Fashion
omnicanale
EstrattodaLargoConsumon.7-8/2017©EditorialeLargoConsumosrl
In un retail del tessile-abbigliamento in cui il contatto fisico
resta imprescindibile, la tecnologia diventa la chiave
per moltiplicarne l’impatto.
NEW RETAIL
I FORUM
DI LARGO CONSUMO
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DISTRIBUZIONE
edere, toccare, provare, sentire. In piena trasformazio-
ne digitale del retail, la fisicità del negozio riafferma la
propria centralità tra i diversi touchpoint che costella-
no il customer journey conducente il cliente all’acqui-
sto attraverso tutti i possibili momenti di interazione con il
brand, in particolare in un settore in cui le specificità del pro-
dotto rendono l’esperienza in store un passaggio quasi obbli-
gato. Che si informi sul prodotto via web per poi comprarlo in
negozio o che utilizzi il punto di vendita per toccare con mano
l’oggetto desiderato e quindi acquistarlo on line, il cliente non
sembra intenzionato a rinunciare a vivere in modo diretto
un’esperienza piacevole in uno spazio che solleciti i suoi sensi
e la sua emotività e che, non a caso, soprattutto tra i più giova-
ni, sempre più spesso tende a individuare nuovi competitor pro-
prio nel mondo dell’entertainment. È una delle evidenze emer-
se dalla tavola rotonda “Customer activation nel fashion busi-
ness” che Largo Consumo, in collaborazione con Avanade,
V
leader mondiale nella fornitura di servizi digitali innovativi, ha
di recente dedicato al futuro della distribuzione di abbiglia-
mento, accessori e calzature, alla luce dell’evoluzione omnica-
nale del commercio. Attraverso le sollecitazioni di Armando
Garosci, giornalista della testata e moderatore dell’incontro,
alcuni dei retailer italiani di riferimento del comparto hanno
descritto come stanno affrontando il processo di trasformazio-
ne e innovazione digitale del punto di vendita.
SDA BOCCONI:
LA CHIAVE NELL’INTEGRAZIONE
Proprio dal punto di vista del customer engagement e della
relazione digitale con il cliente, nel suo intervento introduttivo,
la professoressa Emanuela Prandelli - direttrice del Master in
Fashion, Design and Experience alla SDA Bocconi - ha identi-
ficato alcuni dei macrofenomeni che attualmente risultano im-
pattare più da vicino il mondo del fashion e in particolare inse-
gne e retail. «L’omnicanalità e lo sviluppo omnichannel, inte-
so come integrazione tra dimensioni “on” e “off”, è divenuto
un passo essenziale. La corrispondenza biunivoca tra un clien-
te e il suo canale preferito risulta oggi sempre più sfuocata e
una segmentazione di questo tipo sempre più difficile da iden-
tificare. Nel corso della medesima esperienza di acquisto, lo
stesso cliente tende di fatto a saltare continuamente da un ca-
nale all’altro, seguendo comportamenti che nel fashion e nel
luxury sono andati nel tempo identificandosi con i fenomeni
del ROPO, research on line purchase off line, per cui dopo una
ricerca on line l’acquisto viene effettuato in store, e dello sho-
wrooming, che al contrario vede il consumatore recarsi in ne-
gozio per provare il prodotto che poi, per ragioni diverse, a par-
tire per esempio da un’offerta più conveniente, compra on line
e che, secondo alcune ricerche, arriverebbe ormai a interessare
Fashion omnicanale
NEW RETAIL
In un retail del tessile-abbigliamento in cui il contatto fisico resta
imprescindibile, la tecnologia diventa la chiave per moltiplicarne l’impatto.
di Paola Risi e Armando Garosci
IFORUM
DILARGOCONSUMO
Percorso di lettura: www.largoconsumo.info/TecnologieRetail
Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla
tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo
• Il fashion business, una riflessione su come attivare le vendite
alla luce della trasformazione multicanale e digitale del retail: il
ruolo del negozio fisico in rapporto ai canali on line e il valore
del contatto e dell’esperienza diretta per il consumatore;
• che tipo di shopping experience sono in grado di proporre le
tecnologie in store;
• quali strumenti avanzati mettere in campo per la gestione del
negozio, degli stock e del personale;
• Data analytics e CRM 2.0: quali passi in avanti per una profila-
zione “a tutto campo” e in tempo reale per cogliere le migliori
opportunità di vendita.
I temi oggetto di discussione:
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DISTRIBUZIONE
il 10% delle vendite del comparto». Entrambi questi compor-
tamenti evidenziano una prospettiva omnichannel ed è quindi
proprio nella direzione di un’integrazione che le aziende do-
vrebbero muoversi: «Il cliente è lo stesso e non ci si può per-
mettere di avere due diverse strategie per approcciarlo on e off
line, l’obiettivo, infatti, rimane unico: consolidare il posiziona-
mento di brand». Tra le esperienze che bene illustrano questo
approccio, Prandelli cita il progetto Fashion Like valso la vin-
cita del Retail Innovation Award alla catena di abbigliamento
mass market tedesca C&A: «In alcuni dei suoi punti di vendi-
ta, una linea selezionata è stata esposta su appendini dotati di
display che indicavano “in real time” quanti like ogni singolo
capo stesse ottenendo sulla pagina Facebook dell’azienda.
Un’esperienza che ha prodotto il coinvolgimento di 8 milioni
di utenti e il sold out della collezione, oltre che un chiaro esem-
pio di come sia possibile integrare e creare un circolo virtuoso
tra canale digitale e fisico».
MIROGLIO:
L’IMPORTANZA DEL CONTATTO DIRETTO
«A partire dalla sua versione primigenia, rappresentata dal-
l’informatizzazione dei processi, la nostra azienda ha sempre
creduto nel digitale», sottolinea Francesco Cavarero, chief
information officer di Miroglio, azienda fondata nel 1947 e at-
tiva nel settore T/A con circa 1.200 negozi monomarca, per lo
più a gestione diretta, suddivisi tra Italia ed estero. Nel mondo
del fashion in particolare il Gruppo Miroglio produce e distri-
buisce le collezioni di 11 marchi tra cui Motivi, Oltre e
Fiorella Rubino, esclusivamente retail, Elena Mirò, marchio
icona della vestibilità curvy con distribuzione mista, e Caractère
destinato al canale wholesale. «La gestione legata all’efficienza
dei processi interni è diventata a un certo punto insufficiente e
circa 10 anni fa abbiamo iniziato a ragionare su quella che
avrebbe dovuto essere l’evoluzione digitale del retail pensando
sostanzialmente a 2 grandi assi: l’e-commerce e il CRM».
Il primo sito, aperto dall’azienda nel 2010, è stato quello del
brand Motivi, non a caso destinato alle consumatrici più sensi-
bili alle tendenze e con dinamiche di prodotto di livello medio,
cui hanno fatto seguito i siti di tutti gli altri marchi fino a quel-
lo rivolto all’estremo opposto della gamma di clientela del-
l’azienda, Elena Mirò, studiato per una consumatrice più ma-
tura e collocato in una fascia premium dell’offerta: «Le diffe-
renze che rileviamo nel comportamento digitale di questi due
brand dipendono sia dalle clienti a cui si rivolgono sia dal mo-
do di interagire con loro da parte del nostro personale di ven-
dita: in sostanza, per chi ha strutture retail numericamente con-
sistenti, la cultura aziendale fondata sul contatto diretto con la
consumatrice rimane un riferimento fondamentale. Stiamo
sempre parlando di 4.000 persone che vedono e parlano ogni
giorno con le nostre clienti contro le meno di 100 che si occu-
pano di It e digitale al centro e che per così dire si limitano a
“immaginarle”». Sul fronte CRM l’azienda ha inizialmente la-
vorato su Elena Mirò, brand contraddistinto da una lunga tra-
dizione di fidelizzazione con la cliente e di cui esisteva già un
data base strutturato: «In esso abbiamo fatto confluire tutti i
dati delle altre nostre consumatrici per arrivare a costruire una
visione unica della cliente in una logica multicanale.
Oggi la nostra base dati conta 5 milioni di anagrafiche che
rappresentano un punto di riferimento imprescindibile per ogni
azione dell’azienda». Secondo Cavarero si tratta peraltro solo
del punto di partenza di un processo destinato a svilupparsi at-
traverso l’attivazione di nuovi strumenti: «Al momento i punti
di contatto sono due: le relazioni che la cliente ha con noi
(quindi, in sostanza, cosa ha comprato) e le iniziative che noi
abbiamo realizzato nei suoi confronti. Informazioni quindi
molto parziali, pur se certe e quindi più qualificate, che neces-
sariamente vanno integrate». La recente introduzione della tec-
nologia RFID nella catena Raffaella Rubino, nata come un
progetto di logistica di negozio, di fatto diverrà molto impor-
tante anche dal punto di vista della relazione con la cliente e
dell’engagement: «In sostanza è stato un po’ come costruire
una strada su cui poi si deciderà cosa fare viaggiare».
Sempre con riferimento alle tecnologie in store, Miroglio ha
effettuato progressivi investimenti per collegare in wi-fi tutto la
rete distributiva e introdurre un social network aziendale: «La
costruzione di una cultura di brand passa dal digitale e passa
dalle persone e in tal senso abbiamo realizzato un progetto di
grande successo che consiste nell’attivazione di una versione
interna di Facebook, uno strumento efficace che amplifica le
opportunità di comunicazione rendendola finalmente bidire-
zionale (dal centro alla periferia e viceversa) e orizzontale
(quello che scrive un negozio viene letto anche dagli altri pun-
ti di vendita): ciò da un lato consente di confrontarsi su aspetti
molto pratici (come l’allestimento delle vetrine attraverso lo
scambio di foto e video) dall’altro di rafforzare l’engagement
dei dipendenti che hanno per esempio la possibilità quotidiana
di condividere successi e risultati con l’intera rete».
