necessaria per diluirla , e per estendere il co- DI VARIE PIANTE. 27 colore quanto è necessario, onde vi si possa tingere con profitto. La sera poi , volendo il giorno seguente colorirvi , si getta in essa Tina la sopraddetta composizione , e se le dh la piena con acqua fredda di Fiume , meschiandovi dentro ben bene, o sia palizando come si fa nella Tina di Guado. La mattina si torner'a a palizarla,e dopo due ore vi si potranno tingere Sete, Bavelle, Filo , Cotone, e cose simili, che vi prenderanno ottimo colore, lasciandovele immerse e rivoltandole circa due ore . Consumata la tinta, se ne fa nuovamente , nel modo sopraddetto. Tassello , 0 Vasello da ùngere in turchino fen%a Guado y col solo Indaco. Ped. Tav . 3. A. ^"^Aldaja di Rame, che deve essere più o meno gran- ì. ^ de, secondo il comodo del Tintore, che vuole servirsene , la quale si nomina Vassello, o Vasello. AA. Porzione d’ esso Vassello, che deve profondarsi nel suolo della Tintoria , circa otto in dodici oncie , affinchè il sedimento di cenere, calcina ec. detto la passa del Vassello, stia disotto dal focolare, onde il fuoco, che vi si mette per scaldare il Bagno colorante , non possa turbare ed alzare, nè abbruciare esso sedimento , che farebbe guastare il Bagno. B. Fornello, che cinge e sostiene il Vassello ; quale Fornello deve essere murato di mattoni. C. Vano dei Fornello,nel quale si pone il fuoco per ribaldare il Bagno. D. Bocca di esso Fornello, per la quale s’introduce il fuoco. E. Camminetto, o respiro per 1 ’ uscita del fumo. F. Terreno del piano della Tintoria. D 2 DELL’ coltura ed usi DELL’ INDACO. rS L ' Indaco , nel nostro volgare idioma detto Endego , è. una Droga di molto prezzo , che si prepara nel!’ Indie, donde trae tal denominazione dal!’ Indaco, o sia Anil , Pianta indigena di alcuni luoghi di quelle Regioni , la qual Droga serve, come è affai noto , nella Tintura , ed anche nella Pittura, per colore Turchino, o sia Azzurro. La coltivazione di questa Pianta , da cui viene estratta tale Droga , che è una Peonia, o sia una specie d' estratto , riesce di tanta utilità, che in molte Provincie Indiane viene grandemente praticata .* e specialmente nella China , in Java, Baleja, ed in quasi tutte 1 ’ Isole abitate da’ Chinesi , da quali è pure stata trasportata nell’ Isole Molucche , ed in Amboina. Anche dagli Spagnuoli è stata introdotta nelle Isole d’ Americain alcune delle quali se ne coltiva presente*- mente grandissima quantità; specialmente nella Carolina, dove ne hanno di tre specie , la prima delle quali si chiama Indaco Francese, o dell’ Isola Spagnuola : la seconda specie fi dice Indaco di Guatimala , o Indaco di Bahama : e la terza si chiama Indaco selvatico , il quale è Indigeno della Carolina , ed è quella specie , che più d' ogn’ altra coltivano i Caroliniani , perché facilmente, e meglio vi alligna. Varie Denominazioni vengono date alla detta Pianta dell’ Indaco dagli Scrittori che parlano della medesima, e sono le seguenti. Indigosera Tintoria Linn. Spec. plant. 751. Indicam y five Torcon, Rumph. Amboin. par. 5. lib. 8 . cap. 39 * pag. 220. Tab. 8. Anil Jtve Indigo Americana filiquis in salculce modum con - tortis ^ Marchant. Act. Paris. 1718. pag. 114. Tab. 3 . Anil DI VARIE PIANTE. z$ And fìve Nd indorum Colov. Bauli. Hist, 2. pag. P 45 * Ni! stve And egregia -planta ex qua fit Color . Cam. -Hort. Isath Indica solin Rorìsmarini , Glajìo afflnis . Bauh. pin. 11Z. Amen. Rheed. Malab. Tom. I. pag. ioi. Tab. 54. Pois gai a Indica frutescens , ex cujus folìis And , stve Indìgo conficitur , veruni Anil Ce/lonense villius ejì & ignobìltus , co quod ex Maialar , Coromandel , aut Negapatan adfertur. Hermani. Colutea Indica bumilis , ex qua Indìgo , folio virid. Herman'. Mus. Zeyl. pag. 32. & Thes. Zeyl. 69. Della Prima Specie . Tav, 4. L A Pianta deli’ Indaco della prima specie nasce spontaneamente nel Regno di Cambaja , o Guzaratta ; particolarmente nella Jurisdizione chiamata Ghirchesje vive circa tre anni. In Italia , coltivandola, e tenendola nel verno in luogo caldo, vive egualmente , ma lasciandola esposta ali' intemperie dell’ Aria , riesce solamente annua la sua dotazione . Cresce ali’ altezza di circa quattro piedi guernita di rami dal piede sin alla cima, formando una figura piramidale. I suoi fusti non sono più grossi d’ un dito, retti ed alquanto angolosi , di color misto di verde e di rossiccio , carichi di sottilissimi e brevissimi peli , che ne 11’ invecchiare della pianta la fanno apparire di color cenerognolo . I rami fono di color verde ferrugineo, con alcune linee bianchiccie ed e- levate, che li percorrono. Le sue foglie sono composte, cioè sopra d un picciuolo ve ne sono molte , come al naturale rappresenta la figura (A.A.), di sostanza consistente, di color verde chiaro al di sopra, ed al di sotto le giovani sono ferrugginee, e l’invecchiate cenerognole, pelosette. Istori nascono ali’ ascelle dei rami e delle foglie , sostenuti da picciuoli 3 o COLTURA ED USI duoli lunghi una, due, o tre oncie , secondo 1' età; disposti a guisa di tante piramidi. Ogn uno è composto di quattro foglie, una delle quali è più grande, e rivoltata ali’ indietro , di color verde ferrugineo al di fuori ( B. B. ). Le due laterali sono di color di rosa ,, (C.C.) e 1 ’ inferiore, o sia la quarta foglia è fatta a guisa di barchetta, nella quale stansi rinchiusi gli stami ed il Germe . ( D. D. ) Caduti che sono li fiori , succedono le sue teghette ,, o silique , di color verde , che poi nei maturarsi divengono rossiccie, pelose tte , e sono incurvate come tanti uncini ( E. ) . I suoi semi sono di color verdiccio, lunghetti, con un punto nel mezzo ( F. ) * Questa pianta , oltre al somministrare la sopraddetta preziosa Droga , colorante in ogni atto di Turchino, unita col Guado , ed anche sola ; ed ogni atto di verde con Droghe coloranti in giallo , con quei modi , che sono insegnati dal!’ Arte Tintoria , possiede pure delle facoltà Mediche . Essa è Vulneraria, risolvente, astringente, diseccante,e nefritica. Le sue foglie , peste , ed applicate , risolvono i Tumori, e le Parotidi: e guariscono le ferite . La polvere fatta delle medesime cicatrizza le Piaghe , lavandole prima coll' Orina. La Decozione della stessa Pianta, e specialmente delle sue Radici giova moltissimo, a chi patisce difficoltà d' Orinare . Della Seconda Specie.. Tav. 5., L A seconda specie d' Indaco è f Indìgofera "tìirsuta Linn.. Spec. plant. 751. Afìragalus spicatus , fili qui s pendulis , hirfut'ts , folìk ferie eh - Burnian. Zeyl. pag. 37. t. 14. Kattu-tngera . Hart . Malabar. Tom. 9* Tab. zo. Co- DI V A R 1 t P ì AKT E. 3 î Coluteci Scorpioides , o vero Endico Affricano» Zan. Hìst. pag. 18. r. 12. Questa pianta cresce ali’ altezza di circa due piedi e mezzo, e ricerca più attenzione della prima specie, e resiste più al freddo dell' Inverno . Le sue foglie sono di color cenerognolo , e i suoi fusti e rami sono di color d' argento , mol- liflimi ai tatto. I fiori sono simili a quelli della prima specie , ma le sue teghette sono affatto diverse, cioè più brevi ; rotonde ed articolate, e pendenti tutte verso terra, di color d’ argento ; e contengono due o tre semi per ciascuna , ed alle volte anche un solo, rotondi, simili ad un picciol grano di veccia , lisci , con una picciola macchia nera da una parte , da Botanici chiamata Hillo . Credo superfluo di descrivere più minutamente tale specie d' Indaco ; giacché la figura d' uno de' suoi rami , che ho rappresentata al naturale nella Tavola z. è sufficiente per darla a conoscere : ed ommetto anche la descrizione della terza specie parendomi per noi di poca importanza. Quantunque questa seconda specie non cresca a tanta grandezza quanto la prima , con tuttociò rende quasi la stessa quantità di Color Endego , come ho rilevato con replicate sperienze . Supplisce alla grandezza della prima specie colle sue soglie molto più lunghe, e larghe, e più polpose, e però s v i dell’ una, che dell’ altra si potrebbe tentare 1’ introduzione in questi Paesi , e specialmente nei vicini al mare , e nelle Isole , dove ho fondamento di sperare buona riuscita, come in seguito renderò manifesto . Ma per fare tali tentativi d’uopo sarebbe di procurarsi quantità sufficiente di semi, cosa molto difficile, dovendosi far venire da Regioni cos\ lontane. Si potrebbono però propagare queste piante col mezzo di quei pochi semi eh’ io tengo , e che potrei procurarmi da varj Illustri Botanici miei corrispondenti ; ma a volerle per 3 * per tal go. coltura'ED usi via moltiplicare , la cosa anelerebbe troppo in lun- D eliti Colf usti dell Indaco , seminandone in molta quantità . S I semina V Indaco i primi d' Aprile in questo modo » Prima bisogna che la terra sia bene lavorata , ed ingrassata il mese di Settembre, ovvero di Ottobre , e nel mese di Marzo si ara nuovamente. Si ara ancora a’ primi ss Aprile, e dopo arata, si sarchier'a bene col Erpice facendovi poi dei piccoli solchi, non più fondi di tre dita , dritti e distanti un piede e mezzo 1' uno dall’ altro. Si seminerà 1’ Indaco per entro detti solchi a linea, cioè un grano dopo f altro; ma spesso; perché non tutto nasce : avvertendo però che prima di seminarlo, bisogna avere ammolliti i fe- ‘ mi neir acqua per lo spazio di due o tre giorni, e che bisogna seminarlo in tempo asciutto, e quando si vegga però essere vicina la pioggia . Disposti così i semi nei detti sol- chetti, si cuoprono col Rastrello, uguagliandovi bene sopra la terra . Quando sarà nato, e cresciuto ali’ altezza di circa tre oncie, fi zapperà leggiermente , estirpandone tutte 1' erbe cattive, e schiarendolo, se sarà troppo spesso ; dovendo essere distanti le piante una dal!’ altra una spanna. Verso la metà di Maggio si ritornerà a zapparlo , calzandolo di terra più di quattro dita , come si pratica di fare al Formentone , o Sorgho. Arrivate le Piantereste ali' altezza ss un piede, e mezzo, il che farà circa la metà di Luglio , e che siano per fiorire, e che i loro rami siano di color verde ferruggineo; allora farà 1’ Indaco giunto a perfezione da DI V A E PIANTE, 33 da doversi cogliere. (a) Si taglieri adunque allora alto da terra più di mezzo piede, lasciandone qua e là sparse alcune piante delle più vegete senza tagliarle , per la semenza. Di tratto in tratto che si taglieri, si anderà portandolo in una Tina per ciò preparata, come si dirà a Ino luogo. Tosto che si avrà terminato di tagliare 1' Indaco bisogna adacquarlo, ed il giorno seguente zapparlo, e ricalzarlo bene di terra. Altra raccolta si farà. nei primi di Settembre, o verso la metà dello stesso mese ; e questa sarà nel nostro clima i’ ultima raccolta ; onde si raccoglieranno tutti i rami e foglie , lasciandovi solo i fusti legnosi , e le piante per la semenza, che deve andarsi raccogliendo di tratto in tratto, secondo che si ander'a maturando . Modo di ejìraere il Colore detto Indaco , o Endegè dalle Piante sopr addescritte . P Rima di fare alcuna raccolta d’ Indaco , fa d’ uopo dì prepararsi tre Tine , situate una sotto 1' altra, come sono rappresentate nella Tav. 6. Queste devono estere assai capaci e forti..- e se si fanno di legname , bisogna che io stesso sia d’ ottima qualità, e che siano ben cerchiate di ferro . Meglio riesce però di farle di muro di mattoni ottimamente connessi ; ma specialmente la prima , la quale suole costruirsi di forma quadrilunga, di circa venti piedi di lunghezza , larga dalli dodici alli quindici , e quattro profonda, e forte tanto che possa resistere alla fermentazione deh' Indaco, che vi deve entro succedere assai gali arda. La Figu- Totno /. E ^ ra ( <» ) Il Padre Labat, parlando della Coltivazione, e preparazione dell' Indaco, dice, che bisogna tagliar le piante dell' Indaco medesimo prima che fioriscano , se si vuole •avere un Endego pili fino; e che, tagliate quando sono fiorite, ne dano maggiore quantità, ma molto inferiore di quello estratto dalle piante tenere , Vedi Tom. I. Vo- yage aux irle; de 1 ’ Amerique pag. 712. Z4 COLTURA ED USI ra F. rappresenta detta prima Tina quando è fatta di legno, e della è quella ( sia poi di legno, o di muro ) in cui si deve far macerare e fermentare 1’ Indaco sopraddetto , come si diiì qui sotto. La Tina G. deve essere a un dipresso la meta più picciola della prima: e servir deve per ricevere 1’ acqua impregnata della sostanza dell’ Indaco dopo la fermentazione, che vi si fa entro cadere, e vi si sbatte, affinchè 1’ Indaco si separi dall’ acqua, e si precipiti. La Tina H., collocata più bassa di tutte , deve essere più picciola della seconda, e di poca altezza , dovendo lolamente servire per farvi cadere la Fecola turchina dell' Indaco, dopo, che precipitata nella Tina G. se le è levata da dosso F acqua. La prima Tina ( F. ) avr'a una sola cannella appresso al fondo (I.) colla quale poterne estraere tutta 1’ acqua . La seconda bisogna che ne abbia diverse dal basso ali' alto, una distante dall’ altra mezzo piede ( K. L. M. ) ; ma la terza Tina ne avr'a solamente una come la prima. Preparate le suddette tre Tine, e giunto il tempo della prima raccolta, s’ incomincierh a tagliare 1’ Indaco : e di mano in mano, che si ander'a tagliando, si farà portare nella prima Tina, empiendo della medesima solo tre quarte parti, acciocché 1’ acqua che vi si pone, non sormonti , quando 1' Indaco fermenta. Empita che si avr'a sino al detto segno la Tina, vi si getta sopra tanta acqua, che superi 1' Erba di circa mezzo piede , e si lascia cosi , fino che si vegga alzarsi la materia. Allora vi si porranno sopra delle sbarre di legno, e delle pietre, acciocché detta Erba se ne stia fott’ acqua: e lasciasi fermentare, fino che la fermentazione termini da se, che sarà allor quando f acqua si vegga ritornata alla sua primiera altezza ; cioè a quella che aveva quando vi fu posta. Cessata la fermentazione, bitogna pron- DI VARIE PIANTE. 