LUNEDÌ 28 SETTEMBRE 2015 | SPECIALI | 9
L’ANALISI Le grandi corporation industriali quali possibili ‘cigni neri’ per i mercati finanziari globali
Volkswagen,Glencore,Petrobras:campanellid’allarme
EventualisalvataggiinstileQEarrivanosempreesolodopoimportanti‘shock’
L’autore della rubrica
La pagina settimanale del lunedì
‘Risparmio, i conti in tasca’,
è a cura del nostro consulente
Rubens Ligabue, professionista
certificato Efa - European Fi-
nancial Advisor, associato SIAT
- Società Italiana Analisi Tec-
nica, iscritto all’Albo Unico Na-
zionale dei Promotori Finanziari.
Per domande e chiarimenti po-
tete scrivere a
info@rubensligabue.com
RISPARMIO,ICONTIINTASCA
Nell’ultima settimana il
caso Volkswagen ha in-
dubbiamente attirato su di se
nonsolol’interessedeimedia
ma ancor più l’attenzione dei
mercati finanziari, non fosse
altro per l’ulteriore débâcle
che gli stessi hanno vissuto e
ciò nonostante il provviden-
ziale recupero in extremis
delle quotazioni di venerdì
che hanno reso meno drasti-
ca la discesa. Un argine pron-
tamente ed apparentemente
eretto grazie alle dichiarazio-
ni fatte dal governatore della
FED durante un incontro
all’università del Massachu-
setts. Secondo la vulgata me-
diatica le parole espresse dal-
laYelleneriferiteadunposti-
cipo dei tassi “più avanti nel
corso dell’anno” sarebbero la
fonte dell’euforia borsistica
di venerdì, ovvero il pensare
di aver comprato ulteriore
tempo e semmai fino a dicem-
bre.
MERCATI IN ‘FREE FALL’
Nonostante le cause vere o
presunte a cui addebitare il
forte ribalzo di venerdì non
puòenondevesfuggire,alme-
no ai comuni risparmiatori,
il quadro d’insieme dei mer-
catifinanziariovverochedal-
la fine di aprile nessun inve-
stimento, fatta eccezione per
la pura liquidità, ha dato ren-
dimento positivo e per molti
mercati azionari si è già in
territorio “bear market”, ov-
vero con discese superiori al
-20%. L’effetto Volkswagen
ha di fatto aggiunto l’indice
tedesco alla già ampia schie-
ra di mercati in “free fall”,
quali la Cina e diversi merca-
tiemergenti,ovverosièunito
alla caduta delle principali
piazzemanifatturieredelglo-
bo. Una caduta che per vie di-
verse sembra poter mettere a
rischio, per non dire in ginoc-
chio in caso di imprevedibili
evoluzioni, un altro impor-
tante polo produttivo mon-
diale dopo il forte rallenta-
mento del dragone.
La Volkswagen è di fatto
l’emblema della produttività
tedesca e del grande successo
dell’exportmadeinGermany
ed insieme all’intero settore
automobilistico ed al suo in-
dottorappresentailprincipa-
le fattore trainante dell’eco-
nomia del paese. Un aspetto
per di più consacrato anche
dal recente sorpasso di Toyo-
tanellaclassificamondialedi
vendite d’auto.
IL CASO VOLKSWAGEN
Loscandaloemersoègiàda
più parti stato commentato
ed analizzato dal punto di vi-
sta della frode nonché deno-
minato “diesel gate” negli U-
SA ma quello che meno emer-
ge sono le possibili implica-
zioni che un aggravamento o
unallargamentoadaltrecase
automobilistiche potrebbe
arrecare all’intero del com-
parto automotive. Un evento
acuinonmancagiàl’accosta-
mento con Lehman Brothers,
nontantoperchéVolkswagen
sia sull’orlo del fallimento
bensì per la reazione a catena
che potrebbe generarsi all’in-
terno del settore e che potreb-
beaveresimilarieffettidesta-
bilizzanti nei mercati finan-
ziari. A ben guardare l’im-
pressionante e miliardaria
multastimatasarebbeindub-
biamente un colpo al cuore
inflitto dall’amministrazio-
neUSAaitedeschimapotreb-
be equivalere più o meno al
guadagnoannualecheprodu-
ce l’azienda. La società di fat-
to avevo chiuso il 2014 con da-
tirecordsiadiutili,superiori
ai 13 miliardi e sia di fattura-
to con oltre 200 miliardi, un
qualcosadicosìenormedari-
cordareilPILdialcunenazio-
ne,qualiadesempioIrlandao
Grecia. Il caso Volkswagen
non è perciò da sottovalutare
eperchinoncredeallecasua-
lità e semmai ricorda ancora
il 2008 dovrebbe rammentar-
si le ‘strane’ vicende che il ti-
tolo subì durante quel dram-
matico autunno, con incredi-
bili speculazioni che fecero
prima scendere il titolo fino a
210epoidecollareall’incredi-
bile prezzo di 1005 euro in po-
che sedute, portando per al-
cune ore l’azienda a diventa-
re la prima società al mondo
per capitalizzazione, prima
di ricadere paurosamente e
concludere la vicenda con il
suicidio del magnate tedesco
Adolf Merckle.