MACRON:
UN CRM DI PASSIONE SPORTIVA
«La nostra formula di retail si discosta da quella classica in
quanto la relazione fondamentale è quella che i negozi costrui-
scono con le squadre del territorio», premette Gianpio Prencipe,
chief information & digital officer di Macron, nata a Bologna
nel 1971 come piccola azienda familiare e divenuta una delle
realtà italiane in massima espansione del comparto abbiglia-
mento tecnico sportivo con un network distributivo che conta
circa 120 punti vendita. Secondo la UEFA Macron si colloca
al quarto posto della classifica europea degli sponsor sportivi
con più di 50 squadre sponsorizzate- italiane e straniere - sud-
divise tra calcio, rugby, pallacanestro e pallavolo. «Il focus sul-
le squadre fa dei nostri negozi oltre che dei punti di vendita, dei
laboratori in cui personalizzare il prodotto e degli show ro-
I partecipanti alla tavola rotonda
azienda
SDA Bocconi
Miroglio
Macron
Pinko
Pinko
Teddy Group
Patrizia Pepe
BasicItalia-BasicRetail
BasicRetail
Pianoforte Holding
Pianoforte Holding
Benetton Group (Retail)
Camicissima
AW Lab
Pittarosso
Avanade
funzione
Direttrice Master in Fashion,
Design & Experience
Chief Information Officer
Chief Information & Digital Officer
Chief Financial Officer
Global Retail & Retail Mkt Director
Brand Manager Terranova
It Manager
Direttore Finanziario e Amministratore
E-commerce Manager
Responsabile Social e Digital
Ad
Global Head of Retail Design
Ad
Omnichannel Retail Director
Ict Manager
Executive e Responsabile del mercato
nome
Emanuela Prandelli
Francesco Cavarero
Gianpio Prencipe
Daniele Pini
Laura Grinzato
Andrea Arcangeli
Lorenzo Tazzi
Enrico Gramaglia
Paolo Arruzza
Marco Orlandi
Carlo Palmieri
Michele Trevisan
Sergio Candido
Stefano Finco
Marco Giora
Stefania Filippone
Servizio fotografico: Venturini - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl)
Coordinamento del dibattito: Armando Garosci, giornalista Largo Consumo
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DISTRIBUZIONE
om in cui presentarlo ai clienti. A essi ci rivolgiamo con pro-
grammi di loyalty differenti a seconda che si tratti di sportivi
generici, interessati quindi a prodotti “pleasure”, presenti nella
nostra offerta pur non rappresentando il core business del-
l’azienda, o di membri di un team: in questo caso il cliente entra
in possesso di una card specifica che attiva un meccanismo di fi-
delizzazione valido per l’intera squadra». A Macron e ai suoi
Macronstore molto spesso, dalle squadre seguite, viene affidata
anche la gestione ecommerce/digital e i rapporti con i tifosi:
«Naturalmente accanto alle squadre blasonate ci occupiamo di
tante piccole realtà locali che, non risultando ancora strutturate
da questo punto di vista, ci richiedono questo servizio che noi
siamo in grado di fornire sia in Itaila che all’estero». Su fronte
del CRM, la specifica natura dell’azienda implica regole diverse
rispetto a quelle classiche del mondo fashion: «Pochi dati e in-
formazioni, segmentazioni veloci che tengano conto soprattutto
del fatto che il comportamento d’acquisto nel nostro caso non
dipende dal gusto estetico personale o da altre simili variabili
bensì dal legame verso una squadra, dalla cosiddetta “fede”.
Se, per esempio, nel corso di una campagna un cliente ha ac-
quistato la maglia di una squadra, in occasione dell’uscita della
nuova maglia cercherò ovviamente di riagganciarlo e di offrir-
gli l’opportunità di acquistarla on line e farsela spedire in Italia
o in qualunque parte del mondo si trovi: il 70% del fatturato e-
commerce di fatto proviene dall’estero. In tal senso l’azienda
lavora realmente in una logica omnicanale: al di là del ruolo
chiave del negozio fisico quale laboratorio e show room, che si
compri on line o in store è del tutto indifferente. Nei nostri sto-
re, quando un cliente non trova il prodotto, viene stimolato non-
ché assistito dal personale di vendita all’acquisto sul sito».
PINKO:
L’E-COMMERCE PORTATO IN STORE
«L’e-commerce è un canale complesso e molto capital inten-
sive, tuttavia la tendenza a internalizzarlo rappresenta una via
percorsa ormai da tanti brand del settore: per gestire adeguata-
mente la multicanalità, che pone al centro il cliente ma anche lo
store fisico, è infatti meglio optare per un presidio diretto anche
del canale on line», così commenta la scelta di portare in casa la
gestione di tutte le operazioni legate al digitale, Daniele Pini,
chief financial officer di Pinko, fashion brand indipendente
italiano divenuto un riferimento del lusso accessibile, presente
nelle vie più prestigiose delle città in Italia e nel mondo con ol-
tre 200 negozi monomarca per lo più diretti. «La nostra visio-
ne è che alcuni moduli dell’e-commerce, inclusa la piattaforma
e tutte le leve di branding, in primis shooting, web-marketing e
merchandising, debbano essere gestite internamente. Noi ab-
biamo fatto un passo in più internalizzando anche la logistica
proprio perché vediamo in essa una leva chiave della multica-
nalità». Un terreno in cui Pinko ha giocato d’anticipo attraver-
so l’apertura nel 2013 a Milano del primo Hybrid Shop, for-
mula innovativa che portava l’e-commerce in store, offrendo
alle consumatrici l’opportunità di visionare l’intera collezione
ma soprattutto le differenti proposte di look attraverso pannel-
li touchscreen, effettuare l’acquisto e ricevere i prodotti diret-
tamente a casa. «Al di là di questa specifica formula, la nostra
strategia sui negozi sta cambiando e negli ultimi anni la tenden-
za è quella di ridurre lo stock, lavorando più sulla rotazione del
prodotto, investendo anche su spazi dalle metrature più contenu-
te che possano svolgere un ruolo di “showroom” con il suppor-
to della tecnologia e dell’e-commerce», precisa Pini sottoline-
ando come il retail stia vivendo una fase epocale in cui sempre
più si evidenzia l’importanza del database rispetto ai metri
quadri del punto di vendita e la gestione degli investimenti si
orienti nella direzione di attività di CRM e creazione di conte-
nuti piuttosto che verso costanti aperture di negozi di enormi
dimensioni. Se i metri potranno tendere a ridursi, la presenza
fisica del negozio, come estensione della brand identity, e del
personale di vendita rimane fondamentale: «Fenomeni come
il ROPO sono in evidente crescita e, secondo le nostre ricer-
che, oltre il 55% delle clienti entra nel punto di vendita dopo
aver visionato i prodotti sul sito, mentre lo showrooming, pro-
babilmente grazie al nostro posizionamento, non risulta im-
pattare sulle vendite in modo significativo. In generale vedia-
mo come i social network siano il media più usato per ispirar-
si a un acquisto, come i clienti siano sempre più vicini al
brand e più informati sul prodotto e come la multicanalità
consentirà sempre di più di incrementare i punti di contatto
con i clienti e generare brand awareness».
TERRANOVA:
INVESTIMENTI IN TECNOLOGIA E PERSONALE
«Grazie a una cultura aziendale focalizzata sul retail, abbiamo
sempre monitorato attentamente questo canale: l’avere rilevato che
chi si rivolge a più canali ed entra in contatto con più touch-point,
risulta più motivato all’acquisto e disposto a spendere di più, ci ha
spinto a investire nell’innovazione digitale e quindi nell’avvicina-
mento tra negozio fisico e on line con l’obiettivo di trasferire ai
nostri consumatori più evoluti il valore complessivo del-
l’azienda, in tutte le sue diverse componenti», così commen-
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Da sinistra, Carlo Palmieri (Pianoforte Holding), Sergio Candido (Camicissima), Michele Trevisan (Benetton Group - Retail), Paolo Arruzza
(BasicRetail), Enrico Gramaglia (BasicItalia-BasicRetail) e Lorenzo Tazzi (Patrizia Pepe).
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DISTRIBUZIONE
ta l’approccio alla gestione multicanale della sua azienda
Andrea Arcangeli, brand manager di Terranova, insegna di
punta del Gruppo Teddy presente in 49 mercati con un fattu-
rato 2016 di 563 milioni di euro e 500 negozi tra diretti e in
franchising. «In questo modo i negozi sono stati resi più parte-
cipi e hanno iniziato a identificare nell’on line un nemico in
meno e un alleato in più. Certo è del resto che siamo solo al-
l’inizio di questo percorso di pacificazione e al momento il tas-
so conversione on line è molto più basso di quello in store.
L’importante però è dare al cliente tutte le informazioni che
cerca, poi sarà lui a decidere se comprare presso il punto di
vendita o tramite e-commerce: ciò che risulta chiaro è che
quando la relazione si sviluppa anche sul canale digitale, che
sia sui social, via mail o tramite app, il consumatore è più sod-
disfatto e spesso diviene anche promotore dei valori del mar-
chio». Sul fronte CRM Terranova conta più di 1.5 milioni di
consumatori che nei 12 mesi rolling hanno utilizzato la fideli-
ty carta WE, il primo progetto con cui l’insegna ha approccia-
to il tema cliente: «Oggi intendiamo completare questo ap-
proccio rivolgendo maggiore attenzione anche alla formazione
del personale di vendita. Fondamentale è capire che a porre le
basi della relazione con il cliente è proprio il commesso che lo
accoglie in negozio, lo guarda in faccia e cerca di fargli capire
qual è la promessa del brand. Attualmente gli investimenti in
tecnologia e sulle persone sono certamente fondamentali».