35 prontamente aprire la Cannella della prima Tina , e lascia* re cadere tutta 1’ acqua, carica della sostanza dell' Indaco , nella seconda Tina, collocata perciò più bassa. Uscita che ne sia 1’ acqua, se ne tira fuori tutta 1' Erba , riponendo* vene di fresca nuovamente, se se ne avrà da tagliare : e procedendo in tutto e per tutto come prima. Raccolta 1' acqua, impregnata della detta sostanza colorisi* ca nella seconda Tina , si abbiano pronti due forti Remi di legno, in capo a ciascuno de' quali sia attaccata una secchia pure di legno , senza fondo, e che dentro abbia due legni in forma di croce, per dar maggiore scuotimento a detta acqua, li quali Remi colle secchie attaccate si veggono fig. ( N. N. ). Due Uomini gagliardi devono sbattere 1' a- cqua suddetta nella seconda Tina immergendovi ed alzandone reiteratamente, e con molta velocità dette secchie , fino a tanto che la schiuma s' alzi ali’ orlo d’ essa Tina . Alcuni sbattono detta acqua con una Ruota a Palette, girata velocemente , e collocata in modo che le Palette entrino ne 11' acqua. Allora cessando di sbattere , vi si getta un poco d' Oglio d’ Uliva, e s’ agita un poco insieme colla schiuma ed acqua; poi si lascia in riposo, che T Olio farà precipitare tutta la schiuma nel fondo. Indi si anderà di tratto in tratto prendendo sopra un piatto di Maiolica, o pure in tazza di Cristallo, della detta acqua, guardandovi per entro se vi si veggano molecole d’ Indaco. Quando vi si vedrà per entro la sostanza dell' Endego ( che prima vi era di- sciolta ) andarsi unendo, ed insieme aggrumolando, si getterà dentro la medesima Tina alquanta acqua di Calcina vi- va, agitandovela alquanto,e poi lasciando ogni cosa in quiete , fino che tutto 1’ Endego sarà precipitato , per virtù di detta acqua di Calcina. Quando si vedrà che la sostanza d' Indaco, o Endego precipitato, sarà discesa di sotto dalla pri- E 2 ma 3 6 COLTURA ED USI. ma cannella ( K ) della Tina, fi aprirà la stessa cannella, lasciandone uscire T acqua chiara : e cosi si anderà facendo di cannella in cannella , a misura che F Endego anderà cadendo al fondo, fino che tutta F acqua chiara , e spogliata di detto colore, ne sta uscita. Allora, aperta F ultima cannella ( M ) che è appresso il fondo di detta Tina , si fa cadere tutto F Endego ( il quale è come un fango liquido ) nella terza Tina ( H. ), dove si lascia in riposo tanto , che s’ addensi in modo da poternelo facilmente estrarre. Ridotto a tal segno, se ne lo cava fuori ponendolo in sacchetti di tela ad asciugarsi al Sole sopra letti di sabbia . Uscita che ne sia F umidità talmente , che abbia consistenza di pasta , si cava da' sacchetti , e riducesi colle mani in pani, o pure in tavolette, e sassi poi seccare perfettamente al Sole , o nella Stussa dentro Scatole di legno • il che fatto, si pone dove piace di conservarlo: e cosi hassi F Indaco, o Endego perse-» zionato, e vendibile . Altro modo praticato dagV Indiani dì preparar V Indaco , descritto dal Signor Giovanni Van Tivvijl Mercante della Società dell’ Indie . T Agliano li rami colle foglie di questa pianta , e dopo tagliati , li distendono al Sole per un giorno, poi li vanno prendendo , e mettendoli dentro vasi di pietra fatti per tale operazione , quali fono stati prima empiti d' acqua pura ali' altezza di un uomo . Agitano la materia di tratto in tratto con un legno lungo , affinchè F acqua ne cavi più facilmente la tintura. Quando detta acqua ha benissimo estratta la tintura delle foglie e fusti dell’ Indaco , la fanno cadere in altro vaso, dove la lasciano una notte in riposo , acciò la sostanza coloran- DI V A,R 1 E PIANTE . 37 rante, della quale è impregnata, se ne cada al fondo . Indi fanno uscire tutta 1’ acqua restata chiara , e pongono il Sedimento, che è 1’ Endego , dentro un pezzo di tela di tessitura rara , acciocché ne filtri fuori F acqua restatavi, e fanno poi seccare perfettamente questa Tintura al Sole in sacchetti di tela . Questo è F Indaco, o Endego, che preparano li Rustici Indiani; li quali, per accrescerlo di peso, tifano la frode di meschiarvi certa terra in polvere , che lo assomiglia nel colore : e vi uniscono anche dell' Oglio , affinchè riesca nuotante nelF acqua. Altro modo usato da Chìnejì. P Reparano F Indaco i Ghinesi, tagliando tutta la Pianta, e talvolta cavandola colle radici , e ponendo ogni cosa in Vaso, o Tina benissimo calcata : e gettandovi sopra tant' acqua , che benissimo tutta detta Erba cuopra, e sommerga. Cosi la lasciano ventiquattr ore a macerarsi, per il che fare nel nostro Clima ci vorrebbono due in tre giorni ; indi ne fanno uscire tutta detta acqua carica della tintura dell' Indaco . Gettano via tutta detta Erba stata in macerazione : e nell’ acqua impregnata della tintura , pongono alquanto di Calcina sottilmente stacciata, e ve la fanno benissimo incorporare , sbattendo F acqua fortemente con grosse verghe di legno, fino che soprannuoti una schiuma purpurea . La lasciano allora in riposo ventiquattr’ ore, nel qual tempo il color Endego cade al fondo , e poi ne fanno uscir F acqua, e lo pongono ad asciugarsi al Sole , fino che sia ridotto a consistenza di pasta, che formano in pani, e fanno seccare totalmente , esponendolo nuovamente al Sole. zL COLTURA ED U S /. Sperienze da me fatte Sopra la Coltura , e preparatone dell ’ Indaco . Eminai V Indaco a’ primi d’ Aprile dell' anno 1764, in terreno grasso , leggiero, e ben lavorato ; e quando fu. cresciuto ali’ altezza di quattro dita, lo feci zappare e netta* re dall’ Erbe cattive. Circa la metà di Maggio lo feci rizzap- pare, e calzare di terra : ed agli ultimi di Giugno presi le foglie , e le sommila d’ alcune di dette Piante , che erano cresciute ali’ altezza di circa un piede e mezzo , tagliandole più di mezzo piede sopra terra. Troncate che furono le feci zappare nuovamente, e ricalzare di terra, come si pratica di fare al Formentone, o Sorgo, e le feci innaffiare; lasciandole pòi senza ulteriore coltura , se non che di tenerle nette dall’ Erbe. A’ primi di Settembre , quantunque la stagione fosse andata assai secca, le suddette Piante d’ Indaco, eh’ erano stare troncate , giugno vano ali’ altezza di circa due piedi e mezzo ; ed a circa quattro piedi quelle, che lasciai intere. Delle foglie e rami, tagliati dalle Piante sopraddette al fine di Giugno , feci le seguenti sperienze . Così tagliate di fresco le posi in Vaso di Maiolica, e le coprj con tant’ acqua che le superasse di tre dita , caricandole con una pietra, affinchè se ne stessero immerse. Esposi il Vaso al Sole; visi suscitò fermentazione : e 1’ acqua s’ alzò, formando una (piuma violacea. Quando vidi 1 ’ acqua abbassarsi e ritornata alla sua primiera altezza, la feci passare in altro Vaso, via gettando 1 ’ Erba suddetta , restata spogliata della Tintura ; e quest’ acqua 1’ agitai fortemente, e velocemente, sbattendola con una picciola ruota dentata, conficata nell’ estremità, d’ un manubrio di legno, nel modo stesso, che saffi preparandosi la he- DI VARIE PIANTE. 3S > bevanda di Chioccolate , fino a tanto che vidi esservi formata sopra alta schiuma. Allora vi gettai dentro alcune goc- cie d’ Olio d’ Uliva , che fece tosto precipitare neli’ acqua detta schiuma : e continuai a sbatterla ancora fino che 1’ acqua stessa si vedeva ripiena di molecole picciolissime di color Endego . Ciò veduto , vi aggiunsi un poco d’ acqua di Calcina viva, ed agitai ancora tanto che i liquori si confondessero; indi lasciai tutto in riposo fino alla totale precipitatone dell' Endego, o Indaco al fondo del vaso. Seguita tale precipitatone , gettai destramente fuori del vaso 1’ acqua restata chiara; e posi il sedimento in Sacchettino a seccarsi ali’ aria. Secco che fu, lo cavai dal Sacchetto , e lo trovai Indaco di buon colore, quasi affatto simile a quello che ci viene di Guatimala. Ho replicato tale sperimento anche sopra le foglie e rami d' Indaco, tagliati in Settembre , e mi è riuscito egualmente. Ometto di riferire varj altri tentativi , fatti sopra tale Pianta , in picciola quantità , seguendo altri metodi dagli Autori insegnati , parendomi bastante d' avere descritta la suddetta sperienza, la meglio riuscitami; dal buon successo della quale mi sembra di poter con fondamento conchiudere essere 1’ Indaco un prodotto che potrebbe addattarsi anche ai nostro Clima. Sono persuaso che specialmente ( come dissi ) nelle Isole mariti me fosse per riuscirvi molto bene , e che se ne caverebbe un Endego tanto buono , quanto quello delle Isole Francesi , e della Carolina . Un Campo seminato di questa Pianta dovrebbe essere di rendita cosi grande, e di tanto maggiore di qualunque altro Prodotto de’ nostri Paesi, che bene valerebbe la pena di tentarne f introduzione . * Sa- ( * ) Anche neil Anno scorso r?6z. ho replicati i suddetti sperimenti sopra 1’ ìndaco con ■ottima riuicita ; e però tanto maggiormente ho coraggio di esortare chi può a tentare d' 4 o VOLTURA ED USI Sapendo che il Celebre Ltnneo indica alcune specie di Piante, dalle quali crede che si patelle cavar il color Ende- go ; e che M. Hellot nel suo Trattato di Tintura si mostra dello stesso parere , non ho mancato di raccoglierne d’ ognuna delle specie indicate, e di farne sperienze; ma ho conosciuto esser assai facile d’ avanzare delle congetture, ma difficilissimo di toccare nel legno senza s ajuto di sperimenti * Nessuna di tali specie m’ ha dato nè pure ombra di tintura, che ali' Indaco s avvicini . Il solo Guado, tra le Piante Europee , è quello , dal quale ho osservato ptodursi qualche picciola quantità di detto colore. Porle da questa pianta potrebbe riuscire di cavarsi dell' Endego con profitto ; ma per assicurarsi se in fatto ciò sia riuscibile , bilognerebbe farne delle sperienze in grande, usandovi tutta 1’ arte , e diligenza necessaria , e pià d' una volta replicandole ; il che non può farsi senza considerabile dispendio , per li preparamenti, e molta quantità di Guado, che vi abbisognano. d’ introdurne la coltura. Quello che ho coltivato nelP Orto è flato veduto con ammirazione da diversi prestantissimi Personaggi , e specialmente dal tanto benemerito delle Arti e del Commercio il Nobil Uomo Ecc. Sig, Niccolò Tron Cavalier , mai » bastanza lodato. DEL- 4i DI VARIE PIANTE ; DELLA RUBI A, O ROZA (îw 7 .s.) Sua coîtivaztone , e preparazione , s wotìfo servirsene nella tintura ec. A Rubia è una Pianta , delle cui radici preparasi una .1 ^ Droga detta volgarmente Roza, di moltissimo uso nella tintura, specialmente di Lane, dando essa un color rosso suo proprio molto forte e resistente, e servendo anche per ingrediente d' altri colori. Nasce spontaneamente in molti luoghi d'Italia, di Germania , di Francia, di Spagna , e dell' Asia : ed in molta copia se ne coltiva in Fiandra , in Olanda , neh’ Inghilterra, e nella Francia medesima, e fassene grande commercio. Di questa pure ( osservando che per noi forma un commercio passivo, che porta fuori dello Stato annualmente somme considerabili di danaro ) ho fatti molti sperimenti , per rilevare se possa riuscire anche nei nostri Paesi con utile, e felicita. Accertatomi, per quella eh’ io stesso ho coltivata , e di cui ne ho anche presentemente nell’ Orto , e per altre osservazioni , che potrebbe la stessa essere in molti dei nostri terreni un Prodotto di coltura agevole , e molto vantaggioso , ho per lo stesso buon fine accennato nella memoria sopra il Guado , scritta a comune utilità la presente Istruzione , che potrà servire di sicura norma a chiunque volesse porsi a coltivarne. Seguendo 1’ ordine della prima memoria, descriverò in primo luogo i nomi, co’ quali viene distinta , ponendovi dopo la descrizione Botanica, e sono li seguenti. Nominasi da Scrittori Latini Tomo L F Ru- 44 COLTURA ED USI Rubia tìnctorum. fati va . Bauh. pin. zzz. Tournef. Injì, R, H. 114. Rubia fati va. Bauh. hijì. 3. pag. 714. Rubia major. Lob. icon. 768. ciuf. hijl. ' Rubia officinarum, & Dod. pempt. 120. Rubia domestica. Matth. Dagl’ Italiani. "Rubia , Roga , Ery sbrodano volgare , Radice fossa. &c. In Greco . E’RTGPG'AANON > e Ligarì . In Arabo. Paavct , Favealsabagtn , A' Fuoy, Da’ Tedeschi. Ferberroet , Ó" Ferber Rad te* Da’ Francesi. Garance , o« Garence . Da’ Spagnuoli. Ruvua , Ruvia , R074, Garanga . In Inglese. Madder . . „ Ha questa pianta la sua radice perenne, lunga, e succo- sa, divisa per ordinario in molti rami: (.iVedi Tav. 7. fig. A. A. A., dove al naturale è rappresentata ) ed è della grossezza , poco più poco meno d’ un dito, al di fuori rossa, e nel mezzo ripiena d’una midolla di color croceo. Produce i suoi sarmenti, o fusti lunghi, quadrati, nodosi , asprissimì al tat* to , e vanno serpendo per terra . Le sue foglie sono ancor esse asprissime, a causa di certi sottili uncini sparsi nel contorno , e nelle costole delle medesime : e stanno attaccate intorno ad ogni nodo , disposte in forma di stella, ed aventi solitamente la lunghezza di circa due oncie ( vedi Tav. 8. fig. F. ). I suoi rami , nelle loro estremità , sono divisi in varj ramoscelli carichi di piccoli fioretti ( G. G. ) di color verde-giallo, composti d’una sola foglia, e divisi nel contorno in quattro o cinque, ed alle volte in sei parti , a guisa di Stella, ed ognuna di queste foglietto, o parti , ha la sua punta rivoltata verso il suo centro (H. H.). Vengono essi sostenuti dagli embrioni , i quali poscia crescono in bacche DI VÀRIE PIANTE; 43 che della grossezza d’ un pisello, prima verdi, e che quando sono mature divengono- nere, e ripiene di sugo. ( LI. ) K. indica il disegno della pianta appena nata dal seme.] Delia coltura della Rubi a , e prima dei terreni , che vi sono atti . 