SHOCK DALL’INDUSTRIA?
Da fine agosto ad oggi ab-
biamo assistito al più signifi-
cativo declino simultaneo e
globale dei mercati azionari
dal dopo crollo del 2008 eppu-
re, per la maggior parte degli
operatori e con essi molti ri-
s p a r m i at o r i i n c re d u l i
nell’osservare quanto avvie-
ne ai propri investimenti,
sembra che tutto ciò sia solo
una semplice “sbandata” nel
sicuro rettilineo creato dai
banchieri centrali. A ben
guardare sembra però che
l’ormai pluriennale stampa
monetaria post Lehman Bro-
thers,ingradodisorreggerei
mercati finanziari ed alimen-
tarelapiùgrandebolladelde-
bito (privato, societario e
pubblico) sia ormai in rotta
di collisione con la dura real-
tà economica e produttiva,
ovvero con ciò che doveva es-
sere in grado di ripagare le
cambiali “generosamente”
offerte dai banchieri di mez-
zo mondo, ovvero una forte
crescita. Quello che sembra
manifestarsi è però il ritorno
del boomerang lanciato dai
banchieri centrali per salva-
relebanchenel2008echeora,
dopo essere transitato anche
per gli Stati con relativo e più
ampio rilancio tramite mol-
teplici QE planetari, ritorna
nuovamente al punto di par-
tenza per il tramite di tante
multinazionali indebitate fi-
no al collo grazie all’enorme
emissionedibondpiùomeno
spazzatura elargiti a mani
basse grazie al denaro facile
ed a basso costo delle banche
centrali. Aspetto quest’ulti-
mo che non solo ha alimenta-
to flussi di carta finanziaria a
gogò ma ha pure sostenuto i
buyback ‘monster’ finora os-
servati nelle big corporation.
Un segnale di ritorno che
sembra proprio arrivare dal-
le azioni della stessa BCE, ov-
vero dalla temporanea so-
spensione nell'acquisto di
Abs garantiti da titoli Vol-
kswagen, ossia quel tipo di ti-
toli cartolarizzati che tanti
danniarrecarononel2008ma
che allora furono emessi dal-
le banche.
GLENCORE E PETROBRAS
Il ritorno sembra quindi
prossimo ed i campanelli in
questi giorni si moltiplicano
sempre in attività chiave per
l’economia reale, quali le a-
ziendepetrolifereequellemi-
nerarie.Edèpropriodaun’al-
tra “big” di tutt’altro settore
che arriva un ulteriore ed im-
portante segnale di alert, ov-
verosia da Glencore. Una
multinazionale anglo-svizze-
ra che più di altre società mi-
nerarie soffre il calo delle
commodities e che da sola
rappresentaadesempiocirca
metà del commercio mondia-
le di zinco e rame. Una realtà
che per diversi operatori fi-
nanziari è considerata a dir
poco rilevante nel suo settore
ed in quello del trading sulle
commodity, non fosse altro
per il suo ruolo e la sua capa-
cità di influenzarne diretta-
mente i prezzi con la gestione
dell’offerta reale. Il fatto che
il suo andamento inizi ad al-
larmare diversi operatori, in
primis Goldman Sachs, non è
da sottovalutare in quanto se
Glencorefossedeclassataali-
vello “spazzatura” e perdesse
lo status di “investment gra-
de” potrebbe creare problemi
non indifferenti ai collaterali
finanziari che puntellano le
migliaiadimiliardidideriva-
ti circolanti nel mercato. Un
rischio considerato similare
al downgrade di AIG nel 2008
e che per la cronaca culminò
con il piano di salvataggio
della compagnia di assicura-
zioni da parte del governo a-
mericano. Al momento i fa-
migerati credit default swap
segnalano rischi in aumento
e l’andamento delle quotazio-
ninonrasserenaglianimide-
gli operatori.