PATRIZIA PEPE:
PRECISIONE DEL DATO E OTTIMIZZAZIONE
«La scelta di tenere in casa l’e–commerce, aperto nel 2009,
è dipesa soprattutto dalla volontà di gestire in modo diretto le
esigenze dei nostri diversi interlocutori, in particolare del who-
lesale, una componente ancora importante per l’azienda che
necessitava della nostra mediazione nell’affrontare il canale di-
gitale», commenta Lorenzo Tazzi, Information technology
manager di Patrizia Pepe, il fashion brand di Tessilform crea-
to nel 1993 da Patrizia Bambi e Claudio Orrea. Destinato
inizialmente solo alla vendita all’ingrosso, dal 2001 si è con-
centrato sul retail arrivando a contare circa 140 negozi tra Ita-
lia e estero di cui 50 diretti e 90 in franchising: «Con i franchi-
see da un paio di anni abbiamo introdotto una formula contrat-
tuale che prevede in sostanza una gestione paritetica. Una de-
cisione dettata dalla volontà di affiliare sempre di più anche gli
indiretti e assicurarci una maggiore fedeltà alla missione». Al-
tra strategia messa in campo negli ultimi mesi riguarda la sup-
ply chain: «Si è deciso di ridurre quasi a zero lo stock presente
nei negozi per ottimizzare gli spazi di cui paghiamo gli affitti
nei centri storici e servircene soprattutto come luoghi di espo-
sizione del prodotto e di vendita. Parallelamente lo stock è sta-
to accentrato in 5 magazzini divisi per linee e collezioni a di-
sposizione di tutti gli store, diretti e non, a cui viene garantita
un’opportunità di riassortimento rapido ogni giorno. Un cam-
biamento che comporterà sia una riduzione dei costi di logisti-
ca che un aumento dei ricavi intervenendo sulle mancate ven-
dite proprio avendo dato pari opportunità a tutti i negozi».
Le perplessità dei direttori di negozio riguardo ai rischi di
rottura di stock sono state superate grazie al digitale rivelando-
ne la funzione ottimizzatrice anche a livello di logistica e ope-
ration: «Abbiamo introdotto uno strumento di analytics e di
predizione di quelle che possono essere le esigenze del nego-
zio: in pratica, in base a una serie storica degli ordini, vengono
delineate le tendenze di esaurimento del prodotto all’interno
del punto di vendita. Parallelamente all’aumento della base da-
ti, questo sistema diverrà sempre più preciso, inoltre potrà es-
sere arricchito attraverso i feedback forniti dagli store mana-
ger: in tal modo si riuscirà ad analizzare non solo le mancanze
ma anche a capire meglio le tendenze di vendita ottenendo an-
che di rendere più partecipe e motivato il personale».
BASICNET:
L’IT FONDAMENTO DI UN MODELLO A RETE
«Una struttura fondata su sistemi informativi capaci di otti-
mizzare i processi necessari a coordinare l’attività dei nostri
partner-imprenditori che - su licenza - producono o distribui-
scono nel mondo le nostre collezioni. Questo il principio-ba-
se del nostro fondatore e presidente Marco Boglione, che al-
l’It ha da sempre assegnato un ruolo centrale». Così Enrico
Gramaglia, direttore finanziario di BasicItalia e amministra-
tore di BasicRetail, descrive il modello di business del gruppo
BasicNet che si occupa della gestione e diffusione in tutti i ter-
ritori mondiali di brand di abbigliamento, calzature e accesso-
ri per lo sport e il tempo libero quali Kappa, Robe di Kappa,
Superga, K-Way e Briko, per un fatturato aggregato 2016 di
740 milioni di euro (+1,3% sul 2015) - di cui 134 milioni rea-
lizzati da BasicItalia – anche attraverso 230 negozi monomar-
ca sviluppati a partire dal 2001 secondo il modello
“plug@sell”, una sorta di pacchetto completo che consente al-
l’imprenditore di aprire nell’arco di un mese il negozio già do-
tato di arredi e informatica e “a basso rischio” grazie alla for-
mula del conto vendita. «Proprio per la nostra organizzazione
a rete, la struttura It è sempre stata fondamentale: il nostro pri-
mo sito retail è datato 2001 e il progetto “plug@sell”, avviato
lo stesso anno, comprende nel pacchetto di apertura una serie di
device informatici molto avanzati, come i factotum, touchscre-
en con lettori di codici a barre che - oltre a permettere al cliente
di avere sul display tutte le informazioni di prodotto – consenti-
vano di effettuare interventi simultanei su tutti i negozi in giro
per il mondo».
Una cultura It molto radicata che nel 2015 ha subito un’ulte-
riore accelerazione grazie a un nuovo progetto di multicanalità
affidato a Paolo Arruzza, e-commerce manager, e attivato a fi-
ne 2016: «L’obiettivo è stato quello di assicurare al cliente che
consulta i nostri siti una visibilità totale: entrando nel sito di
Superga o di Robe di Kappa ora si può vedere la disponibilità
di prodotto non solo nel nostro magazzino, ma anche all’inter-
no di tutti i negozi monomarca italiani. Se il prodotto cercato
viene individuato in un punto di vendita di Milano o di Paler-
mo, in caso di acquisto, proprio da lì verrà spedito al cliente».
Oltre al consumatore finale, cui viene offerto un ulteriore ser-
vizio, a ottenere un vantaggio da questa innovazione digitale
saranno quindi gli stessi clienti in franchising che aumenteran-
no le occasioni di vendita. Infatti, grazie al marketplace, per lo-
ro sarà possibile raggiungere un target vastissimo di potenziali
clienti, in ogni angolo della Penisola: «Quella che tendeva a es-
sere vista come una minaccia viene in tal modo trasformata in
un’opportunità». Attualmente le vendite on line del gruppo so-
no di poco superiori rispetto alla media italiana e i numeri ge-
nerati da questa esperienza sono interessanti: «Grazie alla mul-
ticanalità circa il 30% degli ordini ricevuti sul sito Superga è
gestito dai negozi: la loro disponibilità ci ha aiutato a coprire
una domanda che non saremmo stati in grado di soddisfare e si
sarebbe tradotta in vendite mancate».
PIANOFORTE HOLDING:
IL FUTURO NELLA STORE TRANSFORMATION
«L’essere una start up nell’area digitale ci consente di ag- ̈
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gredire un concetto di innovation technology molto più facil-
mente rispetto ad aziende in possesso di un heritage che rischia
di condizionarle», afferma con riferimento al suo piano di digi-
talizzazione Marco Orlandi, responsabile social e digital di
Pianoforte Holding, società proprietaria dei brand Carpisa,
Yamamay e Jaked distribuiti attraverso 1.300 punti di vendita
monomarca (di cui 850 in franchising) in circa 40 Paesi per un
fatturato medio consolidato di 300 milioni di euro sell out.
«Il concetto di omnicanalità legato al retail distributivo, in
particolar modo nell’area tessile, deve fare i conti anzitutto con
la sostenibilità - sottolinea Orlandi –. Se si considera l’omnica-
nalita non tanto e non solo come un concetto di integrazione tra
i vari device ma da un punto di vista di business, l’e-commerce,
che è ne il motore, dovrebbe essere a redditività positiva. Un
obiettivo che la mera vendita di prodotto non sempre è in grado
di garantire ma che diviene più facilmente raggiungibile ren-
dendo vendibili i servizi che il digital consente di integrare al-
l’interno dello store». In sostanza per il responsabile di Piano-
forte Holding la battaglia dell’e-commerce non si può vincere
solo attraverso il prodotto e il digitale dovrebbe servire soprat-
tutto a elevare il livello del servizio offerto: «Proprio qui sta il
vantaggio dell’azienda retail: da una parte hai il tuo prodotto
che vendi secondo le tue marginalità, dall’altra puoi e devi ven-
dere qualcosa di nuovo, che il retail non prevedeva. L’omnica-
nalità del futuro, per noi, va nella direzione di un concetto di
store trasformation e non verso il modello e-commerce in cui il
prodotto è parte centrale. Proprio in questa direzione si orienta
il progetto di digitalizzazione dell’azienda che diventa un modo
per rivederne il modello organizzativo e recuperare efficienze».
BENETTON:
OLTRE L’IDEA TRADIZIONALE DI NEGOZIO
«La mia lettura della digital innovation è quella del retail de-
signer, ovvero di chi progetta i negozi, gli spazi fisici», con
queste parole introduce il suo intervento Michele Trevisan,
global head of retail design di Benetton, marchio storico del
fashion nato nel 1965 e oggi presente con circa 5.000 negozi in
tutto il mondo per un fatturato di circa 1,5 miliardi sul totale di
12 miliardi di giro di affari sviluppati dalla holding di famiglia,
Edizione Srl. «Il tema non è tanto quello di rendere visibile la
tecnologia nel negozio: totem e touchscreen sono ormai niente
più di quello che abbiamo già in tasca e il fatto che nei negozi
di un colosso del settore come Apple non ci sia tecnologia evi-
dente deve far riflettere. Il vero l’obiettivo dell’innovazione di-
gitale del retail dovrebbe essere quello di trasformare il nego-
zio da luogo di vendita fine a se stesso - in cui si entra, si pro-
va il capo, si compra e si esce - in uno spazio in cui il cliente ha
modo toccare e provare il prodotto, fare “brand experience”
usufruendo di funzioni aggiuntive che lo coinvolgano in modo
più articolato, per poi effettuare l’acquisto con la rapidità e i
vantaggi dell’e-commerce».