'Reste la Rubia in ogni sorta di terreno ben coltivato ; ed ingrassato come usasi per la canapa* ma non però in ciascuno ugualmente . Suole provar bene nelle terre mediocremente umide , dolci , e di buona qualità ; e specialmente nelle grasse arenose, e sabbiose , nelle quali , trovando le radici faciliti di penetrare per ogni lato , e di crescere , vi divengono più. lunghe , e più grosse, che in qualunque altra sorte di terreno . Alligna anche nelle terre tenaci e magre , ma vi fa radici sottili , ed il prodotto ne riesce 1 carso. Quest’ Erba è molto a proposito per i terreni che s* inondano , purché 1’ acque non vi stieno sopra troppo lungo tempo ; avendo io osservato che la stessa nasce spontaneamente , e vigorosamente vive in alcuni siti del Padovano alle ripe de’ Fossi, che nelle piene delle acque restano annegate frequentemente. Due sono i modi di coltivare , e di propagare la Rubia; uno cioè di seminarla , 1’ altro di trapiantarne i germogli, che si levano dalle piante invecchiate : e si 1’ uno , che 1’ altro può riuscire ottimamente , purché non si manchi della necessaria diligenza. Volendo propagare la Rubia pej seminagione , bisogna in Settembre principiare a preparare la terra , arandola profondamente .* ed agli ultimi d’ Ottobre devesi concimare , ed arare nuovamente. Nei fine poi del Febbrajo susseguente , o al principio di Marzo si riarerà ancora , e si ridurrà in va- F z neze 44 C 0 L T V R A E T) Ì7 Š 1 neze o Gombine della largezza di due piedi circa , spianan 5 * dole con buona erpicatura . Indi in ciascuna di tali vaneze si faranno per lungo tre piccioli Solchi, uno nel mezzo, ed uno per ogni lato , in modo tale che le file dei semi , da porsi nei medesimi , riescano tra se distami quasi un piede Questi solchi non devono essere più profondi d’ un palmo circa ; ed in essi si pongono i semi di Rubia, non però troppo spessi. Prima di seminarveli, devono essere stati ammolliti nel!’ acqua due giorni, affinchè germoglino più presto, e ne sorgano vigorosamente le piantereste dalla terra . Io ho fatto osservazione che quando i semi siano stati ammostiti prima di porli nella terra, nascono quasi tutti, ma che senza questa preparazione non ne nasce la metà , oltre che le piante dei primi crescono anche più facilmente. Subito seminati, bisogna coprirli di terra ; anzi di tratto in tratto, che uno ander'a spargendo i semi dentro i Solchi, bisogna che un altro lo vada seguendo , coprendoli di terra ali’ altezza di circa quattro dita , levandola da ambi i lati de’ Solchi. Terminato di seminare, e di coprire detti semi,’ bisogna ben spianarvi ed uguagliarvi la terra sopra con picciolo Rastrello a denti di ferro ; lasciandovi però rilevata questa, che, dopo d’avere coperti i semi, sarà restata intatta tra Solco e Solco. Quando si avesse il comodo di qualche acqua , sarebbe molto utile d’ irrigare il terreno seminato, se la stagione sia secca. Nate le piantereste di Rubia , e cresciute - ali’ altezza di circa tre dita, bisogna zapparle leggermente : e se il terreno sarà arenoso e sciolto , basterà sarchiare col Rastrello , estirpando le malerbe ; cioè tutte queste che non fono Rubia. Cresciute poi che saranno ali’ altezza di circa mezzo piede , si zapperanno di nuovo , e si calzeranno di terra ali’ altezza di quattro dita ,. servendosi di questa suddetta , restata rileva- DI VARIE PIANTE. 45 vàta tra i solchi; ne’ vi si far'a più altra coltura, se non quella di tenerle nette dall’ Erbe. Nel susseguente Autunno poi, o nella Primavera , avanti che la Rubia incominci a germogliare , si deve schiarirne le piante in modo, che quelle, che vi si lasciano interzate , siano tra se distanti circa un palmo: e dopo si zappano , e si ricalzano di terra. Tutte le piantereste, che saranno state cavate nel fare tale schiarimento, si trapianteranno in altro terreno, stato preparato come il primo, in cui furono seminate ; disponendole costo stesso ordine di solchi, e 1’ una lontana dall' altra un palmo, e coprendole di terra talmente- chè i loro capi restino sotterrati circa tre dita , e questa tignagli andò poi bene col Rastrello . Nel mese di Giugno, o di Luglio , cresciute le piante di Rubia, tanto le prime , che le trapiantate, ali' altezza d’ un piede circa, si calzeranno per un mezzo piede di terra i loro Gambi, acciò si convertano in radici buone per la tintura, come succede. Per calzare la Rubia in qualunque tempo, e con pochissima pesa, il miglior modo si è di farsi fare un picciol aratro , che possa essere agevolmente tirato da un Cavallo, e con questo andar facendo un solco tra una fila e T altra in modo, che la terra s’appoggi ai Gambi desta Rubia • e cosi, oltre il grande risparmio di fatica , si avrà. anche quello di facilmente estirpare 1' Erbe , che la danneggiano. Nei terreni grassi e ben coltivati le radici di questa Pianta si possono cavare, per uso delle Tintorie , in capo a diciotto mesi dalla sua piantagione , contando sempre dalla Primavera ; poiché, se la si avesse piantata in Autunno, non si deve contar per niente quel primo Inverno , nel quale non fa che tenersi viva. Ma nelle terre magre bisogna aspettare che sieno passati due anni, ed ancora più, affin* 46 COLTURA E D U S I affinchè le radici sieno, sufficientemente grotte, e pregne dì colore. In somma non li deve differire a cavarla, più del bisogno, perché 1’ utile verrebbe a minorarsi,, né si deve raccoglierla avanti che sia ridotta a perfezione; poiché le radici cavate troppo, presto, cioè avanti che giunte sieno a grossezza conveniente, non solo rendono la raccolta assai scarsa , ma anche di poca efficacia per la tintura, dando un colore più rancio che rosso, e poco sodo . De ve si però sapere che più che queste radici invecchiano , più anche si perfezionano e si caricano di colore, come puoffi vedere nella Rubia, che nasce spontaneamente in varj luoghi degli Euganei ec. Quando tali radici sono in istato da potersi utilmente cavare, le maggiori sogliono essere della grossezza d’ un dito , ed i loro rami sono più grossi d’ una penna d’ Oca. Tor- condole si rompono facilmente, e sono di pasta fissa, e con molta parte rossa : e nei seccarsi calano poco nella giustezza. Il modo poi di propagare la Rubia , non per seminagione, ma col piantarne i germogli, come ho sopra indicato, si fa come segue .. Potrebbono procurarsi tali germogli dai Luoghi, nei quali essa spontaneamente nasce, o dove si coltiva ; ma essendo che per questa via riuscirebbe il propagarla molto difficile e dispendioso, dove la medesima non siasi ancora introdotta; cosi devo arricordare che la maniera più facile si è quella di prepararsene un bastante vivajo , donde poterne cavare il bisogno, secondo le puntazioni, che si destina di farne. Per formarsi questo vivajo, si prepari un pezzo di buon terreno Ortivo, o altro simile, ben lavorato. Sia questo per esempio un quadro di quindici pertiche, per ogni lato, o pure un quarto di campo, che è duecentodieci Tavole . Per t> 1 VARIE PIANTE. 47 Per seminarlo vi è d’ uopo una quarta Padovana , o sia quartiruolo Veneto di semenza di Rubia, la quale, dopo d’ averla tenuta ad ammollirsi in acqua due giorni, si spargerà sopra detto terreno, come si fa seminando la Canapa. Fatto ciò , si ridurrà esso terreno in vaneze, o Gombine , larghe ognuna circa tre piedi, gettando la terra de’ solchi sopra le vaneze, e coprendo detta semenza , e spianandovela poi bene con Rastrello; col quale se ne leveranno le zollette dure di terra, ! sassi, se ve ne fossero , ed altre materie grosse, facendole cadere nei solchi. Nata la Rubia, e cresciuta ali' altezza di due dita, si sarchierà, o con Rastrello a denti di ferro, o con zappetta da Ortolani bicornuta, usando diligenza di non farle danno . Io non ripeto il modo di preparare la terra , ed il tempo da seminare la Rubia, che ho già sopra insegnato; e proseguirò a dire come se ne coltivi il Vivajo. Nel mese di Luglio si caverà la terra dai sopraddetti solchi colla vanga alla profondezza d’ un piede, e bene stritolata, si spargerà sopra le piantereste di Rubia, osservando di non sotterrarne le sommità dei rami. Si Iascierà cosi il vivajo fino alla susseguente Primavera ; venuta la quale si caveranno nuovamente i solchi come prima, e si copriranno tutte le vaneze desta terra da’ medesimi cavata ali’ altezza di circa tre dita; bene uguagliandovela sopra col Rastrello : e ciò deve farsi prima che principino a germogliare le piante. Altro non vi si farà poi fino asta metà di Settembre, a riserva di tenere il vivajo netto dall’ Erbe dannose : ed allora si potrà segare la Rubia per farne fieno. Nel Mese d' Ottobre sarà in istato da potersi cavare per farne le piantagioni; quali però sarà meglio di farle -in Primavera, avanti che le piante principino a moversi: e si procederà come se- gue. Si 4 s COLTURA ET) USI Si caverà, dal vivajo tutta la Rubia, e cavata se le staccheranno tutti i germogli, o buri , segnati nella Tav. 7. fig. 1, 2. 3. 4. dividendo ogni pianta in quante parti, atte a poter vegetare, che si potrà . Quei germogli, che avranno troppa lunghezza, si tagleranno in pezzi lunghi circa un palmo, facendo il taglio nel luogo segnato nella Tav. 7. fig. a. a. a. a. a., ma avvertendo che vi resti in ogni parte qualche gemma, o butone: Ved. Tav. 3. fig. c. c. c. c. c,, e tenendole guardate dal Sole, che così si possono tenere due o tre giorni senza riporle in terra. Prima di cavare la Rubia, bisogna aver preparata quella quantità di terra, che si vorrà piantare, nello stesso modo , che ho sopra insegnato, e ridotta in vaneze della stessa larghezza; nelle quali con un paletto si anderanno facendo dei buchi interzati distanti 1' uno dall’ altro un palmo, ed in file rette, distanti 1 ' una dall’ altra un piede> Nel mentre che uno anderà facendo detti buchi, un altro seguirà ponendovi un germoglio , o piantone di Rubia per buco, e coprendoli di terra in modo, che la sommità de’ medesimi resti sotterrata più di tre dita , uguagliandovi poi la terra sopra col Rastrello. Fatta la puntazione, vi si userà poscia la stessa coltura, e diligenze già insegnate , e che non ripeterò qui superfluamente. Introdotta una volta la Rubia, non si avrà piò bisogno, né di vivajo, nè di semenze per propagarla ; poiché, quando si cava per servirsi delle sue radici , vi si trovano tanti germogli da doversi necessariamente levare, che d’ un campo che se ne sia cavata, si trova da piantarne due , ed anche tre, e più campi, secondo che vi si vorrà usare diligenza nello scioglierli. Io ho sperimentato, che facendo propagini, o come dice- si, rifossando i rami della Rubia, nelli mesi di Maggio , e di 0 DI VARIE PIANTE. 4P di Giugno, si trasmutano tutti in tante radici ottime per la tintura . Facendo in cotal modo, da una loia pianta ho raccolto una libra di radiche perfette, e più di venti germogli da trapiantare ; quando colia coltura ordinaria non se ne hanno al più che da tre in quattro oncie, e lo stello numero ali' incirca di germogli . Nell' Autunno del secondo anno d' ogni piantagione, quando le Bacche delia Rubia faranno mature, se si vorrà averne la semenza , si faranno raccòrrò da Dorme , o da’ Ragazzi . In vece di ciò, si può anche far segare 1’ Erba colla falce, portarla sopra 1’ Aja, e farla seccare , andandola rivoltando colle forche di legno, come fasti al sieno, e bene scuotendola , acciocché le Bacche se ne stacchino ; le quali poi si nettano , si leccano, e si conservano per seminarle . Se poi non si aveste bisogno di raccogliere semenze, segata la Rubia, si lascierà seccare nello stesso luogo, sopra cui si è tagliata , facendone fieno , che si condurà al Fenile per cibo degli Animali nell’ Inverno, a’ quali serve d' ottimo nutrimento, specialmente a’ Buoi, ed alle Vacche, nelle quali produce abbondanza di Latte pendente al rossiccio , ed il cui Burro è giallo, e di buon sapore , come asserisce M. Duhamel ( a ). Come fi proceda nel cavamente e preparatone delle Radici della Rubia per uso de ’ Tintori . G iunte che siano le radici di questa Pianta alla loro conveniente perfezione, come sopra si è detto, per farne ufo, o commercio, bisogna cavarle, e prepararle. Le stagioni per cavarle sono 1 ' Autunno, e la Primavera: Tomo I. G e ( « ) Duhamel Elementi cP Agrìcolt. Tom. 2. pag. 297. j / 5 o COLTURA ED USI e quando si volessero impiegar verdi, si potrebbe principiare a’ primi d’ Ottobre , e continuare a trarle dalla terra, a misura del bisogno, fino al principio d' Aprile. Il cavamente principia a farsi da uno dei capi del campo, formando un fossetto dall’uno all’altro lato del medesimo , lunghesso, e vicino al principio della Rubia, e tanto profondo, quanto ali’ incirca lo sono le sue radici; il che si rileva collo scoprirne, andando esse più profonde ne’ terreni sciolti e dolci, e negli arenosi ec., che in quelli che sono forti e tenaci. Cavato tale fossetto, si va cavando la Rubia, facendo nel medesimo cadere la terra, per dar luogo a quella, che successivamente si anderù colle zappe, o vanghe tirando sempre alla medesima parte , fino che si sia giunti ali’ altro capo dei campo, e che tutta siasi cavata. Nel tempo stesso che le radici si nuderanno scoprendo, si faranno raccòrrò da Donne, o da' Fanciulli per minor spesa , e se ne fata scuotere la terra, che vi resta attaccata. Già la parte Erbosa si salì segata , e ridotta in fieno prima di principiarne il -cavamente» ; ma contuttociò , cavata che sia, se ne separa quella, che vi sarà restata ; e parimente se ne levano tutti i germogli inutili per la tintura , cioè quelli, che si veggono poco coloriti, de’ quali do le Figure i. 2. 3. 4, nella Tavola 3. Tali germogli si devono raccogliere con diligenza , per fare con essi nuove piantagioni di Rubia nel mo- f do sopra insegnato ; o nella medesima terra, come alcuni tifano per moki anni; o pure in altro terreno, preparato secondo le regole da me date. " Quando non si voglia più replicarne di seguito la piantagione nello stesso terreno, da cui siasi una, o più volte cavata la Rubia, vi si potrà seminare il Frumento, se salì in tempo d’ Autunno, o pure il Formentone, o sia sorgo , le sarì in Primavera . Questa pianta tintoria ha anche la facol- DI VARIE PIANTE . 