Oltre a ciò poi non manca-
no altri focolai quali l’anda-
mentodiunaltrobigdell’eco-
nomiarealequalePetrobas,il
gigante del petrolio brasilia-
no, l’omologo della nostra E-
ni.Un’altraaziendalecuisor-
tisembranosemprepiùinba-
lia delle quotazioni del petro-
lio e del dollaro americano,
visto e considerato che il tito-
lo è già stato declassato a
spazzatura ed ha in pancia
più di 2/3 del suo debito e-
spresso in biglietti verdi, ov-
vero in una valuta che ha vi-
sto passare il cambio real/u-
sd da 2,4 a quasi 4,2 real per
dollaro in meno di un anno.
Un fatto quest’ultimo che sta
mettendo in ginocchio l’inte-
ro Brasile, insieme agli scan-
dali politici che colpiscono il
governo in carica e che ha
portato negli ultimi giorni la
banca centrale in trincea per
tentaredifermarneildeprez-
zamento.
CONCLUSIONE
Un vecchio detto dice che
non c’è peggior sordo di chi
non vuol sentire ma osser-
vando i grafici si potrebbe di-
rechenonc’èpeggiorinvesti-
tore di chi non vuol vedere
quello che le quotazioni e
l’andamento dei mercati
stanno esprimendo, ovvero il
concreto rischio che qualco-
sa di grosso possa far saltare
nuovamente il coperchio di
protezione finora messo in
campo dalle banche centrali.
A mal pensare, si potrebbe
anche affermare che non c’è
due senza tre, ovvero, dopo il
pronto intervento dei ban-
chieri centrali a sostegno del-
le banche e poi degli Stati, po-
trebbe arrivare anche il tur-
no per le grandi corporation.
Uninterventocheperòèsem-
pre giunto dopo un opportu-
no e traumatico “shock”, un
qualsivoglia evento in grado
di far urlare agli investitori
pietà e richiesta d’aiuto in-
condizionato ai banchieri. In
un tale contesto può essere il
caso di non farsi trovare im-
preparatioeccessivamentee-
sposti ai rischi, pena il dover
solosubirneimovimentisen-
za beneficiarne mai.
(Rubens Ligabue)

Articolo Prima Pagina 28-9-15

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    LUNEDÌ 28 SETTEMBRE2015 | SPECIALI | 9 L’ANALISI Le grandi corporation industriali quali possibili ‘cigni neri’ per i mercati finanziari globali Volkswagen,Glencore,Petrobras:campanellid’allarme EventualisalvataggiinstileQEarrivanosempreesolodopoimportanti‘shock’ L’autore della rubrica La pagina settimanale del lunedì ‘Risparmio, i conti in tasca’, è a cura del nostro consulente Rubens Ligabue, professionista certificato Efa - European Fi- nancial Advisor, associato SIAT - Società Italiana Analisi Tec- nica, iscritto all’Albo Unico Na- zionale dei Promotori Finanziari. Per domande e chiarimenti po- tete scrivere a [email protected] RISPARMIO,ICONTIINTASCA Nell’ultima settimana il caso Volkswagen ha in- dubbiamente attirato su di se nonsolol’interessedeimedia ma ancor più l’attenzione dei mercati finanziari, non fosse altro per l’ulteriore débâcle che gli stessi hanno vissuto e ciò nonostante il provviden- ziale recupero in extremis delle quotazioni di venerdì che hanno reso meno drasti- ca la discesa. Un argine pron- tamente ed apparentemente eretto grazie alle dichiarazio- ni fatte dal governatore della FED durante un incontro all’università del Massachu- setts. Secondo la vulgata me- diatica le parole espresse dal- laYelleneriferiteadunposti- cipo dei tassi “più avanti nel corso dell’anno” sarebbero la fonte dell’euforia borsistica di venerdì, ovvero il pensare di aver comprato ulteriore tempo e semmai fino a dicem- bre. MERCATI IN ‘FREE FALL’ Nonostante le cause vere o presunte a cui addebitare il forte ribalzo di venerdì non puòenondevesfuggire,alme- no ai comuni risparmiatori, il quadro d’insieme dei mer- catifinanziariovverochedal- la fine di aprile nessun inve- stimento, fatta eccezione per la pura liquidità, ha dato ren- dimento positivo e per molti mercati azionari si è già in territorio “bear market”, ov- vero con discese superiori al -20%. L’effetto Volkswagen ha di fatto aggiunto l’indice tedesco alla già ampia schie- ra di mercati in “free fall”, quali la Cina e diversi merca- tiemergenti,ovverosièunito alla caduta delle principali piazzemanifatturieredelglo- bo. Una caduta che per vie di- verse sembra poter mettere a rischio, per non dire in ginoc- chio in caso di imprevedibili evoluzioni, un altro impor- tante polo produttivo mon- diale dopo il forte rallenta- mento del dragone. La Volkswagen è di fatto l’emblema della produttività tedesca e del grande successo dell’exportmadeinGermany ed insieme all’intero settore automobilistico ed al suo in- dottorappresentailprincipa- le fattore trainante dell’eco- nomia del paese. Un aspetto per di più consacrato anche dal recente sorpasso di Toyo- tanellaclassificamondialedi vendite d’auto. IL CASO VOLKSWAGEN Loscandaloemersoègiàda più parti stato commentato ed analizzato dal punto di vi- sta della frode nonché deno- minato “diesel gate” negli U- SA ma quello che meno emer- ge sono le possibili implica- zioni che un aggravamento o unallargamentoadaltrecase automobilistiche potrebbe arrecare all’intero del com- parto automotive. Un evento acuinonmancagiàl’accosta- mento con Lehman Brothers, nontantoperchéVolkswagen sia sull’orlo del fallimento bensì per la reazione a catena che potrebbe generarsi all’in- terno del settore e che potreb- beaveresimilarieffettidesta- bilizzanti nei mercati finan- ziari. A ben guardare l’im- pressionante e miliardaria multastimatasarebbeindub- biamente un colpo al cuore inflitto dall’amministrazio- neUSAaitedeschimapotreb- be equivalere più o meno al guadagnoannualecheprodu- ce l’azienda. La società di fat- to avevo chiuso il 2014 con da- tirecordsiadiutili,superiori ai 13 miliardi e sia di fattura- to con oltre 200 miliardi, un qualcosadicosìenormedari- cordareilPILdialcunenazio- ne,qualiadesempioIrlandao Grecia. Il caso Volkswagen non è perciò da sottovalutare eperchinoncredeallecasua- lità e semmai ricorda ancora il 2008 dovrebbe rammentar- si le ‘strane’ vicende che il ti- tolo subì durante quel dram- matico autunno, con incredi- bili speculazioni che fecero prima scendere il titolo fino a 210epoidecollareall’incredi- bile prezzo di 1005 euro in po- che sedute, portando per al- cune ore l’azienda a diventa- re la prima società al mondo per capitalizzazione, prima di ricadere paurosamente e concludere la vicenda con il suicidio del magnate tedesco Adolf Merckle. SHOCK DALL’INDUSTRIA? Da fine agosto ad oggi ab- biamo assistito al più signifi- cativo declino simultaneo e globale dei mercati azionari dal dopo crollo del 2008 eppu- re, per la maggior parte degli operatori e con essi molti ri- s p a r m i at o r i i n c re d u l i nell’osservare quanto avvie- ne ai propri investimenti, sembra che tutto ciò sia solo una semplice “sbandata” nel sicuro rettilineo creato dai banchieri centrali. A ben guardare sembra però che l’ormai pluriennale stampa monetaria post Lehman Bro- thers,ingradodisorreggerei mercati finanziari ed alimen- tarelapiùgrandebolladelde- bito (privato, societario e pubblico) sia ormai in rotta di collisione con la dura real- tà economica e produttiva, ovvero con ciò che doveva es- sere in grado di ripagare le cambiali “generosamente” offerte dai banchieri di mez- zo mondo, ovvero una forte crescita. Quello che sembra manifestarsi è però il ritorno del boomerang lanciato dai banchieri centrali per salva- relebanchenel2008echeora, dopo essere transitato anche per gli Stati con relativo e più ampio rilancio tramite mol- teplici QE planetari, ritorna nuovamente al punto di par- tenza per il tramite di tante multinazionali indebitate fi- no al collo grazie all’enorme emissionedibondpiùomeno spazzatura elargiti a mani basse grazie al denaro facile ed a basso costo delle banche