I marchi del fashion non sono stati in grado di proporre su
questo fronte delle soluzioni innovative radicali: «Nella stra-
grande maggioranza dei casi i negozi fisici dei brand d’abbi-
gliamento hanno subito una deriva nell’ambito del digital si-
gnage più che costruito valore aggiunto per i consumatori, li-
mitandosi sostanzialmente a dare informazioni aggiuntive at-
traverso schermi interattivi o “presunti” camerini intelligenti.
In realtà, il modello di business del fashion store rimane anco-
rato a schemi da prima rivoluzione industriale laddove altri set-
tori, dall’automotive a quello bancario, hanno vissuto una vera
innovazione». Anche Benetton è ancora lontana dalla realizza-
zione di autentici show room urbani digitali ma questa è la di-
rezione e attraverso un recente test ha avuto modo di speri-
mentare la disponibilità dell’utente ad essere coinvolto nel dia-
logo col brand: «Durante l’ultima Fashion Week a Milano ab-
biamo realizzato un’installazione temporanea con tre cubi in
cui le persone interagivano con un software, combinando colo-
ri e emozioni per rivelarne lo stato d’animo. I video, proiettati
all’esterno dei cubi, sono stati oggetto di molte condivisioni sui
social ottenendo una larga risonanza».
CAMICISSIMA:
VENDITE SOTTO CONTROLLO IN REAL TIME
«La necessità di controllare una catena di negozi sempre più
articolata e numericamente consistente ci ha portati ad asse-
gnare un peso crescente al digitale», precisa Sergio Candido,
ad e fondatore di Camicissima, marchio prodotto e distribuito
da Fenicia Spa, l’azienda di famiglia attiva dal 1931 come
produttore di camicie per le maggiori griffe della moda.
«Nel 2001 abbiamo deciso di investire su un nostro brand e
una nostra catena puntando su un concetto di vendita multipla
associato a un prodotto classico: dal primo negozio Camicissi-
ma, aperto a Milano nel 2004, siamo arrivati a contare 260
punti di vendita di cui 115 in Italia, 104 in Cina e altri 45
sparsi per il mondo con l’obiettivo di raggiungere i 1.000 ne-
gozi entro il 2022. Inizialmente è stata l’esigenza di monito-
rare gli ingressi a spingerci a investire in tecnologia: dopo
aver sperimentato diversi strumenti (dal contapersone alle te-
lecamere), rivelatisi imprecisi, abbiamo brevettato un siste-
DISTRIBUZIONE
LARGO CONSUMO n. 7-8/2017
Da sinistra, Stefania Filippone (Avanade), Andrea Arcangeli (Teddy Group), Daniele Pini (Pinko), Laura Grinzato (Pinko), Gianpio Prencipe
(Macron), Francesco Cavarero (Miroglio) ed Emanuela Prandelli (SDA Bocconi).
42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 46
ma, lo Shop Control System, che ci consente di registrare le
persone entrate, di farne la fotografia e di ricevere tutti i dati
su cosa sia stato venduto, minuto per minuto». Il passo suc-
cessivo è aprire il canale e-commerce: «Lo faremo con una
piattaforma che consentirà a negozi diretti e affiliati di attin-
gere alla nostra logistica che prevede 400.000 capi sempre di-
sponibili. Per noi del resto ogni negozio è fondamentalmente
un’unità produttiva e anche se il digital sta crescendo, al mo-
mento è ancora marginale».
AW LAB:
UNA SHOPPING EXPERIENCE OMNICANALE
«Nell’affrontare l’omnicanalità abbiamo focalizzato l’atten-
zione sulla customer journey del nostro cliente, cercando di ca-
pire in primis quali ragioni lo portano a comprare da noi», sot-
tolinea Stefano Finco, omnichannel retail director di AW
LAB, uno dei retailer italiani di riferimento nel segmento spor-
tstyle con oltre 200 store in Italia e Spagna. Il network offre una
selezione di sneaker e abbligliamento dei migliori brand sporti-
vi internazionali ed è parte del gruppo Bata, leader mondiale
per la produzione e commercializzazione di calzature con circa
4.000 negozi in tutto il mondo. «In seguito a un’azione di re-
branding e restyling dei punti di vendita, AW LAB si propone
dal 2011 come un vero e proprio laboratorio di tendenze urban
sportstyle: chi acquista da noi non acquista solo un prodotto ma
un’emozione, un piacere che gratifica. In questo senso i nostri
competitor non sono solo i marchi sportivi ma anche brand di
altri settori, a partire per esempio da Apple. Tenendo conto di
questo abbiamo deciso di migliorare il nostro sito web, con l’in-
tento di focalizzare l’attenzione del consumatore più sui conte-
nuti che sul prezzo, delineando così una “unique shopping ex-
perience” per tutti e tre i nostri canali (diretti, franchising e
web). Questi ultimi, dall’anno scorso, sono stati unificati e po-
tenziati anche grazie al CRM». Un ruolo fondamentale nella
customer journey di AW LAB, secondo Finco, è quello dei so-
cial: «I clienti vengono in negozio, già informati, e condivido-
no foto con gli amici, postano commenti e contribuiscono, at-
traverso l’interazione con i social, a creare interesse sui prodot-
ti e sul nostro brand. Di questo sono ben consapevoli anche i
nostri franchisee che, sempre di più, riconoscono l’importanza
dell’essere presenti sui social per farsi conoscere».
PITTAROSSO:
VERSO LA COSTRUZIONE DI UN CRM 2.0
«Dopo esserci concentrati sullo sviluppo del network distri-
butivo, ci troviamo davanti alla
necessità di affrontare in tempi
molto rapidi un’evoluzione dei
sistemi che ci consenta di gesti-
re adeguatamente la multicana-
lità», afferma Marco Giora, Ict
manager di PittaRosso, retailer
multimarca di calzature con cir-
ca 215 punti di vendita, di me-
tratura media di 1.500 metri
quadrati, in Italia e all’estero.
Fondamentale è creare infra-
strutture in grado di farci cono-
scere i nostri clienti: «Il 60%
degli acquisti nei negozi Pitta-
Rosso viene effettuato con le fi-
delity card ma il restante 40%
non è tracciato e non sappiamo nulla su entrate e comporta-
menti di chi esce dal punto vendita senza avere comprato. Per
cercare di leggere questa parte mancante al momento stiamo fa-
cendo dei POC ricorrendo a tecnologia wi-fi e Beacon correda-
ta da telecamere. Procederemo quindi con la classica clusteriz-
zazione, ovvero suddividendo i clienti per target di interesse in
base alle categorie merceologiche a disposizione nei negozi,
con il principale obiettivo di realizzare campagne mirate, attivi-
tà di notifica PUSH, content delivery, promo localizzate e pro-
ximity marketing in una logica di CRM 2.0».
AVANADE:
PUNTI CHIAVE DELLA DIGITAL INNOVATION
«La tecnologia non è solo un oggetto fisico e non è sempre
necessario renderla visibile nei negozi. Negli anni c’è stata
un’evoluzione e al di là di siti, app, totem e videowall; ciò che
conta realmente adesso è disporre di strumenti in grado di pro-
filare il cliente e quindi di incrementare le opportunità di ven-
dita offrendo proposte mirate e servizi one-to-one alle perso-
ne», commenta Stefania Filippone, executive e responsabile
del mercato di Avanade, multinazionale con 24.000 dipen-
denti e 2 milioni di fatturato, una realtà di riferimento per le
aziende che intendano essere supportate nell’affrontare la di-
gital evolution. Tra le tendenze più significative rilevate in
merito al retail, per il tema e-commerce, Filippone indica
l’importanza di una piattaforma di gestione dell’ordine univo-
ca: «Uno strumento che, indipendentemente dal canale di in-
gresso, sia esso lo store, il sito e-commerce o qualsiasi altro ti-
po di touch point, consenta di gestire l’ordine e di dispacciar-
lo poi su tutte le diverse opzioni di delivery, si tratti di un click
& collect, di una spedizione a domicilio o in uno store vicino.
In sostanza, almeno per tutto quello che riguarda il back end
dell’e-commerce, avere un’unica piattaforma risulta indispen-
sabile per gestire gli ordini efficacemente». Altro punto chiave,
l’evoluzione dei sistemi di CRM: «Le aziende oggi tendono per
lo più a lavorare ancora solo sui clienti noti e non su quelli non
noti che invece rappresentano un patrimonio molto prezioso.
Oggi sono disponibili strumenti come le data management plat-
form che consentono da un lato di avere un CRM operazionale
in cui fare custom service, dall’altro di sfruttare la capacità dei
Big Data e, attraverso meccanismi semplici e fruibili di cluste-
rizzazione, usare le informazioni a disposizione sui consumato-
re noti per elaborarne su quelli non noti e costruire delle cam-
pagne di acquisizione clienti molto più mirate ed efficaci».