51 facoltà di disporre il terreno a maggiore fertilità per 1’ altre piante : e però vi si avrà ubertoso prodotto per tre anni almeno, il quale sarebbe ancora più abbondante, se, in vece di segare 1 ' Erba della Rubia, si avesse lasciata ammarcire sul campo. Raccolse le radici atte alla tintura , si devono bene nettare dalla terra, e da ogn’ altra eterogenea sostanza, anche col lavarle, quando fosse necessario. Ma perché il lavamen- to sempre le danneggia, spogliandone la corteccia, che è la parte più tingente , sempre di qualche parte del suo colore , è ottima avvertenza di cavare le radiche stesse in tempo asciutto ; nel qual modo , portando seco pochissima terra, facilmente si nettano senza lavamento. Purgate che siano , bisogna farle seccare ottimamente , o nei Forni caldi , o nelle stufe ; indi macinarle , riducendole in farina grossolana, che poi si ripone in luogo asciutto in casse , o barili , ben guardata dall’ umido, dove si conserva fino ali’ occasione di farne uso, o vendita .* e questa farina di radici di Rubia è la Droga tintoria detta volgarmente Roza. Stimo superfluo d’ entrare in più minute circostanze sopra la preparazione d’ essa Droga ; giacché da chiunque si possono vedere gli Elementi d’ Agricoltura di M. Duhamel, colle Figure de’ Mulini che vi si adoprano; e parimente il Dizionario delle Piante del Miller. Devo però avvertire, affinchè niente manchi a questa memoria di ciò, che è necessario , che senza entrare ( almeno nel principio deli’ impresa ) nella dispendiosa costruzione delle macchine nelle dette Opere rappresentate; si può con sicurezza di buon successo servirsi di qualche mulino da Vallonia; o pure di quello , di cui ho data la figura nella memoria sopra il Guado, facile a trovarsi, non solo nelle Città, ma anche in molte G 2 Ter- 5 2 COLTURA ED USI Terre grosse : ed in mancanza di questi, possono anche adoperarsi le Pile da Tabacco , e simili. Le radici della Rubia, usate verdi, somministrano un color rosso molto più bello e più vivace , che adoperate secche : e però utile sarebbe, come insegnasi anché nel Museo Rustico della Real Società d' Agricoltura di Londra, di farle usare asti Tintori cosi verdi, tanto maggiormente che possono conservarsi in tale stato lunghissimo tempo. In questo modo si avrebbono delle Tinte bellissime, ed un grandissimo risparmio, non solo nella preparazione, ma anche nella Tintura • poiché seccandole , perdono quasi sette ottavi del loro peso. Adoprate verdi , cinque libre fanno lo stesso, che una libra di secche; e però vi si ha il risparmio anche nella quantità di circa tre libre per ogni otto. Potrebbono anche essere assai utili, impiegate verdi, per tingere in rosso il Cotone alla maniera orientale, come lo avverte M. Hellot nel suo Trattato di Tintura, e M. Du- hamel nel Trattato sopraccitato ; essendo fuori di dubbio , che F Azaì'a, o Izari, con cui gli Orientali tingono il Cotone di color incarnato, altro non sia che la Rubia. Questa specie di pianta riesce cosi attiva in questi nostri Paesi, che avendo io fatte diverse prove, e fatte anche fare da Tintori molto abili, sopra la Rubia da me coltivata, è riuscita sempre superiore di tintura a quella, che ci viene d' Ollanda, e d' Inghilterra; tanto adoperata verde, che secca. Egli è appunto per ciò che mi sono indotto a scrivere questa istruzione , desiderosissimo , per pubblico e privato vantaggio, che venga introdotta nello stato la sua coltivazione ; sicuro essendo eh’ essa potrebbe essere uno dei migliori prodotti per molte qualità di terreni, e specialmente per quelli soggetti alle inondazioni , come ho sopra accennato, de’ quali pur troppo ne abbiamo in quantità. Né DI VARIE PIANTE. 53 Ne solamente le radici della Rubia sono di grand’ uso nella Tintura; ma sono anche dotate di Mediche facoltà ; asserendo il Gran Boerhave ( a ) essere le stesse aperrtive , ed avere facoltà promovente 1 ' Orina, ed i Mestrui. Vengono per ciò usate utilmente nel!’ Idropisia, e nella Cachessia, e nelle Ostruzioni. La dose è da mezza Dramma, fino a due. La Radice della Rubia, data da mangiare agli Animali , ha forza di tinger loro le ossa, e talvolta anche i peli, e penne ; come scrivono classici Autori. Oltre la Rubia sopra descritta, ve n’ ha altra specie , chiamata da’ Botanici Rubia Sylveslris aspera; quae Sylvestris Dioscoridi. Bauh. pin. zzz. Vedi Tav. p. Rubia Sylvestris aspera Ravennensis Zanoni Nifi. pag. 486. Tab. 145. Rubia Sylvestris monspesulana major Bauh. hijì . 3. pag. 715 - Rubia erratica Tragt . Rubia Sylvestris vera Cordi . Rubia maxima Lob. oh. Questa Rubia nasce spontaneamente nei monti Rugane! , ed anche nei lidi marittimi, ed ha la struttura simile alla prima, ma è però in tutte le sue parti minore, ed è sempre verdeggiante , anche nell’ Inverno. La radice è molto piò serpeggiante, ed ha un colore al di fuori quasi simile a quello della prima, ma la sua midolla è più legnosa, e di color rancio-chiaro. Ha le sue foglie disposte, per lo più, a sei a sei, di color verde scuro, lucide al di sopra ; aspre , e molto più anguste, e più corte della sativa. Essa potrebbe!! propagare nei luoghi sabbiosi e sterili , specialmente marittimi, per cavarne con poca spesa qualche vantaggio. I terreni salsi sarebbono i più atti ; avendo io sperimentato, che ne’ medesimi riesce bene; ma difficilmente in ( « ) Boerhav. hist. plant. Hort. Lugduno-Batavî. 54 coltura ed usi in quelli , che di salso non partecipano : e non valerebbe neppure la pena di coltivarla in terre fruttanti , avendo le sue radici sottili, in confronto della vera Rubia, quantunque assai lunghee dando anche molto meno di colore. Falso è certamente che questa sia la specie più vantaggiosa per il Coltivatore, e quella, che appresso di noi maggiormente alligna; ma non è questo il solo errore, che si legga nelli tanti scritti che tutto di vanno pubblicandosi sopra queste materie d’ Agricoltura. Non è ancora noto 1' uso medico di questa pianta , ma gli Speciali frequentemente comprano le sue radici per quelle della prima specie, che è la vera. Questo è però picciolo sbaglio a fronte d’ altri più gravi, eh’ io stesso ho veduto accadere , e che qualche volta ho dovuto correggere. Modi di esìmere dalla Rubia Lacca per dipìngere , e miniare ; ed ottima per stampare tele dì sito , e dì cotone , resìstendo essa moltissimo ali’ anione di quelle cose , che la maggior parte dei colori alterano , o distruggono . S I prendono le radici della Rubia benissimo lavate e nette, e tagliate minute. Si pestano in mortajo di pietra, indi si pongono in caldaja con tanta acqua , che possa tenerle coperte, e con un poco di Lisciva, o d’ Allume carina, o di feccia, a discrezione , e secondo la quantità di dette radici, e si fanno lentamente bollire circa mezz ora . Dopo si gettano dette radici coll’ acqua, entro cui hanno bollito, in sacchetto di tela,stato prima bagnato, e spremuto, e si spremono al Torchio quanto più si può, acciò n esca tutta la tintura, la quale si farà di nuovo bollire fino alla consumazione della metà . Ridotta a questo segno, vi si aggiugnerà, per ogni Boccia da libra Veneziana , due oncie d’ Al- DI VARIE PIANTE. zz ss Allume di Rocca, e si farà ancora alquanto bollire . Si pone poi in vasi a raffreddarsi, nei quali deporrà la Lacca, che cade al fondo, lasciando 1 acqua chiara , che si deve diligentemente decantare ; facendo poi seccare essa Lacca , quale farà di buono e fortissimo colore. Chi volesse estrarre dalla Rubi a più quantità di Lacca, e più carica di colore, vi aggiunga, quando bolle la Rubia nella Caldaja , mezz’ oncia di Calcina viva per ogni libra di Rubia , passata però prima per lo staccio finissimo, ed avvertendo di prendere di quella bianca, con cui s’ imbiancano i muri, Da diverse altre piante della ijìessa classe della Rubia , sì può trarre color rosso simile a quello della medesima , anche per tingere ; ma essendo che la spesa superarebbe di molto V utile , mi contenterò solo d' indicarle , e sono le seguenti . Afperala odorata Linn. spec. plant. 103. Aspettila tinctoria Linn. spec. plant. 104. Galium Verum Linn. spec. piam. 107. Galium boreale Linn. spec. plant. 108. Galium Sylvaticum. Linn. spec. plant. (a) ( 4 ) M’ è accaduto di rilevare da uno Speciale di molta riputazione di Biadene, Villa del Trevisano , che in tutti quei contorni s’ usa nelle Specierie queste specie di Galio, credendosi comunemente eh’esso sia la vera Rubia. Quantunque sia questa un’ erronea supposizione, ho però osservato, sperimentando a tingere Lane colle sue radici , che somministra un color rosso ancor piti bello e vivace di quello cavato dalla Rubia selvatica Tav. 4. Questo Galio Selvatico abbonda talmente in moltissimi luoghi , che inedito di farne raccòrrò in quantità per sperimentarlo in grande e pubblicare poi il modo di servirsene per la tintura, colla sua descrizione , e figura ec,, se scoprirò in pratica che possa riuscire vantaggioso il servirsene. Come COLTURA ED USI , 56 Come fi proceda per tingere colla Rubin . I L modo di tingere colla Rubia è veramente a’ Tintori assai noto; ma essendo facilissmo, tanto servendosi delle radici verdi, quanto delle secche e macinate, credo bene d’ insegnarlo, potendo ciò riuscire di comodo , e benefìcio di molti, che non lo sanno, e specialmente alla povera Gente per colorirsi da se con poca spesa, Drappi di Lana in rosso bello, e molto resistente, e così pure robe, di seta e filicel- lo ec. Le robe, che si vogliono tingere , devono prima nettarsi^ o purgarsi, ed alluminarsi, senza di che non potrebbono ri- x cevere, nè ritenere il colore, e ciò si fa nel modo seguente. Alluminatone delle Robe di Lana , e di seta. P Er ogni libra di Lana , o di Robe , fatte della medesima; cioè Drappi, Calze, Berrette ec. Si pone in Caldaia netta tant’ acqua pura, che possa bastare a bene im- raergervele, e comodamente rivoltarle. Si fa indi bollire, e quando bolle , vi si getta dentro Tartaro buono in polvere un quarto e mezzo d’ oncia, o poco più, per ogni libra di dette Robe : e di lì a poco vi si mette Allume di Rocca oncie due e mezza, e semola di frumento un ottavo d’ oncia circa, già che poco più, o poco meno non fa male. Un poco dopo, sciolto che sia il Tartaro, e 1' Allume, vi s’ immerge la Lana, o Robe fatte della medesima, prima , come dissi, ben purgate e nette, e si fa bollire galiardamente, sempre rivoltando con legno esse Robe, per lo spazio di due ore. Dopo si cava fuori della Caldaja, e si fa forare, come DI VARIE PIANTE, 57 me dicono i Tintori, cioè si distende affinchè si raffreddi ; e cosi si lascia tutta la parte del giorno che avanza, ed anche la notte che siegue. Il giorno seguente poi si lava molto bene in acqua netta, e, se si può, corrente. Questo modo di alluminatone serve anche per qualunque altro colore, che abbia bisogno di tale preparamento per potersi attaccare. Il Tartaro non è però assolutamente necessario; ma è sempre bene che vi sia, perché rende il colore più aperto, e più bello, ed anche più sodo e durevole. Nel modo medesimo s’ alluminano anche le sete, filicel- li, ed altre cose di tal specie ; ma si deve avvertire che queste non devono bollire nel Bagno alluminato , nel quale sólamente s’ immergono, dopo che si sia levato dal fuoco , e che siasi raffreddato. Vi si rivoltano dentro a principio tanto , che il Bagno, o acqua, impregnata d’ Allume di Tartaro , vi penetri dentro per tutto : e fatto ciò, vi si lascia cosi immersa detta roba di seta tre, o quattr’ ore; cavandola poi, e nel giorno seguente lavandola, come si è detto della lana. f Alluminatone del Filo , e Cotone . Nche il filo di lino , e di canapa , ed il bambagie ^ o cotone, e le robe de’ medesimi composte , s’ al luminano, per tutti i colori, che ne hanno bisogno, nel suddetto Bagno freddo, nel modo stesso, e colla stessa dose insegnata per la seta ec., ma però senza porvi Tartaro. S’ avverta però , che volendoli tingere in color di Roza, o Ru- bia, prima d’ alluminarli è necessario di farvi altra preparazione , che da’ Tintori dicesi ingallare, o toccare di Foglia, 0 Foglietta. Questa si fa, ponendo due oncie di Galla d’ Istria in pol- Tomo /. H vere, z 8 COLTURA ED USI vere, o pure una libra di Foglia secca , detta Foglietta dì Sgodene, o di Romagnina ; cioè del dotino coriario ( Coti- nus coriaria, o Rosolo ) per ogni libra di filo ec., in Caldaia con tant' acqua pura che basti. Si fa bollire circa mezz' ora ; indi si leva dal fuoco, si lascia raffreddare, e chiarificasi: e si decanta in altro vaso il Bagno chiaro , nel quale poi s immerge detto filo ec. lasciandovelo dentro circa un quarto d’ ora, spesso rivoltandolo. Fatto questo , si cava il filo , o altra roba che sia, dal detto Bagno, e si spreme ottimamente; poscia s’ infonde nel Bagno d' Allume, alluminandolo nel modo sopra descritto a freddo, e poi lavandolo dopo che siano passate ventiquattr’ ore, o più. Il Filo, ed altre robe di lino, e di canapa, con questi preparamenti, si dispongono a ricevere, benché non così facilmente , anche il colore della Rubia ; ma il bambagio, a dir vero, affai scarsamente se ne carica: ed in questi nostri Paesi il modo di tingerlo, come sassi nell’ Oriente, è ancora sconosciuto . Modo di tingere in Color di Rubia . P Er ogni libra di lana , o di robe di lana alluminate , come ho sopra insegnato, si pone in Caldaja, in sufficiente quantità d’ acqua pura mezza libra di Roza, o Rubia secca e macinata, o pure circa due libre e mezza delle sue radici verdi pestate ; avvertendo, che quando si getta la Rubia nella Caldaja, 1’ acqua sia ancor fredda, o solamente tepida : e subito vi si aggiunge un ottavo d’ oncia circa, o poco più di semola di frumento per ogni libra di lana ec, come sopra. Vi si fa fuoco sotto, facendo scaldare tanto il Bagno, che sia per fiorire, come dicono i Tintori; ma che però non bolla. Allora vi s’ immerge la detta lana , DI VARIE PIANTE. $p na, e vi si tien? circa un quarto d’ ora , sempre rivoltandola , e facendovi fuoco che dia qualche bollo. Se si facesse bollir troppo, o che bollisse avanti d’ infondervi la lana, il colore diverrebbe meno bello, e rugginoso.