centrali. Aspetto quest’ulti- mo che non solo ha alimenta- to flussi di carta finanziaria a gogò ma ha pure sostenuto i buyback ‘monster’ finora os- servati nelle big corporation. Un segnale di ritorno che sembra proprio arrivare dal- le azioni della stessa BCE, ov- vero dalla temporanea so- spensione nell'acquisto di Abs garantiti da titoli Vol- kswagen, ossia quel tipo di ti- toli cartolarizzati che tanti danniarrecarononel2008ma che allora furono emessi dal- le banche. GLENCORE E PETROBRAS Il ritorno sembra quindi prossimo ed i campanelli in questi giorni si moltiplicano sempre in attività chiave per l’economia reale, quali le a- ziendepetrolifereequellemi- nerarie.Edèpropriodaun’al- tra “big” di tutt’altro settore che arriva un ulteriore ed im- portante segnale di alert, ov- verosia da Glencore. Una multinazionale anglo-svizze- ra che più di altre società mi- nerarie soffre il calo delle commodities e che da sola rappresentaadesempiocirca metà del commercio mondia- le di zinco e rame. Una realtà che per diversi operatori fi- nanziari è considerata a dir poco rilevante nel suo settore ed in quello del trading sulle commodity, non fosse altro per il suo ruolo e la sua capa- cità di influenzarne diretta- mente i prezzi con la gestione dell’offerta reale. Il fatto che il suo andamento inizi ad al- larmare diversi operatori, in primis Goldman Sachs, non è da sottovalutare in quanto se Glencorefossedeclassataali- vello “spazzatura” e perdesse lo status di “investment gra- de” potrebbe creare problemi non indifferenti ai collaterali finanziari che puntellano le migliaiadimiliardidideriva- ti circolanti nel mercato. Un rischio considerato similare al downgrade di AIG nel 2008 e che per la cronaca culminò con il piano di salvataggio della compagnia di assicura- zioni da parte del governo a- mericano. Al momento i fa- migerati credit default swap segnalano rischi in aumento e l’andamento delle quotazio- ninonrasserenaglianimide- gli operatori. Oltre a ciò poi non manca- no altri focolai quali l’anda- mentodiunaltrobigdell’eco- nomiarealequalePetrobas,il gigante del petrolio brasilia- no, l’omologo della nostra E- ni.Un’altraaziendalecuisor- tisembranosemprepiùinba- lia delle quotazioni del petro- lio e del dollaro americano, visto e considerato che il tito- lo è già stato declassato a spazzatura ed ha in pancia più di 2/3 del suo debito e- spresso in biglietti verdi, ov- vero in una valuta che ha vi- sto passare il cambio real/u- sd da 2,4 a quasi 4,2 real per dollaro in meno di un anno. Un fatto quest’ultimo che sta mettendo in ginocchio l’inte- ro Brasile, insieme agli scan- dali politici che colpiscono il governo in carica e che ha portato negli ultimi giorni la banca centrale in trincea per tentaredifermarneildeprez- zamento. CONCLUSIONE Un vecchio detto dice che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire ma osser- vando i grafici si potrebbe di- rechenonc’èpeggiorinvesti- tore di chi non vuol vedere quello che le quotazioni e l’andamento dei mercati stanno esprimendo, ovvero il concreto rischio che qualco- sa di grosso possa far saltare nuovamente il coperchio di protezione finora messo in campo dalle banche centrali. A mal pensare, si potrebbe anche affermare che non c’è due senza tre, ovvero, dopo il pronto intervento dei ban- chieri centrali a sostegno del- le banche e poi degli Stati, po- trebbe arrivare anche il tur- no per le grandi corporation. Uninterventocheperòèsem- pre giunto dopo un opportu- no e traumatico “shock”, un qualsivoglia evento in grado di far urlare agli investitori pietà e richiesta d’aiuto in- condizionato ai banchieri. In un tale contesto può essere il caso di non farsi trovare im- preparatioeccessivamentee- sposti ai rischi, pena il dover solosubirneimovimentisen- za beneficiarne mai. (Rubens Ligabue)