Altra tendenza che si sta evidenziando in particolare con i
clienti italiani di Avanade è quella di investire sulla customer
experience map: «Qualunque
tipo di interazione col consu-
matore, su qualunque canale,
deve essere pianificata e defi-
nita delineando un concetto
preciso di quello che è il cu-
stomer experience manage-
ment dell’azienda. In questo
ambito il partner digital non si
sostituisce a chi fa attività
creativa o a chi gestisce le
campagne ma cerca di definir-
ne la sequenza con due finalità
principali: conoscere sempre
meglio il cliente e aumentare
al massimo il risultato dell’at-
tività promozionale». I
47LARGO CONSUMO n. 7-8/2017
DISTRIBUZIONE
Da sinistra, Stefano Finco (AW Lab), Marco Giora (Pittarosso) e
Marco Orlandi (Pianoforte Holding).
42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 47

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Customer activation nel fashion business

  • 1. Fashion omnicanale EstrattodaLargoConsumon.7-8/2017©EditorialeLargoConsumosrl In un retail del tessile-abbigliamento in cui il contatto fisico resta imprescindibile, la tecnologia diventa la chiave per moltiplicarne l’impatto. NEW RETAIL I FORUM DI LARGO CONSUMO
  • 2. 42 DISTRIBUZIONE edere, toccare, provare, sentire. In piena trasformazio- ne digitale del retail, la fisicità del negozio riafferma la propria centralità tra i diversi touchpoint che costella- no il customer journey conducente il cliente all’acqui- sto attraverso tutti i possibili momenti di interazione con il brand, in particolare in un settore in cui le specificità del pro- dotto rendono l’esperienza in store un passaggio quasi obbli- gato. Che si informi sul prodotto via web per poi comprarlo in negozio o che utilizzi il punto di vendita per toccare con mano l’oggetto desiderato e quindi acquistarlo on line, il cliente non sembra intenzionato a rinunciare a vivere in modo diretto un’esperienza piacevole in uno spazio che solleciti i suoi sensi e la sua emotività e che, non a caso, soprattutto tra i più giova- ni, sempre più spesso tende a individuare nuovi competitor pro- prio nel mondo dell’entertainment. È una delle evidenze emer- se dalla tavola rotonda “Customer activation nel fashion busi- ness” che Largo Consumo, in collaborazione con Avanade, V leader mondiale nella fornitura di servizi digitali innovativi, ha di recente dedicato al futuro della distribuzione di abbiglia- mento, accessori e calzature, alla luce dell’evoluzione omnica- nale del commercio. Attraverso le sollecitazioni di Armando Garosci, giornalista della testata e moderatore dell’incontro, alcuni dei retailer italiani di riferimento del comparto hanno descritto come stanno affrontando il processo di trasformazio- ne e innovazione digitale del punto di vendita. SDA BOCCONI: LA CHIAVE NELL’INTEGRAZIONE Proprio dal punto di vista del customer engagement e della relazione digitale con il cliente, nel suo intervento introduttivo, la professoressa Emanuela Prandelli - direttrice del Master in Fashion, Design and Experience alla SDA Bocconi - ha identi- ficato alcuni dei macrofenomeni che attualmente risultano im- pattare più da vicino il mondo del fashion e in particolare inse- gne e retail. «L’omnicanalità e lo sviluppo omnichannel, inte- so come integrazione tra dimensioni “on” e “off”, è divenuto un passo essenziale. La corrispondenza biunivoca tra un clien- te e il suo canale preferito risulta oggi sempre più sfuocata e una segmentazione di questo tipo sempre più difficile da iden- tificare. Nel corso della medesima esperienza di acquisto, lo stesso cliente tende di fatto a saltare continuamente da un ca- nale all’altro, seguendo comportamenti che nel fashion e nel luxury sono andati nel tempo identificandosi con i fenomeni del ROPO, research on line purchase off line, per cui dopo una ricerca on line l’acquisto viene effettuato in store, e dello sho- wrooming, che al contrario vede il consumatore recarsi in ne- gozio per provare il prodotto che poi, per ragioni diverse, a par- tire per esempio da un’offerta più conveniente, compra on line e che, secondo alcune ricerche, arriverebbe ormai a interessare Fashion omnicanale NEW RETAIL In un retail del tessile-abbigliamento in cui il contatto fisico resta imprescindibile, la tecnologia diventa la chiave per moltiplicarne l’impatto. di Paola Risi e Armando Garosci IFORUM DILARGOCONSUMO Percorso di lettura: www.largoconsumo.info/TecnologieRetail Guarda la sintesi video degli interventi dei partecipanti alla tavola rotonda su: www.youtube.com/largoconsumo • Il fashion business, una riflessione su come attivare le vendite alla luce della trasformazione multicanale e digitale del retail: il ruolo del negozio fisico in rapporto ai canali on line e il valore del contatto e dell’esperienza diretta per il consumatore; • che tipo di shopping experience sono in grado di proporre le tecnologie in store; • quali strumenti avanzati mettere in campo per la gestione del negozio, degli stock e del personale; • Data analytics e CRM 2.0: quali passi in avanti per una profila- zione “a tutto campo” e in tempo reale per cogliere le migliori opportunità di vendita. I temi oggetto di discussione: LARGO CONSUMO n. 7-8/2017 42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 42
  • 3. DISTRIBUZIONE il 10% delle vendite del comparto». Entrambi questi compor- tamenti evidenziano una prospettiva omnichannel ed è quindi proprio nella direzione di un’integrazione che le aziende do- vrebbero muoversi: «Il cliente è lo stesso e non ci si può per- mettere di avere due diverse strategie per approcciarlo on e off line, l’obiettivo, infatti, rimane unico: consolidare il posiziona- mento di brand». Tra le esperienze che bene illustrano questo approccio, Prandelli cita il progetto Fashion Like valso la vin- cita del Retail Innovation Award alla catena di abbigliamento mass market tedesca C&A: «In alcuni dei suoi punti di vendi- ta, una linea selezionata è stata esposta su appendini dotati di display che indicavano “in real time” quanti like ogni singolo capo stesse ottenendo sulla pagina Facebook dell’azienda. Un’esperienza che ha prodotto il coinvolgimento di 8 milioni di utenti e il sold out della collezione, oltre che un chiaro esem- pio di come sia possibile integrare e creare un circolo virtuoso tra canale digitale e fisico». MIROGLIO: L’IMPORTANZA DEL CONTATTO DIRETTO «A partire dalla sua versione primigenia, rappresentata dal- l’informatizzazione dei processi, la nostra azienda ha sempre creduto nel digitale», sottolinea Francesco Cavarero, chief information officer di Miroglio, azienda fondata nel 1947 e at- tiva nel settore T/A con circa 1.200 negozi monomarca, per lo più a gestione diretta, suddivisi tra Italia ed estero. Nel mondo del fashion in particolare il Gruppo Miroglio produce e distri- buisce le collezioni di 11 marchi tra cui Motivi, Oltre e Fiorella Rubino, esclusivamente retail, Elena Mirò, marchio icona della vestibilità curvy con distribuzione mista, e Caractère destinato al canale wholesale. «La gestione legata all’efficienza dei processi interni è diventata a un certo punto insufficiente e circa 10 anni fa abbiamo iniziato a ragionare su quella che avrebbe dovuto essere l’evoluzione digitale del retail pensando sostanzialmente a 2 grandi assi: l’e-commerce e il CRM». Il primo sito, aperto dall’azienda nel 2010, è stato quello del brand Motivi, non a caso destinato alle consumatrici più sensi- bili alle tendenze e con dinamiche di prodotto di livello medio, cui hanno fatto seguito i siti di tutti gli altri marchi fino a quel- lo rivolto all’estremo opposto della gamma di clientela del- l’azienda, Elena Mirò, studiato per una consumatrice più ma- tura e collocato in una fascia premium dell’offerta: «Le diffe- renze che rileviamo nel comportamento digitale di questi due brand dipendono sia dalle clienti a cui si rivolgono sia dal mo- do di interagire con loro da parte del nostro personale di ven- dita: in sostanza, per chi ha strutture retail numericamente con- sistenti, la cultura aziendale fondata sul contatto diretto con la consumatrice rimane un riferimento fondamentale. Stiamo sempre parlando di 4.000 persone che vedono e parlano ogni giorno con le nostre clienti contro le meno di 100 che si occu- pano di It e digitale al centro e che per così dire si limitano a “immaginarle”». Sul fronte CRM l’azienda ha inizialmente la- vorato su Elena Mirò, brand contraddistinto da una lunga tra- dizione di fidelizzazione con la cliente e di cui esisteva già un data base strutturato: «In esso abbiamo fatto confluire tutti i dati delle altre nostre consumatrici per arrivare a costruire una visione unica della cliente in una logica multicanale. Oggi la nostra base dati conta 5 milioni di anagrafiche che rappresentano un punto di riferimento imprescindibile per ogni azione dell’azienda». Secondo Cavarero si tratta peraltro solo del punto di partenza di un processo destinato a svilupparsi at- traverso l’attivazione di nuovi strumenti: «Al momento i punti di contatto sono due: le relazioni che la cliente ha con noi (quindi, in sostanza, cosa ha comprato) e le iniziative che noi abbiamo realizzato nei suoi confronti. Informazioni quindi molto parziali, pur se certe e quindi più qualificate, che neces- sariamente vanno integrate». La recente introduzione della tec- nologia RFID nella catena Raffaella Rubino, nata come un progetto di logistica di negozio, di fatto diverrà molto impor- tante anche dal punto di vista della relazione con la cliente e dell’engagement: «In