- e però sopra ciò de ve si stare attenti. Il segno, che la roba s abbia bevuto tutto il colore del Bagno, si manifesta chiaramente alla vista; poiché, quando ciò sia seguito, esso Bagno resta chiaro con poca tinta pendente al Cannellino. Veduto ciò, si cava la lana dalla Caldaja, e bene si lava in acqua pura, e corrente, se vi sia questo comodo, e si fa asciugare . La seta ed altre cose del suo genere alluminate come sopra , si tingono colla stessa dose della lana, a Bagno ben caldo, vicino al bollire, ma che però non bolla: e cosà pure si devono tingere le robe di lino e di canape ec., le quali devono essere assai più gagliardamente alluminate che la lana , e la seta , stantechè molto difficilmente ricevono questo colore. In vece della quantità d’ Allume sopraindicata , bisogna nel Bagno della loro alluminatone perverte di più, cioè da sei oncie circa per ogni libra delle medesime. Li Tintori, dopo che nel primo bagno di Rubia hanno tinto ciò , che vogliono resti di color rosso proprio di tale droga , sogliono prendere un poco di detta semola, con nuova dose di Roza ; porla in qualche vaso con acqua solamente ben tepida, per scaldarla lentamente che non si scotti , bene colf acqua mescolandola : e gettarla, dopo che sia cosi ammollita , nel Bagno bollente restato nella Caldaja . Quando abbia comunicato il suo colore a detto Bagno, vi tingono quelle cose, che vogliono ridurre in colore di marrone, o d’ altri simili atti; ai quali le fanno poi pervenire col farle passare per la tina di scorze di radici di negata. Terminerò questa 'memoria, avvertendo che bisogna guarii 2 darsi ' 6ó .COLTURA E tì USl darsi dallo scottare la Roza a principio , quando la si getta in Caldaja, perché si guasta ; che se si vuole il suo colore bello , vivace, ed infuocato , non si deve mai lasciarla bollire avanti d 1 infondervi le robe , altrimente diventa rugginoso : e che se si volesse un color carico oscuro, pendente al marronato, basta aggiugnere al Bagno un poco d' Allume cattino, o di qualcssi altro Sale alcali, o di Lisciva, o anche d’ acqua di Calcina ( ma questa solamente per le lane ), che si avra 1' intento. DEL P L A T A N O ( Tav. io, ) Platanus orientalis verus Park - P Ariate avendo di varie piante tintorie non voglio om- mettere di dire qualche cosa anche del Platano , giacché ho rilevato eh' esso può somministrare un color rosso, oltreché può servire per altri moltissimi usi. Il Platano , pochissimo conosciuta , e meno coltivato in questi Paesi, è uno degli arbori grandissimi, e bellissimi; e fu in tanta estimazione appresso gli Antichi , che solamente per godere della sua amenissima ombra lo ferono trasportare per il Mar Jonio nessi Isola di Dioméde, indi in Sicilia, e poi a Roma . Si legge che in quella Capitale del Mondo furono i Platani in tanta considerazione , che, per allevarli, si abbeveravano lungo tempo le loro radici col vino . Plinio ci lasciò scritto (<*'), che primamente celebrati furono quelli della Loggia dessi Accademia d' Atene, dove crebbero ali’ altezza di più , che tremasti cubiti . N’ era uno famoso in Licia sopra una fonte, dentro il quale eravi una spelonca ssi ottantaun piede di circonferenza , e di molti piedi d’ altezza, ( « ) stiri. 2. Hist. naî. Tom. 2. pag. zz8. cap. X. DI VARIE PIANTE . Si za, sopra cui s’ ergevano i rami a guisa di grandi Arbori, mandando la loro ombra assai lontana r e dentro tale caverna eranvi anche dei sedili tutt’ intorno di muscose Pomici. Era questo grossissimo Platano di tanta ammirazione, che Ideino Muziano tre volte Console, e poi Legato di quella Provincia , lo giudicò degno di lasciarne memoria a’ Posteri. Cajo principe riferisce che nel Contado di Veletri vi era un Platano, che, con suoi rami di sopra faceva tavolati, come Palchi, o Solari, e con le travi dei rami più baffi faceva ampj scanni , nel mezzo de’ quali stava la tavola, ove con esso Cajo mangiavano quindici convitati in una cena, cui esso diede il nome di nido ec. Anche Erodoto ci fa sapere ( b ) che Xerse trovò un Platano passando per la Lidia, ai quale, per la bellezza, appese un monile d’ oro : ed Eliano (e) parlando del Platano, amato da questo Principe, dice Platani umbra adeo deleUatum suisse Xersem in Lydia , ut diem integravi sub ea consumpserit , nulla posìulante necessitate , & cafra posuit in solitudine circa Platanum . 8cc. Tralascio le moltissime altre cose dette dagli Antichi in lode di questo nobilissimo Arbore , non essendo mio scopo che di trattare dell’ utilità, ed usi economici delle Piante : e solamente ho riferite le suddette memorie, affinchè dalla riputazione in cui era in que’ remoti tempi , s’ impari a servirsene anche nella nostra coltissima età . Si fa ora tanto uso ne’ Viali, ne’ Giardini , Parchi &c. degl’ Hyppocastani, detti Castagnoni, e Castagne d’ India, i frutti, e legno de’quali non sono si può dire , d’ alcuna utilità . Egli è certo che il loro legno non può impiegarsi utilmente in alcun lavoro , sia civile , o rustico , essendo esso di pochissima duragione ; nè può riuscire gran fatto vantaggioso per alimento ( i ) Erodoto hîft. Greca parte 2. Iibr. 7. pag. 18. ( e) Sdiam vari* hist. lib. 2. pag. 39. Cap, 13, <52 COLTURA ED USI to del fuoco , producendo poca e debole fiamma . Anche i suoi frutti maturano in così scarsa quantità , che , ancorché non fossero inutili per la loro somma amarezza, non vi potrebbe essere un grande profitto a raccorli . L’ essere i suoi frutti , e la corteccia antifebbrili non fa neppure che sia questa pianta d’ un gran pregio, quando ne abbiamo ne' nostri Climi molt’ altre di maggiore efficacia , che vi nascono, spontaneamente » Non sarebbe dunque molto meglio d’introdurre i Platani, piante ancor più belle , e che possono servire utilmente a varie cose , come farò rimarcare. Se però vi fosse chi desiderasse di avere maggiori notizie di questa speciosa pianta,' legga Teosrasto : opera omnia : Discoride, Plinio &c. Io ho veduti dei Platani nella Valle di Caprino del Veronese sopra la ripa d’ un Torrente , in una Villa, che da’ medesimi ha il nome di Platano , li quali , oltre ali’ essere d' insigne altezza, sono anche tanto grossi, che quattro uomini non potrebbono abbracciare il loro Tronco : e tre ne sono atiche neh' Orto Pubblico assai grandi . Tralascio, di descrivere 1' esterna forma, o abito di que ss arbore , parendomi sufficiente di dare la Figura d’ una sua foglia, ed’ un racemo de’suoi frutti, che ho delineati al naturale, come mostra la Tavola io., essendo ciò attissimo a. farlo distinguere da qualunque altra specie. Coltura . N Asce il Platano spontaneamente nelle parti Orientali, ed ora anche in Italia in quei luoghi , nei quali avverte alcuna pianta : ed ama terra leggiera, luogo umido, e particolarmente le ripe de’Fiumi; nè teme freddo, e propagasi facilmente con margotte , ed alle volte anche impiantan- DI V A \1 E PIANTE, 6z tando dei rami . Nasce pure di semenza , ma non bisogna seminarlo se non che ne’ luoghi incolti , e tra le fiflure delle pietre ; si trapianta in Autunno , ed in Primavera, e cresce facilmente. Io ne feci venire diverse piante dalla suddetta Valle di Caprino per S. E. N. U. Sig. Ab. Filippo Farsetti mio Benignissimo Padrone, le quali in quattro anni sono cresciute ali' altezza di circa sei in otto piedi , quantunque sieno in terreno alla loro natura non molto confacente . Uso economico . I L Platano , oltre 1’ esser uno dei bellissimi arbori da potersi impiegare, come dissi, nei Giardini, e da fare dei Viali, Parchi, Boschi, e vedute ; serve anche il suo legno da farne Stipi, Armadj, Cornici, Tavolini, ed altre simili cose molto vaghe, per le di lui macchie e vene curiosamente intrecciate , e scherzanti. Ho scoperto che può anche servire alla Tintura per trarne un color rosso , adoperandolo nel modo stesso del legno chiamato Verzino ; la difficoltà di poter avere d’ esso legno in copia, specialmente di quel vecchio, che è il più carico di colore, non m' avendo permesso di poterne fare sperimenti in grande , non so presentemente che indicare questa sua tingente facoltà ; della quale mi sono assicurato con varie prove in piccolo, Uso Medico . D loscoride dice che la decozione delle foglie tenere del Platano, fatta nel vino, giova alle flussioni degli occhi , e che guarisce le infiammazioni , ed i tumori. La scorza bollita neh' aceto è rimedio al dolor de' denti : ed i frutti, quan- J <4 COLTURA ED USI quando sono teneri , pestati , cotti, e bevuti con Vino, dicono giovare al morso de' serpenti. La scorza torrefatta, ed anche ridotta in cenere , guarisce le scottature , e 1’ istesso fanno i suoi frutti, o pillole. La polvere, fatta delle foglie secche del Platano, è ottimo rimedio a’ Fanciulli &c. , che pisciano in letto dormendo. Del Salice , detto volgarmente Salgaro , chiamato da' Botanici Salix vulgaris alba arborescens . Bauh, pin. 473. Sali» matti* ma fragilis , alba , birsuta . Bauh. hist. 1. pag. 212. &c. I L Salice è arbore tanto comune e noto , che non abbisogna di descrizione, nè che ne dia la Figura, e però mi riduco a indicare' gli usi, a’ quali ho rilevato con sperimenti che potrebbe servire. La sua scorza, e specialmente quella delle radici, potrebbe adoperarsi nelle Tintorie per tingere in colore di cannella chiaro , ed aggiungendovi un pochette» di vetriuolo, in color di cannella scuro ; il che fa anche il legno vecchio, ma con più debole effetto . Se ne potrebbe anche cavare Lacca dello stesso colore, con poca spesa, per istampare tele, 8 cc ., colorire carte, miniare , e dipingere. Per esitarne la tintura io mi sono servito della lisciva, fatta di ceneri ordinarie ; mettendo della suddetta scorza, minutamente tagliata , in un vaso e versandovi sopra tanta di detta lisciva , quanta poteva bastare ad esitarne il colore , lasciandosela in infusione alcuni giorni, e facendola poi bollire in Caldaja di Rame.In questo modo la lisciva si carica tanto di colore che pare veramente sangue : e per tingervi lana , seta..., filo &c. , bisogna diluirla con acqua , e procedere secondo 1’ arte, e si avranno tali cose in detto colore di cannella. Per DI VARIE PIANTE , COLTURA ED USI comperati a vilissimo prezzo , non pare che riuscir potesse vantaggioso di raccoglierlo per tale oggetto. Le carte di tante specie fatte industriosamente da alcuni moderni Filosofi, non sono ( almeno per la massima parte ) che oggetti di curiosità, e da Gabinetti di Storia NaturaleSono però degni di molta stima quelli, che con istudio, fatica , e spesa s applicano a scoprir cose, che possano riuscir utili agì' Uomini : e quantunque tra un numero grande di ritrovamenti, solamente alcuno ne fosse d’ effettiva considerabile, utilità , iL loro tempo verrebbe ad essere molto bene impiegato . Sono più anni , e molto prima che uscissero le Opere ^ che ora abbiamo in proposito dell' invenzioni di far carta di varie non usate specie , eh' io meditava sopra il medesimo soggetto, come è noto a molti de’ miei Amici ; ma la difficoltà, chequi trovo di farne fargli sperimenti ; la poca importanza, che mi pareva di vedervi: e la molto maggiore, che conoscevo di dover invigilare sopra cose molto più utili ed interessanti , ha fatto eh’ altri abbiano la gloria dell’ invenzione ; la quale sarebbe molto maggiore , se alcuni d' essi non avessero esagerato, pubblicando calcoli di rendite più che quadruple del vero. DEL BERBERI S. (Tav. n.) I L Berberis è una pianta affatto incognita ne’ nostri Paesi ali' Arte Tintoria, benché ne abbiamo , come dirò più a basso , in grandissima copia. Ciò nasce dalla negligenza, che regna ne' Tintori,che non sogliono fare, nè rintracciare niente più di quello hanno imparato da’ loro antecessori. Il Berberis dunque è un picciolo Brunice , che non eccede ( nei luoghi, nei quali nasce spontaneamente ) 1’ altezza di quattro , o di cinque piedi / ma di quello coltivato ne- Dì V A R ì E PIANTE. y t negli Orti , e nelle siepi ne ho veduto di cresciuto ali’ altezza di circa sette piedi , e col suo tronco della grossezza à' un braccio umano . Cresce retto , diviso in molti rami armati di lunghi spini , disposti a tre, a tre. Ha le foglie dentate, o sia contornate di sottilissimi spini. I suoi fiori nascono in grappoli pendenti , di color giallo , composti di sei foglie caduche. Le sue bacche , o frutti sono ancor esse disposte in grappoli di color rosso , di figura ovale , di sapor accido, succose, e contengono nel mezzo un seme lunghetto , e tal volta due. La figura,che ho disegnata nella Tav. io. è d' un ramo della medesima pianta delineato al naturale, quale può bastare per far conoscere il Berberis anche a quelli , che non fanno nè pur leggere. Nasce questo bel frutice e degno d’ essere coltivato , in diversi luoghi d’ Italia, e di Germania Lcc., e particolarmente nelle colline, e bassure vicine alle montagne . Io ne ho veduto in così grande quantità nelle Valli del Friuli , andando alla Pontiebba, che restai veramente sorpreso osservando che tutte quelle Vallate parevano coperte d’ un rosso manto, per la grandissima copia de' frutti , de’ quali erano cariche le dette innumerabili piante di Berberis. Anche nella Valle dell’Adice ho vedute moltissime siepi di questa pianta: ed assaissimo ve n’ ha anche nel Trentino , e nel Titolo, dove ho inteso cavarsi da' suoi frutti, prima fermentati, ottima Acquavite. Fiorisce il Berberis nel mese di Giugno , e matura i suoi frutti nell’ Autunno : e però viene chiamato con varj nomi, ecco li principali. Berberis dumetorum. Baub. pin. 454. Toumef. Jnjl, 614. Berberis vulgo qua Oxyacantha putata . Baub. hifì. 1. pag. 52. Spina acida, live oxyacantha Dod, pempt. 750. Crespinus Mattbìoli, Amir- 7r COLTURA ED USI Amirbaris Avicena. Dagl’ Italiani, Spina sanila , Spina Cbrisli , Spina acuta , e crespina . I Francesi. Espine-vinette « economici , e Medici . I L Berberis, oltre T essere bellissima pianta da farne siepi da Giardini , e campi , che specialmente nell’ Autunno forma vaghissima veduta col rosso corallino vivacissimo de’ suoi frutti, può servire anche agli usi seguenti. Il suo legno, e particolarmente la radice , tagliata minutamente , come si fa del legno Verzino , si può conservare per 1'.uso de’ Tintori, per tingere in giallo bellissimo. Volendosene servire , si pone di detto legno minutamente tagliato dentro lisciva forte , lasciandovelo fino a tanto che la medesima sarà tinta d’ un color giallo carico , allora si mette detta lisciva e legno dentro d' una Caldaja al fuoco con tanta acqua che basti a raddolcire il caustico della lisciva , onde non possa recar danno alle cose da tingersi ; e dopo che avrà bollito più di mezz’ ora, vi si potranno tingere Lane, Panni, Sete, ec., preparate prima secondo l’Arte , che si avranno colorite in giallo vaghissimo . La scorza del Berberis dà un color giallo molto più vivace di quello del legno, e perciò in alcuni paesi se ne servono per tingere i ^sarrocchini, ed altre sorte di Pelli. I frutti del Berberis, raccolti quando fono maturi , servono per far conferva , e sciroppo rinfrescante , stringente, e corroborante . Usasi questo sciroppo , o conserva in bevanda con acqua fresca nelle stagioni calde , e riesce molto grata, e salubre, ed estingue la sete . Giova moltissimo tale bevanda nelle febbri maligne , e pestilenziali, ed è prestantissimo rime- Dì VARIE PIANTE, yf rimedio ai flussi biliosi di ventre ; corrobora lo stomaco , ed eccita 1 ’ appetito. Bisogna per altro guardar di non dare di tale bevanda alti temperamenti di stomaco troppo freddo , e ciò raccomanda il Celebre Hossmano, dicendo : Tu vero ante o~ mnia vide ne ventriculus Jìt frigidior . Sìquidem avida minus conveniunt illis , quorum ventriculus cibos tardìus toncoquit , tum ob caloris aut potius spirituum deseHum in hujus visceris succo , tum ob ejusdem succi tenacitatem , quam acida semper au - gent . Il Vino cavato dagli stesti frutti si conserva per gli stessi usi. I Semi del Berberis secchi e polverizzati, sono potentemente astringenti,e perciò se ne dk al peso d’una dramma nelle flussioni di ventre, e nei flussi bianchi delle Donne. La decozione della seconda scorza, fatta in Vino bianco, o in altro liquore, si d'a con grandissimo giovamento agì' iterici. Messa in infusione in Vino bianco per lo spazio di 4., 0 5. ore esso purga mirabilmente il corpo. DEL RHAMNO CATHARTICO, O SIA SP 1 N CERVINO. Specie 1. (Tav, 13.) N Asce il Rhamno cathartico in luoghi incolti , comunemente tra le siepi, e boschi , specialmente alle ripe de’ fosti, e de 1 fiumi . Cresce ordinariamente ali' altezza di otto, o dieci piedi, e coltivandolo diviene anche a grandezza arborea ; avendone io uno veduto alto da trenta e piò. piedi, ed il cui tronco aveva più d’ un piede di diametro. I suoi rami sono armati di spini, ed ogni ramo , e tutti i ramoscelli finiscono in punta acuta,e portano le loro foglie, ora opposte una ali’ altra , ora alterne , liscie nella superficie , dentate minutamente nel loro contorno , e moltissimo rassomigliami a quelite del Pruno , se non che sono un po* chetto più rotonde , e più consistenti (A.A.)- ed al Pruno Tomo I, K s’ 74 COLTURA' ED USI s avvicina anche assai colla tessitura, e colore della sostanza legnosa. I fiori nascono in gran copia alle ascelle delle medesime foglie , di color verde , e composti d’ un sol pezzo, ma divisi in quattro parti, ed alle volte in cinque, sostenuti da un picciol calice (B. B, ). Caduti i fiori, succedono le bacche, le quali, prima sono verdi, e poi nel maturarsi divengono nere, ripiene d' un succo vinoso, pendente al verde di sapor un poco amaro. Ogni bacca contiene, ora due,ora tre semi, ed alle volte anche più, ma assai di rado. Quando sono secche divengono quadricche, ( C. C. ), di colore oscuro. Fiorisce il Rhamno cathartico nelli mesi di Maggio, e di Giugno, e matura le sue bacche in Autunno. I Latini lo chiamano Rhamnus catharticus. Baub.pin. 478, Baub, hift. 1. pag . 55. Tournef. Irtjì. Zp z. Ray hifì. 1 Rhamnus catharticus, live solutivus. Dod. pempt. ypó. Rhamnus solutivus, live spina infectoria vulgaris. Park* Spina infectoria Matth, 158. Bellonii , Lo belii , Cìnsi &c. Spina cervina vulgo Gesneri . Merula Offmani 74. Gli Italiani lo nominano Spino cervino , Spino guer%o , Spino da tingere , e Spino merlo , per esser i Merli avidissimi delle sue bacche. I Francesi , Bourgespine , Nerprun , ou Noirprun . I Tedeschi Weghedornbeer , Wegdoron , Ferbk°rner , Fer- beur . &c. Gli Spagnuoli, Avarem . Le Bacche del Rhamno si colgono in differenti tempi per uso della Tintura , e della Pittura ; cioè in Luglio quando sono verdi, per servirsene da tingere in giallo: in Agosto ed a’ primi di Settembre, quando sono appena mature, per farne color verde : ed in Ottobre, quando sono passate di maturità , per esitarne colore violetto . La scorza del legno si DI V A 7^1 E PIANTE. 75 può raccogliere in ogni tempo, benché il più acconcio sia la Primavera : e la medesima serve pure per tingere in giallo , ma di molto inferiore a quello delle bacche. Uso Economico . I L Rhamno cathartico, oltre a' colori, che utilmente som- ministra, è anche Arboscello di sufficiente bellezza da potere occupare il suo luogo nei Giardini : ed e comodissimo da porsi nei siti , nei quali si vogliono richiamare gli uccelli, che vi vengono attirati dalle sue bacche, loro cibo gratissimo. Il Garidel nel suo Trattato delle piante dei campi Aqui- setiensi , parlando di questa pianta dice, che , innestandovi sopra il Pruno, o il Ciriegio vi attaccano, ma che le Prune e le Ciriegie che produce sono purganti , quanto le bacche dello stesso Rhamno . Le bacche, raccolte verdi, si seccano al Sole, e si conservano per uso delle Tinture in giallo , in verde, in limona cino, ed in varj altri gradi di consimili colori . Quel colore , detto da’ Droghieri , e da’ Pittori Giallo santo, viene composto col sugo di queste bacche immature , e con gesso bianchissimo d’Alabastro, o di Scagliola, finissimamente macinato , e fatto in pani. M. Duhamel, parlando di questa pianta dice , che somministra una buona tintura gialla, di cui sassi grand’ uso per tingerne drapperie: e che li Pittori ss a olio, che in miniatura, si servono delle sue bacche, dopo d’ aver incorporato il loro colore in una materia terrosa , che sovente è la base dell’ Allume , e d’ averne fatto quel colore , che chiamano Stil-de Graine. Anche M. Sa vari dice quasi le medesime cose, nel suo Dizionario del Commerzio; e che K 2 delle 76 COLTURA ED USI delle bacche immature verdi, se ne fa del giallo, lascian- ' dole macerare lungo tempo neh' acqua, chiamandosi Grana d’ Avignone, perché cola molto se ne prepara. Dalle bacche, raccolte quando sono appena mature, si cava il succo, spremendolo ben bene col torchio, o con altro strumento, avendole prima benissimo peste ; questo succo si fa bollire fin tanto che sia svaporato, e ridotto a consistenza di mele, mettendovi allora dentro un poco d' Allume, e lasciandolo ancora bollire un poco, poi levandolo dal fuoco, agitandolo bene, e lasciandolo raffreddare. Raffreddato che sia, bisogna metterlo dentro vesciche di Bue , o di altro animale , esponendo poi le vesciche al Sole, o pure attaccandole su per il cammino a seccarsi. Secco che farà, si conserva per venderlo;, ed è quel bellissimo verde, tanto ricercato da’Pittori, che lo chiamano verde di Vescica. Si può anche conservare il suddetto succo, senza farlo bollire al fuoco, mettendolo dentro Boccio di vetro ben otturate . Io ne conservo da tre anni, ed è ancora tanto bello , quanto se fosse recentemente estratto: ed è cosa mirabile , e curiosa a vedersi , che essendo esso dì color di vino rosso, scrivendo col medesimo, o miniando carte , si trasmuta subito in bellissimo verde, senza ajuto dell’ Allume . Si può scrivere collo stesso quanto piace senza timore che mai più svanisca ; ma bisogna però aggiungervi conveniente quantità di Gomma Arabica, volendosene servire per ieri vere, o per miniare , acciò non trascorra : e ciò può farsi nel tempo stesso, che si pone il succo delle bacche dentro le Boccie ,* mentre, cosi facendo, lo si avrà sempre pronto per detti usi. Dalle bacche raccolte in Autunno, cioè quando sono sommamente mature, si cava il succo, e si condensa e conserva nel suddetto modo, per colorire in violetto , o sia pavonazzo. Il DI VARIE PIANTE, 77 II legno del Rhamno diventato a grandezza arborea, può servire per farne lavori; cioè Tavolini, seggiole, e cose simili, essendo legno assai bello, e di color, simile a quello del ciriegi0, e più duro. I Uso Adedìco . L A seconda scorza del Rhamno catàrtico, come pure le sue foglie, bollite nel vino , con un poco di Allume servono mirabilmente per sanar 1' ulcere, che vengono alla bocca gargarizzandosi di tratto in tratto con tale decozione^ Le bacche sono purgative, e si stimano buone nelle malattie croniche : Dioscoride lib. 1. cap. 101. Una dramma, e mezza della sua polvere mescolata con alquanto di sciroppo di cedro, o di conserva d'arane), giova nella Paralifia, nella cachessia, nella sciatica, ne' Reumatismi, e nelle oppilia- zioni. Lo sciroppo delle stesse bacche possiede uguale facoltà, e se ne prescrive da un' oncia sino a tre. Si avverta che questo è rimedio assas potente, onde ci vuole discernimento e cautela nel!' adoperarlo , mentre non solo purga validamente per secesso; ma anche, eccedendo la dose moderata, pro- move il vomito. DEL RHAMNO CATHARTICO MINORE- Specie 2. ( Tav. 14. ) I L Rhamno catàrtico minore è un picciolo fruticetto, che non cresce a maggiore altezza di tre, o quattro piedi , ed i suoi rami si spargono vicini a terra . Le sue foglie ali’ intorno sono minutamente serrate, e non sono niente più grandi di quello rappresenta la figura d' un rametto della medesima pianta, da me delineato al naturale nella Tavola 78 COLTURA ED USI 14. Li fiori, sono affatto simili a quelli della prima specie, ma più piccioli, e le bacche sona meno sugose, forse per la sterilita de’ luoghi, nei quali nasce spontaneamenteed i suoi rami sono più spinosi. Cresce questa feconda specie di Rhamno in varj luoghi d’ Italia , di Francia, e di Germania. Io ne ho veduto in quantità nel contorno esterno delle mura di Verona, particolarmente alla parte del monte, fuori della porta detta del Vescovo. LÌ Botanici chiamano que* sta pianta Rhamnus catharticus minor. B/mh. pin. 478. Rhamni soluti minor species Camerari Spina infectoria puntila prior Ciuf. hifl. Conviene moltissimo la nostra seconda specie di Rhamno col Ltcium Gallicum di Gasparo Bauhino; e credo, che questa pianta non sia niente diversa, se non che una sia stata ritrovata in Francia, e perciò detta Gallica, T altra in Italia , d’ onde trae il nome d’ Italica ; come spesso si vede esser accaduto a’ scrittori Botanici. M, Duhamel ( a ), parlando del Rhamno catàrtico minore, dice che nasce in grande quantità in Avignone, e che perciò le sue bacche si dicono Graines d' A vigno n. I Untori Francesi le chiamano anche Graine à teindre, ou Graine jaune . Giovanni Bauchi» no ( b ) parlando del Lycio Gallico dice ancor egli. Back ad tingendum fericum aureo colore infeólores utuntur , eaque ajocant Tintorium granum , Graine d r Avi gnori ; il che conferma maggiormente esser il Lycio Gallico , lo stesso che il Rhamno catàrtico minore di M. Duhamel, e di Gasparo Bauhino. ( a ) Rappresenta il fiore in profilo ( b ) il fiore aperto ( c c ) r le bacche appena spogliate del fiore, ( d d ) le bacche mature. Ufo CO Duhamel. traile des Arbres Tom. 2. pag. 215. fig. 5r. C b ) Bauh. hîâ. Tom. I. pag. 58. DI VARIE Pl'A.NT E. 79 Vso Economico .. L E bacche di questa seconda specie di Rhamno sono molto migliori di quelle della prima specie, per tingere in giallo sete, ed altre cose. Il verde, che cavasi dalle bacche mature è pià bello del primo, ma è. meno abbondante , perché le bacche sono meno sugose, e conseguentemente meno ricche di colore. In Francia fi sa grandissimo uso delle bacche di questa seconda specie tanto secche, quanto fresche . Costumano anche di pestarle grossamente , tosto che le hanno raccolte, e di farle macerare con acqua, e di servirsene poi per tingere tele , fili, sete ec. in bellissimo giallo. In semi del Rhamno, tanto della prima specie, quanto di questa seconda, sono ripienissimi d’ Olio, come io ho recentemente scoperto : e benché, essendo fuori di stagione da poterne raccòrrò in quantità sufficiente da farne sperienza in grande, non sia in caso di poter per ora rilevare con precisione quanto ne possano rendere per stajo, o per altra qual- sivoglia misura ; sono certo non per tanto , per la pratica che ho d’ altre simili semenze oliose, che queste ne possono dare circa otto libre per ogni stajo, o sta due libre per quarta . Non spregevole utilità adunque potrebbe ritrarsi dalle suddette Bacche , cavandone prima il color verde , indi e- straendo 1' olio dai semi che racchiudono. Ne farò a tempo opportuno formale sperimento ; intanto ho creduto bene di pubblicare quanto ne ho scoperto, affinchè, se alcuno amante dell' avanzamento delle Arti, volesse fare lo stesso, gli serva questa notizia d’ eccitamento. Uso So COLTURA ED USI Uso Medico . Serve questa seconda specie di Rhamno in medicina a tutti gli usi, a' quali giova quello della prima specie. DELLA FRANGULA ( Tav. 15, ) N On v’ ha pianta che più s’ accosti al Rhamno, si nelle facoltà medicinali, che negli usi tintorj, quanto la Frangula; per il che il celebre Linneo 1' ha posta nello stesso genere dei Rharnni : non voglio perciò ommettere di parlarne , ed utile mi sembra di descriverla, di darne la Figura , e d’ indicare gli usi a’ quali la credo poter essere vantaggiosa ; tanto più, che essa nasce, e cresce abbondantemente alle ripe de’ fossi, e de’ fiumi ; e che produce grandissima quantità di frutti. In questo Territorio Padovano , nel Vicentino, e lungo la Piave , ed in moltissimi altri luoghi nasce la Frangula copiosamente alle' ripe , come dissi, de’ fiumi, degli scoli, e de'fossi: e specialmente nei siti bas. si, e soggetti alle inondazioni . Cresce ali’ altezza di cinque, e fino di dodici piedi circa, ed è Arboscello assai elegante per 1' immensa quantità di bacche che produce, le quali prima sono verdi , indi maturando si fanno rosse, e nell’ autunno divengono nere. La scorza della Frangula è di color fosco , carica di picciole macchiette bianchiccie, o giallognole. Le foglie sono ovate , nell' estremità terminate in punta, col loro contorno intero , liscie al di sopra, ed al disotto venose . I fiori nascono alle ascelle delle foglie sostenuti da corti piccivoli, ( a a ) di struttura affatto diversa da quelli del Rhamno, (b) con un solo stilo nei mezzo ( c ). Le D I VA RIE PIANTE. 