sostanza è stato un po’ come costruire una strada su cui poi si deciderà cosa fare viaggiare». Sempre con riferimento alle tecnologie in store, Miroglio ha effettuato progressivi investimenti per collegare in wi-fi tutto la rete distributiva e introdurre un social network aziendale: «La costruzione di una cultura di brand passa dal digitale e passa dalle persone e in tal senso abbiamo realizzato un progetto di grande successo che consiste nell’attivazione di una versione interna di Facebook, uno strumento efficace che amplifica le opportunità di comunicazione rendendola finalmente bidire- zionale (dal centro alla periferia e viceversa) e orizzontale (quello che scrive un negozio viene letto anche dagli altri pun- ti di vendita): ciò da un lato consente di confrontarsi su aspetti molto pratici (come l’allestimento delle vetrine attraverso lo scambio di foto e video) dall’altro di rafforzare l’engagement dei dipendenti che hanno per esempio la possibilità quotidiana di condividere successi e risultati con l’intera rete». MACRON: UN CRM DI PASSIONE SPORTIVA «La nostra formula di retail si discosta da quella classica in quanto la relazione fondamentale è quella che i negozi costrui- scono con le squadre del territorio», premette Gianpio Prencipe, chief information & digital officer di Macron, nata a Bologna nel 1971 come piccola azienda familiare e divenuta una delle realtà italiane in massima espansione del comparto abbiglia- mento tecnico sportivo con un network distributivo che conta circa 120 punti vendita. Secondo la UEFA Macron si colloca al quarto posto della classifica europea degli sponsor sportivi con più di 50 squadre sponsorizzate- italiane e straniere - sud- divise tra calcio, rugby, pallacanestro e pallavolo. «Il focus sul- le squadre fa dei nostri negozi oltre che dei punti di vendita, dei laboratori in cui personalizzare il prodotto e degli show ro- I partecipanti alla tavola rotonda azienda SDA Bocconi Miroglio Macron Pinko Pinko Teddy Group Patrizia Pepe BasicItalia-BasicRetail BasicRetail Pianoforte Holding Pianoforte Holding Benetton Group (Retail) Camicissima AW Lab Pittarosso Avanade funzione Direttrice Master in Fashion, Design & Experience Chief Information Officer Chief Information & Digital Officer Chief Financial Officer Global Retail & Retail Mkt Director Brand Manager Terranova It Manager Direttore Finanziario e Amministratore E-commerce Manager Responsabile Social e Digital Ad Global Head of Retail Design Ad Omnichannel Retail Director Ict Manager Executive e Responsabile del mercato nome Emanuela Prandelli Francesco Cavarero Gianpio Prencipe Daniele Pini Laura Grinzato Andrea Arcangeli Lorenzo Tazzi Enrico Gramaglia Paolo Arruzza Marco Orlandi Carlo Palmieri Michele Trevisan Sergio Candido Stefano Finco Marco Giora Stefania Filippone Servizio fotografico: Venturini - Servizio video: Paolo Vecchi (Phid srl) Coordinamento del dibattito: Armando Garosci, giornalista Largo Consumo ̈ 43LARGO CONSUMO n. 7-8/2017 42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 43
  • 4. 44 DISTRIBUZIONE om in cui presentarlo ai clienti. A essi ci rivolgiamo con pro- grammi di loyalty differenti a seconda che si tratti di sportivi generici, interessati quindi a prodotti “pleasure”, presenti nella nostra offerta pur non rappresentando il core business del- l’azienda, o di membri di un team: in questo caso il cliente entra in possesso di una card specifica che attiva un meccanismo di fi- delizzazione valido per l’intera squadra». A Macron e ai suoi Macronstore molto spesso, dalle squadre seguite, viene affidata anche la gestione ecommerce/digital e i rapporti con i tifosi: «Naturalmente accanto alle squadre blasonate ci occupiamo di tante piccole realtà locali che, non risultando ancora strutturate da questo punto di vista, ci richiedono questo servizio che noi siamo in grado di fornire sia in Itaila che all’estero». Su fronte del CRM, la specifica natura dell’azienda implica regole diverse rispetto a quelle classiche del mondo fashion: «Pochi dati e in- formazioni, segmentazioni veloci che tengano conto soprattutto del fatto che il comportamento d’acquisto nel nostro caso non dipende dal gusto estetico personale o da altre simili variabili bensì dal legame verso una squadra, dalla cosiddetta “fede”. Se, per esempio, nel corso di una campagna un cliente ha ac- quistato la maglia di una squadra, in occasione dell’uscita della nuova maglia cercherò ovviamente di riagganciarlo e di offrir- gli l’opportunità di acquistarla on line e farsela spedire in Italia o in qualunque parte del mondo si trovi: il 70% del fatturato e- commerce di fatto proviene dall’estero. In tal senso l’azienda lavora realmente in una logica omnicanale: al di là del ruolo chiave del negozio fisico quale laboratorio e show room, che si compri on line o in store è del tutto indifferente. Nei nostri sto- re, quando un cliente non trova il prodotto, viene stimolato non- ché assistito dal personale di vendita all’acquisto sul sito». PINKO: L’E-COMMERCE PORTATO IN STORE «L’e-commerce è un canale complesso e molto capital inten- sive, tuttavia la tendenza a internalizzarlo rappresenta una via percorsa ormai da tanti brand del settore: per gestire adeguata- mente la multicanalità, che pone al centro il cliente ma anche lo store fisico, è infatti meglio optare per un presidio diretto anche del canale on line», così commenta la scelta di portare in casa la gestione di tutte le operazioni legate al digitale, Daniele Pini, chief financial officer di Pinko, fashion brand indipendente italiano divenuto un riferimento del lusso accessibile, presente nelle vie più prestigiose delle città in Italia e nel mondo con ol- tre 200 negozi monomarca per lo più diretti. «La nostra visio- ne è che alcuni moduli dell’e-commerce, inclusa la piattaforma e tutte le leve di branding, in primis shooting, web-marketing e merchandising, debbano essere gestite internamente. Noi ab- biamo fatto un passo in più internalizzando anche la logistica proprio perché vediamo in essa una leva chiave della multica- nalità». Un terreno in cui Pinko ha giocato d’anticipo attraver- so l’apertura nel 2013 a Milano del primo Hybrid Shop, for- mula innovativa che portava l’e-commerce in store, offrendo alle consumatrici l’opportunità di visionare l’intera collezione ma soprattutto le differenti proposte di look attraverso pannel- li touchscreen, effettuare l’acquisto e ricevere i prodotti diret- tamente a casa. «Al di là di questa specifica formula, la nostra strategia sui negozi sta cambiando e negli ultimi anni la tenden- za è quella di ridurre lo stock, lavorando più sulla rotazione del prodotto, investendo anche su spazi dalle metrature più contenu- te che possano svolgere un ruolo di “showroom” con il suppor- to della tecnologia e dell’e-commerce», precisa Pini sottoline- ando come il retail stia vivendo una fase epocale in cui sempre più si evidenzia l’importanza del database rispetto ai metri quadri del punto di vendita e la gestione degli investimenti si orienti nella direzione di attività di CRM e creazione di conte- nuti piuttosto che verso costanti aperture di negozi di enormi dimensioni. Se i metri potranno tendere a ridursi, la presenza fisica del negozio, come estensione della brand identity, e del personale di vendita rimane fondamentale: «Fenomeni come il ROPO sono in evidente crescita e, secondo le nostre ricer- che, oltre il 55% delle clienti entra nel punto di vendita dopo aver visionato i prodotti sul sito, mentre lo showrooming, pro- babilmente grazie al nostro posizionamento, non risulta im- pattare sulle vendite in modo significativo. In generale vedia- mo come i social network siano il media più usato per ispirar- si a un acquisto, come i clienti siano sempre più vicini al brand e più informati sul prodotto e come la multicanalità consentirà sempre di più di incrementare i punti di contatto con i clienti e generare brand awareness». TERRANOVA: INVESTIMENTI IN TECNOLOGIA E PERSONALE «Grazie a una cultura aziendale focalizzata sul retail, abbiamo sempre monitorato attentamente questo canale: l’avere rilevato che chi si rivolge a più canali ed entra in contatto con più touch-point, risulta più motivato all’acquisto e disposto a spendere di più, ci ha spinto a investire nell’innovazione digitale e quindi nell’avvicina- mento tra negozio fisico e on line con l’obiettivo di trasferire ai nostri consumatori più evoluti il valore complessivo del- l’azienda, in tutte le sue diverse componenti», così commen- LARGO CONSUMO n. 7-8/2017 Da sinistra, Carlo Palmieri (Pianoforte Holding), Sergio Candido (Camicissima), Michele Trevisan (Benetton Group - Retail), Paolo Arruzza (BasicRetail), Enrico Gramaglia (BasicItalia-BasicRetail) e Lorenzo Tazzi (Patrizia Pepe). 42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 44