8r Le bacche sono rotonde (d), e contengono tre semi per ciascuna, ma alle volte non ne maturano che due: e quando sono secche , quelle che ne hanno maturati tre, sono tricocche; quelle che non ne hanno maturati che soli due, sono licocche ( d d ). I semi sono quasi rotondi, un poco compressi da una parte, ed un pochette divisi in due parti , le quali sono bianchiccie, ed il resto del seme è di color ferrugineo. Fiorisce la Frangola quasi tutta 1' estate , e nell’ autunno matura le sue bacche. Uso Economico-, S Ervono le bacche della Frangola, raccolte avanti la loro maturità, per tingere in giallo,ed in verde, tele, fili , lane ec. Si possono preparare in tutte le maniere, come ho detto del Rhamno, ma i colori che se ne cavano, sono meno belli. Anche la scorza può servire a tingere in giallo ; come pure le foglie tanto verdi , che secche ; delle quali ( avendomi mostrato 1’ esperienza poter essere comodissime a chiunque volesse tingersi da se filo, seta, lana, tele , panni, e drappi ) non voglio mancare d’ indicare il modo facile di servirsene, che è il seguente. Si prende a discrezione quella quantità d’ esse foglie, che possa essere sufficiente per ciò che si vuol tingere, e poste con bastevole quantità d’ acqua in una Caldaja , e messavi tanta cenere comune , che riesca ali’ incirca un quarto di libra grossa per ogni secchio d’ acqua, si fa bollire fino che si vegga essere 1' acqua ben carica di color giallo aranciato. Allora avendo pronto ciò, che si vuol colorire, prima bene alluminato; cioè fatto ben bollire in acqua impregnata d’ allume di Rocca, e poi lavato, e ben spremuto, s’ immer- Tomo /, L ge 82 COLTURA ED USI ge nella suddetta Caldaja, dopo â' averne estratte le dette foglie, e vi si fa bollire, sempre rivoltando, fino che si osserva essere tinto a quel segno che piace . Ciò veduto, si cava, e si lava, e sassi asciugare, ed avrassi un giallo non spregevole per varj usi. La maggiore utilità però, che a me sembra se ne possa ritrarre, oltre al li suddetti usi, si è di raccogliere le sue V bacche, quando sono ottimamente mature ; di spremerne il sugo, come sassi dell’ uva ; e di condensarlo, o al fuoco, o al sole per uso de’ Pittori. Indi raccogliere i semi d’ esse bacche, lavandoli e nettandoli bene, facendoli seccare, e cavarne poi P olio, come dissi parlando dei semi del Rham- no cathartîco, essendone anche questi ripieniffimi. Nel Vicentino, ed altrove si servono moltissimo della Fran- gula nelle siepi e Boschetti da prendere uccelli gentili, detti con idiotismo generico, Beccafichi, delle cui Bacche ottimamente s impinguano, e riescono di grato sapore. Ufo medico, V La sottoscorza della Frangola ha facoltà di risolvere, data internamente; ed applicata esteriormente , di diseccare ed a- stringere : e perciò pesta con aceto fortissimo, serve, ungendosene, per guarire la Rogna, ed è rimedio, che sana in pochi giorni. La decozione della scorza, fatta con aceto , giova moltissimo per conservare i denti, ed a nettare, e sanare quelli, che hanno incominciato a tarlarsi. La medesima scorza data in polvere, o in frodici, o in Pillole, purga il corpo , e moltissimo s’ approssima alla virtù del Rabarbaro. La decozione della stessa scorza, del peso d’ un’ oncia, con poco di Pinocchio, o di Absintio , giova molto agì’ Idropici, DI VARIE PIANTE. 8z ci, ed agi’ Itterici y prima però purgato il ventre, acciò non riesca troppo impetuosa. Scioglie mirabilmente il ventre, senza alcun incomodo, e viene lodata moltissimo tale decozione perle ostruzioni, e per quelli, che hanno mal affetto il segato, e la milza,, per causa di troppa abbondanza d’ umori sierosi. Si raccoglie la detta sottoscorza, eh’ è gialla , in Primavera , quando incomincia la pianta a germogliare, e se le leva la prima scorza, essendo inutile : si fa poi seccare ali’ ombra, e si conserva per gli usi suddetti. Il Dodoneo parlando delle facoltà di questa scorza, dice .* Cortes in vino maceratus , aut cerev'tjìa , deìnde epotus , poten - ter vomitum movete pituitam & humores putrido s contentos in ventriculo pellit . La dose è da due a tre dramme della scorza in polve* (~~ re, data in bevanda, e si corregge con alquanti semi di si- nocchio , o di aniso, acciò non agisca con troppa violenza . Il Camerario dice, che in molti luoghi della Sassonia usano questa scorza in vece del Rabarbaro. DELLA LUTEOLA» ( Tav. 16, ) L A Luteola è una pianta inserviente alla Tintura per colorire in giallo bellissimo, ed anche per il verde coi color turchino. Essa non vive che un anno, o al più uno e mezzo, ed ha la radice bianca, della grossezza d* un dito, e.di sapor e odore simile a quello del Rafano, dalla quale sorge ora uno, ora più fusti, alti due, tre, ed alle volte quattro piedi, eretti, ramosi, rotondi, e con alcune linee elevate , che li percorrono , di color verde chiaro. Le foglie, prima, che la pianta incornine) ad inalzarsi per fiorire , sono distese sopra la terra disposte in circolo , lunghe L 2 circa 84 COLTURA ED USI circa un palmo di color verde giallo, lucide al disopra, e col margine increspato, come è pur anche la superficie della foglia ( i ) ed hanno per lo più verso la loro estremiti due spine inermi una per parte - ( 2 3 ) Le foglie dei fusti sono disposte senza alcun ordine, più brevi, e più anguste delle radicali. I suoi fiori (fig. I. ) sono disposti nelle sommità dei gambi , e dei rami in lunghissime spighe, ognuno de' quali è composto di quattro foglie irregolari, di color gialletto. Quella d 1 esse quattro foglie che sta alla parte di sopra è per F ordinario divisa in lei parti ( B ), ed ognuna delle altre tre è tagliata per lo più in tre parti ( c e c ). Nel mezzo de! fiore vi sono moltissimi stami che contornano il Germe, ( D ) il quale diventa poi una capsula terminata da tre stili ( E E ). Questa capsula , o sia ricettacolo, in cui stanno rinchiusi i semi, è crespo, e terminato in tre punte . Quando esso ricettacolo è maturo , ss apre nella sommità in tre parti, e contiene nel mezzo moltissimi semi piccioli, lucidi, e neri . ( F ) rappresenta la pianta appena nata dal seme . ( G ) mostra una piantina di età d’ otto, o di dieci giorni. Si deve però avvertire, che tanto il fiore, quanto le altre parti della fruttificazione sono delineate un poco più grandi dello stato naturale. Nasce spontaneamente nel Genovesato, ed in altri luoghi d' Italia, in Francia,in Inghilterra, in Ispagna, in Islesia , in Boemia, e nei Paesi Bassi, in terreni incolti, e sassosi , ed anche a’lati delle strade, e sopra muraglie antiche. Fiorisce il Maggio, e poco dopo matura le sue semenze. I nomi, coi quali viene chiamata , sono li seguenti. Da’ Latini si dice Reseda luteola. Linnaì spec. piam. 448. Luteola herba, salici8 folio. Bauh.pin . 100. Tournes. Infì. Lob. ad ver. 145». Lu- DI VARIE PIANTE . 85 Lutea vel Luteum Gejneri , Camerari* et. Lutum herba. Dod. pempt. 80. Herba lutea. Dalechampii hist. Lugd, 501. Pseudo Struchium. Matthioli 1307. Struchium . Gesneri . Don. Antirrhinum. Tragi . Catananche. Lonicerì . Guadarella vulgo. Cisalpini }. Da' Greci. 8 c &civdyn 8 c Aa.uva.ij.svy , Da’ Spagnuoli. Unge de Gatto herba. Da' Portoghesi. Unhas del Gatto yerva. Da' Francesi . Gaude . Savarj/ Dittionnaire universel de Commerce Tom. 2. p. 121. Dagl' Inglesi. Dierneve. Coltura . S I semina la Luteola nel mese d’ Agosto ; 0 a' primi di Settembre , ed anche a’ primi di Marzo, nell’ istesso modo del Lino. Cresce, tanto nei terreni grassi, quanto nei magri e sassosi ; a differenza però, che nei luoghi grassi cresce in più abbondanza, e più alta, ed è migliore per la tintura; e nei magri più picciola, e men ramosa. Per averne bellissimo raccolto bisogna seminarla in terreno preparato nello stesso modo, come si fa a quello, dove si vuole seminare la Canape . Quando è nata e cresciuta alla lunghezza di due dita , bisogna stirparne le mal’ erbe, se ve ne fossero , acciò non 1 ’ ammazzino, ciò facendo o colla zappa, o colle mani. Si raccoglie in Giugno, o Luglio, cioè quando ha terminato di fiorire, e che incominciano a seccarsi le foglie vicine a terra : e raccolta si porta a seccarsi ali’ ombra , se si può : e non 86 COLTURA ED USI non potendo, seccali al Sole tagliandole prima le radici.. Seccata che sia, si lega in fasci, e si raccolgono tutte le semenze ,. che da essa cadono facilmente nel maneggiarla, per poi seminarle a suo tempo. Legati i fasci, si pongono in luogo asciutto, ammucchiati 1' uno sopra L’ altro % e si conservano fino ali’ occasione di a- doperarli,. o di venderli. Dopo aver io fatti e replicati vaVj sperimenti sopra la coltura, e preparazione di questa pianta, e d' essermi accertato dell’ ottima riuscita, che fa anche appresso di noi,, mi venne in pensiero di tentare due modi differenti di prepararla pisi comoda ali’ uso delle Tintorie , e di molto pisi facile trasporto,, per farne commercio; giacche nel modo sopradde- scritto, usato dalle nazioni che la coltivano,. riuscendo di gran volume e di poco peso, riesce al trasporto incomodissima , e di grave spesa. Il primo modo fu, di farla tagliare, e cosi verde macinarla come si fa il Guado, e ridotta in pasta, farla in pallottole , che feci poi seccare ali’ ombra. Il secondo modo, fu di tagliare detta Luteola, e di farla seccare ali’ ombra, dopo dì che la feci ridurre in polvere. Sperimentai poi, se preparata in questi due differenti modi , faceva nella tintura il medesimo effetto di quella preparata ali’ ordinario, e trovai, non senza molto piacere , che non solo faceva lo stesso, ma che dava anche il suo colore in maggiore quantica : dai che risulta che potrebbesi ridurre questa Droga di molto pin facile, e meno dispendioso trasporto . L’ introduzione della Luteola , quando venisse fatta, riuscirebbe di molto profitto alla Tintura , per il suo bellissimo colore, e conseguentemente anche a’suoi coltivatori: e sarebbe DI VARIE PIANTE . 87 Le di comodo, al Popolo per la facilità con cui ciascuno potrebbe da se tingersi in giallo ciò, che occorresse. Perciocché per colorire Drappi di seta, di lana, di filo ec., basta di far bollire sufficiente quantità della stessa Erba nel!' acqua con alquanto di Allume cattina, o di Feccia, -o anche di lisciva forte di ceneri, aggiungendovi, dopo aver bollito un quarto d' ora, altrettanta acqua, quanta fu la lisciva, e facendola bollire un altro quarto d’ ora, ed anche più, e poi immergervi le cose da tingersi : prima però alluminate secondo T Arte, rivoltandole nella Caldaja con un legno , ed e- straendole, quando saranno al grado di colore, che si desidera ; lavandole poi, e facendole asciugare. Il giallo che cavasi da questa pianta supera in bellezza quello d’ ogn’ altra : ed il Cel. Linneo nelle sue Amenità Accademiche, Tom. 5. pag. Z29., la loda, dicendo: Herba luteum pulcherrimum dat colorem , unde frequentifstme tinttori- bus in ufu , & copiose ab exteris asporta tur , quamvis fadibirne apud nos proveniat . Virgilio ne fa menzione nella Buccolica col nome di Luto nel!’ Egloga quarta con questi versi : Ipse sed in pratis aries , jam suave rubenti Murice , jam croceo mutabìt veliera luto . Il Cel. Girolamo Trago scrisse, già due secoli e più, della medesima Luteola ( z Si coltiva in varie parti dell’ Europa , e particolarmente in Fiandra, ed in Olanda; come pure in Normandia, ed in qualche altra parte della Francia, e nella Lombardia. L’ Olio di questa pianta è un capo di commercio di molta importanza , particolarmente apprestò gì’ Irlandesi, ed O- landesi , i quali ne coltivano una grande quantità . Io ho avuti i semi di questa specie di Napo da Cremona , nel Territorio della quale Città coltivasene in molta copia col nome di Ravizzone , e se ne fa 1’ Olio dello stesso nome, assai buono a mangiarsi , di cui la massima parte di que’ Popoli se ne serve nelle vivande in vece d’ Olio d’ ulive , ai quale molti lo preferiscono, come assai più sano . Coltura del Napo Selvatico. S I può seminare questa pianta per due usi; cioè uno per ingrassare la terra, I’ altro per aver un’ abbondante raccolta di semenza da trarne Olio. Volendo dunque servirsene per ingrassare i campi, bisogna seminarla a’ primi d’ Agosto nella stessa maniera , che si seminano le Rape , ma però molto più spessa. Cresciute che saranno le piante ali’ altezza di circa un piede, ( che sarà verso la metà d’ Ottobre ) si sotterraranno coll’ Aratro . Arata la terra , si lascia così in riposo quindici, o più giorni , affinchè le loro soglie si am- marciscano ; indi si riara , e pochi giorni dopo vi si può seminare il Fermento; o pure si può,lasciare in quiete fino alla Primavera, per porvi il Formentone, o altre Biade, ed avrassi un prodotto tanto bello, quanto se tale terreno fosse stato concimato. Tra tutti i modi d' ingrassare le terre, il predetto parasi dei più facili ed economici ; poiché con una quarta di semenza di questo Napo si possono seminare almeno tre campi 9 6 COLTURA ED USI pi di terra, senza altra spesa, che quella d’ ararla , ed erpicarla, e di riararla a suo tempo. Volendo poi seminare il Napo per raccoglierne il seme da cavarne 1’ Olio , bisogna sciogliere il terreno di buona natura, e prepararlo nel modo seguente . Avendolo prima bene letamato, si ara, ed erpica una volta a' primi di Luglio, e si replica lo stesso a’ primi d' Agosto ; alla meta poi dello stesso mese si ara ancora per la terza volta; vi si sparge la semenza, ma non troppo spessa , affinchè le piante , che ne nasceranno , possano dilatarsi coi loro rami: ed erpicando coll’ erpice a denti di ferro, benissimo si cuopre. Quando si fa tale seminagione il terreno deve esser umido , e se non fosse tale, bisognarebbe aspettare il beneficio di qualche pioggia , o che almeno si vedesse imminente {<*); poiché, nella terra secca nè pure questa semenza può bene svilupparsi, e germogliare. Fiorisce il Napo saivatico al fine di Febbraro, o a’ primi di Marzo , e matura le sue semenze nel Mese di Maggio. Tosto che le si veggono mature bisogna farne la raccolta, o tagliando i gambi , o cavandoli, che è molto meglio ; e si pongono in luogo netto a seccarsi al Sole. Il tempo opportuno per far detta raccolta è quando le Silique , o seghette sono ancora umide per la rugiada , o per la pioggia; poiché cogliendole quando sono assai secche , ne scappa fuori facilmente il grano, e si perde. Secche poi che saranno, si battono , e nettano nel modo stesso, che dissi della Camelina : e si conservano in granajo, o in altro luogo asciutto fino che piacerà di cavarne 1' Olio ; il ( a ) Come «ferisce anche Columella nel suo libro io. della Coltura degli Orti con li seguenti versi ( vide Auctores Rei Rustie* pag. 735?. ) Quin & 'sardipedi, sacri; jam rite soluti;, Nube nova Ièri tur, c*li pendenti bu; undis, Gongyli; , illustri mittit quam Nursia Campo ; Quaeque Awiternims destituì; buaias arvis. DI VARIE PIANTE. 