  • 5. 45 DISTRIBUZIONE ta l’approccio alla gestione multicanale della sua azienda Andrea Arcangeli, brand manager di Terranova, insegna di punta del Gruppo Teddy presente in 49 mercati con un fattu- rato 2016 di 563 milioni di euro e 500 negozi tra diretti e in franchising. «In questo modo i negozi sono stati resi più parte- cipi e hanno iniziato a identificare nell’on line un nemico in meno e un alleato in più. Certo è del resto che siamo solo al- l’inizio di questo percorso di pacificazione e al momento il tas- so conversione on line è molto più basso di quello in store. L’importante però è dare al cliente tutte le informazioni che cerca, poi sarà lui a decidere se comprare presso il punto di vendita o tramite e-commerce: ciò che risulta chiaro è che quando la relazione si sviluppa anche sul canale digitale, che sia sui social, via mail o tramite app, il consumatore è più sod- disfatto e spesso diviene anche promotore dei valori del mar- chio». Sul fronte CRM Terranova conta più di 1.5 milioni di consumatori che nei 12 mesi rolling hanno utilizzato la fideli- ty carta WE, il primo progetto con cui l’insegna ha approccia- to il tema cliente: «Oggi intendiamo completare questo ap- proccio rivolgendo maggiore attenzione anche alla formazione del personale di vendita. Fondamentale è capire che a porre le basi della relazione con il cliente è proprio il commesso che lo accoglie in negozio, lo guarda in faccia e cerca di fargli capire qual è la promessa del brand. Attualmente gli investimenti in tecnologia e sulle persone sono certamente fondamentali». PATRIZIA PEPE: PRECISIONE DEL DATO E OTTIMIZZAZIONE «La scelta di tenere in casa l’e–commerce, aperto nel 2009, è dipesa soprattutto dalla volontà di gestire in modo diretto le esigenze dei nostri diversi interlocutori, in particolare del who- lesale, una componente ancora importante per l’azienda che necessitava della nostra mediazione nell’affrontare il canale di- gitale», commenta Lorenzo Tazzi, Information technology manager di Patrizia Pepe, il fashion brand di Tessilform crea- to nel 1993 da Patrizia Bambi e Claudio Orrea. Destinato inizialmente solo alla vendita all’ingrosso, dal 2001 si è con- centrato sul retail arrivando a contare circa 140 negozi tra Ita- lia e estero di cui 50 diretti e 90 in franchising: «Con i franchi- see da un paio di anni abbiamo introdotto una formula contrat- tuale che prevede in sostanza una gestione paritetica. Una de- cisione dettata dalla volontà di affiliare sempre di più anche gli indiretti e assicurarci una maggiore fedeltà alla missione». Al- tra strategia messa in campo negli ultimi mesi riguarda la sup- ply chain: «Si è deciso di ridurre quasi a zero lo stock presente nei negozi per ottimizzare gli spazi di cui paghiamo gli affitti nei centri storici e servircene soprattutto come luoghi di espo- sizione del prodotto e di vendita. Parallelamente lo stock è sta- to accentrato in 5 magazzini divisi per linee e collezioni a di- sposizione di tutti gli store, diretti e non, a cui viene garantita un’opportunità di riassortimento rapido ogni giorno. Un cam- biamento che comporterà sia una riduzione dei costi di logisti- ca che un aumento dei ricavi intervenendo sulle mancate ven- dite proprio avendo dato pari opportunità a tutti i negozi». Le perplessità dei direttori di negozio riguardo ai rischi di rottura di stock sono state superate grazie al digitale rivelando- ne la funzione ottimizzatrice anche a livello di logistica e ope- ration: «Abbiamo introdotto uno strumento di analytics e di predizione di quelle che possono essere le esigenze del nego- zio: in pratica, in base a una serie storica degli ordini, vengono delineate le tendenze di esaurimento del prodotto all’interno del punto di vendita. Parallelamente all’aumento della base da- ti, questo sistema diverrà sempre più preciso, inoltre potrà es- sere arricchito attraverso i feedback forniti dagli store mana- ger: in tal modo si riuscirà ad analizzare non solo le mancanze ma anche a capire meglio le tendenze di vendita ottenendo an- che di rendere più partecipe e motivato il personale». BASICNET: L’IT FONDAMENTO DI UN MODELLO A RETE «Una struttura fondata su sistemi informativi capaci di otti- mizzare i processi necessari a coordinare l’attività dei nostri partner-imprenditori che - su licenza - producono o distribui- scono nel mondo le nostre collezioni. Questo il principio-ba- se del nostro fondatore e presidente Marco Boglione, che al- l’It ha da sempre assegnato un ruolo centrale». Così Enrico Gramaglia, direttore finanziario di BasicItalia e amministra- tore di BasicRetail, descrive il modello di business del gruppo BasicNet che si occupa della gestione e diffusione in tutti i ter- ritori mondiali di brand di abbigliamento, calzature e accesso- ri per lo sport e il tempo libero quali Kappa, Robe di Kappa, Superga, K-Way e Briko, per un fatturato aggregato 2016 di 740 milioni di euro (+1,3% sul 2015) - di cui 134 milioni rea- lizzati da BasicItalia – anche attraverso 230 negozi monomar- ca sviluppati a partire dal 2001 secondo il modello “plug@sell”, una sorta di pacchetto completo che consente al- l’imprenditore di aprire nell’arco di un mese il negozio già do- tato di arredi e informatica e “a basso rischio” grazie alla for- mula del conto vendita. «Proprio per la nostra organizzazione a rete, la struttura It è sempre stata fondamentale: il nostro pri- mo sito retail è datato 2001 e il progetto “plug@sell”, avviato lo stesso anno, comprende nel pacchetto di apertura una serie di device informatici molto avanzati, come i factotum, touchscre- en con lettori di codici a barre che - oltre a permettere al cliente di avere sul display tutte le informazioni di prodotto – consenti- vano di effettuare interventi simultanei su tutti i negozi in giro per il mondo». Una cultura It molto radicata che nel 2015 ha subito un’ulte- riore accelerazione grazie a un nuovo progetto di multicanalità affidato a Paolo Arruzza, e-commerce manager, e attivato a fi- ne 2016: «L’obiettivo è stato quello di assicurare al cliente che consulta i nostri siti una visibilità totale: entrando nel sito di Superga o di Robe di Kappa ora si può vedere la disponibilità di prodotto non solo nel nostro magazzino, ma anche all’inter- no di tutti i negozi monomarca italiani. Se il prodotto cercato viene individuato in un punto di vendita di Milano o di Paler- mo, in caso di acquisto, proprio da lì verrà spedito al cliente». Oltre al consumatore finale, cui viene offerto un ulteriore ser- vizio, a ottenere un vantaggio da questa innovazione digitale saranno quindi gli stessi clienti in franchising che aumenteran- no le occasioni di vendita. Infatti, grazie al marketplace, per lo- ro sarà possibile raggiungere un target vastissimo di potenziali clienti, in ogni angolo della Penisola: «Quella che tendeva a es- sere vista come una minaccia viene in tal modo trasformata in un’opportunità». Attualmente le vendite on line del gruppo so- no di poco superiori rispetto alla media italiana e i numeri ge- nerati da questa esperienza sono interessanti: «Grazie alla mul- ticanalità circa il 30% degli ordini ricevuti sul sito Superga è gestito dai negozi: la loro disponibilità ci ha aiutato a coprire una domanda che non saremmo stati in grado di soddisfare e si sarebbe tradotta in vendite mancate». PIANOFORTE HOLDING: IL FUTURO NELLA STORE TRANSFORMATION «L’essere una start up nell’area digitale ci consente di ag- ̈ LARGO CONSUMO n. 7-8/2017 42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 45
  • 6. 46 gredire un concetto di innovation technology molto più facil- mente rispetto ad aziende in possesso di un heritage che rischia di condizionarle», afferma con riferimento al suo piano di digi- talizzazione Marco Orlandi, responsabile social e digital di Pianoforte Holding, società proprietaria dei brand Carpisa, Yamamay e Jaked distribuiti attraverso 1.300 punti di vendita monomarca (di cui 850 in franchising) in circa 40 Paesi per un fatturato medio consolidato di 300 milioni di euro sell out. «Il concetto di omnicanalità legato al retail distributivo, in particolar modo nell’area tessile, deve fare i conti anzitutto con la sostenibilità - sottolinea Orlandi –. Se si considera l’omnica- nalita non tanto e non solo come un concetto di integrazione tra i vari device ma da un punto di vista di business, l’e-commerce, che è ne il motore, dovrebbe essere a redditività positiva. Un obiettivo che la mera vendita di prodotto non sempre è in grado di garantire ma che diviene più facilmente raggiungibile ren- dendo vendibili i servizi che il digital consente di integrare al- l’interno dello store». In sostanza per il responsabile di Piano- forte Holding la battaglia dell’e-commerce non si può vincere solo attraverso il prodotto e il digitale dovrebbe servire soprat- tutto a elevare il livello del servizio offerto: «Proprio qui sta il vantaggio dell’azienda retail: da una parte hai il tuo prodotto che vendi secondo le tue marginalità, dall’altra puoi e devi ven- dere qualcosa di nuovo, che il retail non prevedeva. L’omnica- nalità del futuro, per noi, va nella direzione di un concetto di store trasformation e non verso il modello e-commerce in cui il prodotto è parte centrale. Proprio in questa direzione si orienta il progetto di digitalizzazione dell’azienda che diventa un modo per rivederne il modello organizzativo e recuperare efficienze». BENETTON: OLTRE L’IDEA TRADIZIONALE DI NEGOZIO «La mia lettura della digital innovation è quella del retail de- signer, ovvero di chi progetta i negozi, gli spazi fisici», con queste parole introduce il suo intervento Michele Trevisan, global head of retail design di Benetton, marchio storico del fashion nato nel 1965 e oggi presente con circa 5.000 negozi in tutto il mondo per un fatturato di circa 1,5 miliardi sul totale di 12 miliardi di giro di affari sviluppati dalla holding di famiglia, Edizione Srl. «Il tema non è tanto quello di rendere visibile la tecnologia nel negozio: totem e touchscreen sono ormai niente più di quello che abbiamo già in tasca e il fatto che nei negozi di un colosso del settore come Apple non ci sia tecnologia evi- dente deve far riflettere. Il vero l’obiettivo dell’innovazione