97 IJ quale si estrae come quello di Lino, di Camelina 8 cc. Un campo di terra seminato di Napo Salvatico, se qualche acuto freddo non danneggi i suoi fiori, o che soccomba a qualche altro infortunio, suol rendere ordinariamente il triplo di piò. di quello faccia seminato a formento. Io ho fatta sperienza di seminarne un pezzo di terreno a' quattro di Settembre , ed in poco piò d' un mese le piante di Napi erano cresciute ali’ altezza di circa un piede, e cosi vegete e folte che hanno recata maraviglia a molti dilettanti d’ Agricoltura . Alli primi di Gennajo , ad onta delle brine e diacci eh’ erano ' accaduti in Novembre , erano essi Napi bellissimi, verdi, e vigorosi, che a mirarli sembravano un prato de’ piò ubertosi nel mese di Maggio ^ dal che sono indotto a credere che tale pianta potrebbe essere molto utile per uso de’ Bestiami a stagione avanzata, perché resiste al freddo, e loro riesce cibo sano e piacevole- Uso economico dell ’ Olio del Napo Salvatico . G L’ Irlandesi , ed Olandesi , non solamente fanno e sii consumo di questo Olio in tutte le manifatture di Lane, cioè Panni, Berrette , e simili, ma anche ne mandano in altre Provincie, Se ne servono per le lucerne , e per le vivande: e ne fabbricano anche il Sapone per imbiancare le tele di Lino. Ciò viene asserito dal Dodoneo con queste parole : Nam ex hoc , & una sortissimo ex nonnullis cineribus lixivio , sapo decoquitur , quo ad eluendas expurgandasque li- neas vejìes universum sere Belgium utitur . Quest’ Olio , quando è di buona qualità , ha un color d’ oro, ed un odor grato. Costumano in alcuni Paesi, per mangiarlo di prepararlo prima, cuocendolo, come sassi il Burro, a lento fuoco, e ponendovi dentro qualche Pera tagliata in Tomo /. N nez- 5,8 COLTURA ED USI pezzi, ed un poco di Ramerino. Cotto che sia lo conservano ai bisogni, e lo usano nelle vivande: e loro riesce tanto gustoso che comunemente viene preferito ad ogn’ altra specie d’ Olio, e creduto molto utile alla sanità, Le semenze di questa pianta sono assai bramate dagli uccelli , e perciò servono, non solo per nutrirli, ma anche per ingrassarli. Le sue foglie e radici sono buone da mangiarsi in minestra ; ma non però tanto , quanto quelle del Napo Sativo , di cui mangiasene in diversi Paesi in grandissima quantità , e mangiavasene anche da’ Romani , come scrisse Plinio. Giovanni Bauh. (a) parlando di questa pianta dice : Ra- pitto . cujus foliis , non secus atque rapaceis , vescuntm negri , preesertim cum ruflicos olerum inopia premit* Virtù Medicinali del Napo Salvatilo . ) I L Seme è uno degl’ ingredienti della Teriaca sotto il nome di Buniados . Dioscoride , parlando della virtù della semenza del Napo Salvatico, asserisce: Napi semen , fi pr specialmente a Barba- rano, Sostano , Orgiano, e luoghi vicini , e se ne servono per condimento, e per le Lucerne. Ognuno , che raccoglie di dette bacche , se le prepara da se , essendo manifattura assai facile, e che si eseguisce nei modo stesso, con cui sassi 1’ Olio d’ ulive. Io ho sperimentato in Autunno ad esitarne V Olio in questo modo. Feci raccorre di tali bacche , e lasciatele qualche tempo in granajo, le feci pestare ; indi poste dentro un Sacchetto di tela, e legata la bocca del medesimo, lo immersi dentro 1’ acqua bollente, in una Caldaja,lasciandoveio un pochette, e poi esimendolo: e ne ho tosto espresso 1’ Olio a sola forza di mano, quanto meglio ho potuto. Da due quarte di bacche, ne ho cavato due libre d' Olio purissimo di colore assai pendente al verde. Arde quest’ Olio molto bene J ed avendo prese due lucerne uguali , ed empiute , una del medesimo , e 1 ' altra di quello d’ uliva , ed ambe accese nel medesimo momento , ho osservato che non vi era alcuna differenza nel lume, che facevano, e che quello di dette bacche fu di maggior durazione. Il sapore è affatto simile a quello d’ Olio nostrano , ma 1’ odore è molto più acuto ; non però tanto ingrato quanto quello dell’ Olio di Lino. La mia curiositi fu mossa a farne detta sperienza dall’ avere vedute delle Siepi di Verga Sanguigna talmente cariche di bacche, che nel tratto di circa quaranta pertiche in lunghezza se ne sarebbe raccolto un sacco di sedici quarte, e più ancora. Questa Pianta produce le sue bacche in grande quantità, ed essendo di poca altezza, riesce facile alle Donne , e fino alli Ragazzi a farne la raccolta : e non richiede altra coltu- N 3 ra, 102 COLTURA ED USI ra, che quella unica di farne la piantagione . Di quanto w- tile possa essere adunque il piantarne Siepi alle ripe de’ fiumi, de’ fossi ec. , e boschetti in luoghi incolti , detta mia sperienza lo indica chiaramente. Il Mattioli , (a) passando per la valle Annania , ora detta valle di Nonne, vide cavarsi 1’ Olio delle suddette bacche, e lo riferisce colle seguenti parole : Virgte Sanguinea bacete gttftu sant amaro , acerbo , adflr'mgeme , un de necesse ejì consimili facilitate prteditum esse earum Qleum , quod Anna- mensta rura in Tridentino agro conscìunt ad lucernarum usum , exprejfs torcularì , decoBis prius in aqua baccis . Può essere che detto Olio sia un poco astringente ; ma certamente esse non è nè amaro , ne acerbo : ed è cosa assai, ordinaria, che gli Olj, o niente o poco partecipino delle qualit'a dello piante, a’ quali vengono estratti. Rispetto alle facoltà mediche della Verga sanguigna non ho potuto trovare niente di certo , nè appresso detto Autore, nè appresso altri, se non eh' essa è astringente . Riferisce però detto Mattioli cosa , che mi par meritare assai poca credenza - cioè, che se uno, che prima fosse stato mon- ficaio da cane rabbioso, prendesse in mano un ramo di questa pianta, e ve lo tenesse fisso, che la mano lo riscaldasse, subito gli si manifestaxebbe la rabbia. Questa è cosa di cui non è, nè lecito, nè facile di farne sperienza : e per dir vero parebbe debolezza il crederla; ma però non bisogna esser cosi pronti a ridersi di strane, e maravigliose facoltà di certe piante . Il celebre Fracastoro Medico di tanta riputazione , nella sua Opera de Contagiosi Morbis , libro z. in fine capitis io. pagina pi, , parlando dell’ Arbore Sorbo , dice : Cur vero & qui sub sorbo arbore jacent , rursus in rabiem vertan tur , fi alias rabidi fuere , confimilem habet («) Matth. pag. 267 . & 261 . DI VARIE PIANTE, 103 latentem causam , fi modo njerum est quod fama quadam cir- cumfertur ; nibil autem probtbet vapores , qui ex ea arbore con • tinenter exhalant yfiyptici quidem , & fi licet dìcere melaticeli- ci , ad bominem delatos , & intus calefadlos , idem facere posse , quod & seminarla rabiei , magis autem in eo , qui rurfus rabi- dusypropter relidiam dispofitionem, Ghe che sia di tali asserzioni , io ho pur troppo sperimentato con gravissimo pericolo della vita uno degli esserti stupendi delie Piante, che non posso lasciar di riferire . Mentre ero Custode del Pubblico Orto Botanico, mi accadde di toccare superficialmente con una sola mano il legno della velenosissima pianta detta To - xicodendron foliis alatis , frudlu rbomboideo . Dill. Hort. Elth. pag. Tab. Quantunque mi lavassi subito piti volte con acqua, fregando bene la stessa mano con sabbia, e terra, niente mi giovò contro la somma violenza di .detta pianta perniciosissima ; poiché il giorno dopo mi s’ incominciarono a gonfiare le guancie^ e poi il collo : e nel terzo giorno eramisi talmente gonfiata la faccia, il collo, le braccia, e le cosci e, che perduta avevo quasi la figura d' uomo'. Benché , assistito da valenti Medici , mi fossero stati dati molti rimedj con estrazione di Sangue , mi fu forza di starmene venti e più giorni cosi malconcio in letto senza poter aprire gli occhile cessata tale dolorosa infiammazione mi si mutò tutta la pelle. Tale tristo accidente , da molti veduto , e da moltissimi altri saputo, fece bene conoscere qual forza abbiano sopra i corpi animali alcune piante . Il Toxi- codendron in quei paesi d’ America , nei quali naturalmente alligna, ha tanta forza , che infetta del suo veleno non solo a toccarlo , ma anche ad inspirarne gli aliti , sino alla distanza d’ un tiro di Schioppo; perii che dagli abitanti,specialmente della Pensilvania , è stato quasi affatto esterminato; e pure , egli è da questa pianta , che cavasi la vernice del Ja- 104 COLTURA ED USI Japone. Ma ritornando alla Verga Sanguigna, Plinio non la fa esente di molta malignità ; poiché, parlando della medesima, ( ^ ) scrive! Nffc Virga Sanguinea felicior babetur* corte* e/us interior cìcatrices , qu& prasanavere , aperit : ed in altro luogo soggiunge anche del superstizioso , dicendo ; sunt qui Sanguinea Virgis tangunt ea qua volunt iis obnoxia effe ; nimirum , formicis , erucis ec. Il Camerario ne aveva molto miglior opinione, insegnando che T acqua, la quale distilla dalle incisure fatte in questa pianta è buona per guarire le Strume, o sia Scrofole : Anche la sperienza, vera maestra delle cose, e contro la quale non vale autorità, ha fatto, e fa conoscere, che questo Arboscello, comunissimo a tanti Paesi, non ha niente di venefico, mangiandosi le sue foglie dagli Armenti, le sue bacche dagli uccelli , ed il suo Olio da molti degli Abitatori dei Monti. D’ una pianta adunque, della quale , coltivandola, potreb* be cavarsi molta utilità , come ognuno può raccogliere da quanto ne ho detto, dovrebbono farsene copiose piantagioni, ed introdurla nelle siepi, boschetti ; ec. Altre molte piante vi sono , dalle Bacche , e Semenze delle quali si può cavar Olio ; ma poiché poche altre ne abbiamo , dalle quali possa esitarsi con utilità coltivandole, ommetto di parlarne, non essendo mio istituto, che di scrivere di quelle, eh’ essere possono di qualche vantaggio negl’ usi economici. Degli Vinaccivolì , o semi dell ’ Uva . P Rima di terminar di trattare delle piante Oliose , utile mi sembra d’ indicare li semi d’ Uva, dalli quali e* stracci Plin. 2. hist. Natural. Tom. 2. pag. zz 8 . Cap. X. VOLTU. ED USI DI VARIE PIANTE 105 straesi quantità d’ Olio in varj luoghi; ma specialmente nel Bresciano, nella Riviera di Salò, e nel Bergamasco . Ognuno vede in quanta copia fi potrebbono avere qui nel Padovano , nel Vicentino , ed in tanti altri Paesi circonvicini, nei quali non è punto praticata, ed a pochissimi nota l r utile estrazione di questi Olio , ottimo per le Lucerne , e per altri usi economici. Questo è un prodotto , che, dove fi abbonda d’ uva , fi può avere in molta quantità ; che pochissimo costa a raccoglierlo : e da cui T Olio fi cava facilmente, nel modo stesso usato per quello di Lino, e d’ altri simili semi : e perciò mi lusingo che vi sarà chi vorrà profittare di questo mio suggerimento, ed eccitamento. Spero che queste mie Memorie verranno gradite dagli Limatori delle arti, e della pubblica utilità; e se avrò la fortuna di ciò ottenere, avrò anche maggior coraggio di continuare le mie ricerche, osservazioni , e sperienze sopra le Piante che sono, o che possono essere utili alle Arti , ali* Economia, ed al Commercio , ed a pubblicarle; senza darmi pena di quelli , che non avendo mai prodotto in pubblico niente di proprio, s* affaccendano di farsi credere Letterati, ed Uomini d' importanza col criticare, e dileggiare senza misura le altrui fatiche . IL FINE. L » ■anrmî or.-iîji A e -f-cL'i. AlîiC *■ rf’. le ' A ^ •&&* r?*ì -î- 45&0I / / Tlhcfona -Zša&r WW. ■MMm h-rr^'-r*?^ mf* «wilIE: liîrinmà; MW [KB#: sMMA là^W mm Z S-SS i WW sta i|r=fÌStt?: Jais. 3 . JTav. 4, wmm c v ét/iciona. wèm vm wm* •W î MA '-Wj\ m rA ì Ttu&ao/èra. Âi/'siiéa. , / Jvi/Î | \ a uT!ii>. S". uîrmfìflîtiKSSM "««MI®'-; lin ihmI% I _Z? ulna inciorunz -Riiézas SiYv-e^òxs V 4 j i j . ( - 4 Grteafaa, JJ 75 V. J£. rnw *SaAx monaii(ó'CL •vif p : JResec/ci- J^ufeo/cc _Z,iJingt . \Safcvum. . _Z \v. 1$. JVa^uj >Sy/is&sžrù r JsS~'y. . à < r&sm r%‘ Vv. • ' ' à/ ' V^;>. jâM &$W£v ; j : : MVU. * M & Corniti iSa/i, xnyuuiea. r^sm M» mm B9A3 šsSm SS#»B ivjfc •\v * ,i«a ■■■ - - .-■ ' iW. * : :<• \. ■■'vx '.î- ? -;v ;:V\ F > à X'i.X , - '->7 xî i: 5F“ùjVi ■ftV T'-: ? " t-' ,■;*» >■ VV: L./Vx -i MX - -Xx xv*;"- -■ xsK ivì-îX; KaÉ£^- *jsm i; Ai> ,.: ì r ’.: , X'M X'-X i' IV ■x &,i?' M>y/H ViX- /e* •XV , .yc - -*■ ?v- ctrs; ■'V*-*'$