di- gitale del retail dovrebbe essere quello di trasformare il nego- zio da luogo di vendita fine a se stesso - in cui si entra, si pro- va il capo, si compra e si esce - in uno spazio in cui il cliente ha modo toccare e provare il prodotto, fare “brand experience” usufruendo di funzioni aggiuntive che lo coinvolgano in modo più articolato, per poi effettuare l’acquisto con la rapidità e i vantaggi dell’e-commerce». I marchi del fashion non sono stati in grado di proporre su questo fronte delle soluzioni innovative radicali: «Nella stra- grande maggioranza dei casi i negozi fisici dei brand d’abbi- gliamento hanno subito una deriva nell’ambito del digital si- gnage più che costruito valore aggiunto per i consumatori, li- mitandosi sostanzialmente a dare informazioni aggiuntive at- traverso schermi interattivi o “presunti” camerini intelligenti. In realtà, il modello di business del fashion store rimane anco- rato a schemi da prima rivoluzione industriale laddove altri set- tori, dall’automotive a quello bancario, hanno vissuto una vera innovazione». Anche Benetton è ancora lontana dalla realizza- zione di autentici show room urbani digitali ma questa è la di- rezione e attraverso un recente test ha avuto modo di speri- mentare la disponibilità dell’utente ad essere coinvolto nel dia- logo col brand: «Durante l’ultima Fashion Week a Milano ab- biamo realizzato un’installazione temporanea con tre cubi in cui le persone interagivano con un software, combinando colo- ri e emozioni per rivelarne lo stato d’animo. I video, proiettati all’esterno dei cubi, sono stati oggetto di molte condivisioni sui social ottenendo una larga risonanza». CAMICISSIMA: VENDITE SOTTO CONTROLLO IN REAL TIME «La necessità di controllare una catena di negozi sempre più articolata e numericamente consistente ci ha portati ad asse- gnare un peso crescente al digitale», precisa Sergio Candido, ad e fondatore di Camicissima, marchio prodotto e distribuito da Fenicia Spa, l’azienda di famiglia attiva dal 1931 come produttore di camicie per le maggiori griffe della moda. «Nel 2001 abbiamo deciso di investire su un nostro brand e una nostra catena puntando su un concetto di vendita multipla associato a un prodotto classico: dal primo negozio Camicissi- ma, aperto a Milano nel 2004, siamo arrivati a contare 260 punti di vendita di cui 115 in Italia, 104 in Cina e altri 45 sparsi per il mondo con l’obiettivo di raggiungere i 1.000 ne- gozi entro il 2022. Inizialmente è stata l’esigenza di monito- rare gli ingressi a spingerci a investire in tecnologia: dopo aver sperimentato diversi strumenti (dal contapersone alle te- lecamere), rivelatisi imprecisi, abbiamo brevettato un siste- DISTRIBUZIONE LARGO CONSUMO n. 7-8/2017 Da sinistra, Stefania Filippone (Avanade), Andrea Arcangeli (Teddy Group), Daniele Pini (Pinko), Laura Grinzato (Pinko), Gianpio Prencipe (Macron), Francesco Cavarero (Miroglio) ed Emanuela Prandelli (SDA Bocconi). 42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 46
  • 7. ma, lo Shop Control System, che ci consente di registrare le persone entrate, di farne la fotografia e di ricevere tutti i dati su cosa sia stato venduto, minuto per minuto». Il passo suc- cessivo è aprire il canale e-commerce: «Lo faremo con una piattaforma che consentirà a negozi diretti e affiliati di attin- gere alla nostra logistica che prevede 400.000 capi sempre di- sponibili. Per noi del resto ogni negozio è fondamentalmente un’unità produttiva e anche se il digital sta crescendo, al mo- mento è ancora marginale». AW LAB: UNA SHOPPING EXPERIENCE OMNICANALE «Nell’affrontare l’omnicanalità abbiamo focalizzato l’atten- zione sulla customer journey del nostro cliente, cercando di ca- pire in primis quali ragioni lo portano a comprare da noi», sot- tolinea Stefano Finco, omnichannel retail director di AW LAB, uno dei retailer italiani di riferimento nel segmento spor- tstyle con oltre 200 store in Italia e Spagna. Il network offre una selezione di sneaker e abbligliamento dei migliori brand sporti- vi internazionali ed è parte del gruppo Bata, leader mondiale per la produzione e commercializzazione di calzature con circa 4.000 negozi in tutto il mondo. «In seguito a un’azione di re- branding e restyling dei punti di vendita, AW LAB si propone dal 2011 come un vero e proprio laboratorio di tendenze urban sportstyle: chi acquista da noi non acquista solo un prodotto ma un’emozione, un piacere che gratifica. In questo senso i nostri competitor non sono solo i marchi sportivi ma anche brand di altri settori, a partire per esempio da Apple. Tenendo conto di questo abbiamo deciso di migliorare il nostro sito web, con l’in- tento di focalizzare l’attenzione del consumatore più sui conte- nuti che sul prezzo, delineando così una “unique shopping ex- perience” per tutti e tre i nostri canali (diretti, franchising e web). Questi ultimi, dall’anno scorso, sono stati unificati e po- tenziati anche grazie al CRM». Un ruolo fondamentale nella customer journey di AW LAB, secondo Finco, è quello dei so- cial: «I clienti vengono in negozio, già informati, e condivido- no foto con gli amici, postano commenti e contribuiscono, at- traverso l’interazione con i social, a creare interesse sui prodot- ti e sul nostro brand. Di questo sono ben consapevoli anche i nostri franchisee che, sempre di più, riconoscono l’importanza dell’essere presenti sui social per farsi conoscere». PITTAROSSO: VERSO LA COSTRUZIONE DI UN CRM 2.0 «Dopo esserci concentrati sullo sviluppo del network distri- butivo, ci troviamo davanti alla necessità di affrontare in tempi molto rapidi un’evoluzione dei sistemi che ci consenta di gesti- re adeguatamente la multicana- lità», afferma Marco Giora, Ict manager di PittaRosso, retailer multimarca di calzature con cir- ca 215 punti di vendita, di me- tratura media di 1.500 metri quadrati, in Italia e all’estero. Fondamentale è creare infra- strutture in grado di farci cono- scere i nostri clienti: «Il 60% degli acquisti nei negozi Pitta- Rosso viene effettuato con le fi- delity card ma il restante 40% non è tracciato e non sappiamo nulla su entrate e comporta- menti di chi esce dal punto vendita senza avere comprato. Per cercare di leggere questa parte mancante al momento stiamo fa- cendo dei POC ricorrendo a tecnologia wi-fi e Beacon correda- ta da telecamere. Procederemo quindi con la classica clusteriz- zazione, ovvero suddividendo i clienti per target di interesse in base alle categorie merceologiche a disposizione nei negozi, con il principale obiettivo di realizzare campagne mirate, attivi- tà di notifica PUSH, content delivery, promo localizzate e pro- ximity marketing in una logica di CRM 2.0». AVANADE: PUNTI CHIAVE DELLA DIGITAL INNOVATION «La tecnologia non è solo un oggetto fisico e non è sempre necessario renderla visibile nei negozi. Negli anni c’è stata un’evoluzione e al di là di siti, app, totem e videowall; ciò che conta realmente adesso è disporre di strumenti in grado di pro- filare il cliente e quindi di incrementare le opportunità di ven- dita offrendo proposte mirate e servizi one-to-one alle perso- ne», commenta Stefania Filippone, executive e responsabile del mercato di Avanade, multinazionale con 24.000 dipen- denti e 2 milioni di fatturato, una realtà di riferimento per le aziende che intendano essere supportate nell’affrontare la di- gital evolution. Tra le tendenze più significative rilevate in merito al retail, per il tema e-commerce, Filippone indica l’importanza di una piattaforma di gestione dell’ordine univo- ca: «Uno strumento che, indipendentemente dal canale di in- gresso, sia esso lo store, il sito e-commerce o qualsiasi altro ti- po di touch point, consenta di gestire l’ordine e di dispacciar- lo poi su tutte le diverse opzioni di delivery, si tratti di un click & collect, di una spedizione a domicilio o in uno store vicino. In sostanza, almeno per tutto quello che riguarda il back end dell’e-commerce, avere un’unica piattaforma risulta indispen- sabile per gestire gli ordini efficacemente». Altro punto chiave, l’evoluzione dei sistemi di CRM: «Le aziende oggi tendono per lo più a lavorare ancora solo sui clienti noti e non su quelli non noti che invece rappresentano un patrimonio molto prezioso. Oggi sono disponibili strumenti come le data management plat- form che consentono da un lato di avere un CRM operazionale in cui fare custom service, dall’altro di sfruttare la capacità dei Big Data e, attraverso meccanismi semplici e fruibili di cluste- rizzazione, usare le informazioni a disposizione sui consumato- re noti per elaborarne su quelli non noti e costruire delle cam- pagne di acquisizione clienti molto più mirate ed efficaci». Altra tendenza che si sta evidenziando in particolare con i clienti italiani di Avanade è quella di investire sulla customer experience map: «Qualunque tipo di interazione col consu- matore, su qualunque canale, deve essere pianificata e defi- nita delineando un concetto preciso di quello che è il cu- stomer experience manage- ment dell’azienda. In questo ambito il partner digital non si sostituisce a chi fa attività creativa o a chi gestisce le campagne ma cerca di definir- ne la sequenza con due finalità principali: conoscere sempre meglio il cliente e aumentare al massimo il risultato dell’at- tività promozionale». I 47LARGO CONSUMO n. 7-8/2017 DISTRIBUZIONE Da sinistra, Stefano Finco (AW Lab), Marco Giora (Pittarosso) e Marco Orlandi (Pianoforte Holding). 42a47 RI7Dis For_FASH.qxp:Articolo 14-07-2017 14:37 Pagina 47