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L'emigrazione italiana
 del primo Novecento
La tabella che segue illustra i valori assoluti del
fenomeno migratorio italiano dal 1861 al 1930
Anni      Tot. Emigrati     Uomini          Donne        Rimpatriati   Saldo + o -

1861-1870    1.210.000       1.008.000       202.000        non noti     - 1.210.000


1871-1875     585.000         525.000         60.000        non noti      - 585.000

1876-1880     544.000         464.000         80.000        non noti      - 544.000

1881-1885     771.000         654.000        117.000        non noti     - 771.000

1886-1890     1.110.000       871.000        239.000        non noti     - 1.110.000


1891-1895    1.283.000        989.000        294.000        non noti     - 1.283.000


1896-1900    1.552.000       1.240.000       312.000        non noti     - 1.552.000


1901-1905    2.770.000       2.287.000       473.000        544.000      - 2.226.000


1906-1910    3.256.000       2.658.000       598.000        1.000.000    - 2.256.000


1911-1915    2.743.000       2.198.000       545.000        976.000      - 1.766.000


1916-1920    1.085.000        718.000        367.000        233.000      - 852.000

1921-1925    1.516.000       1.076.000       440.000        137.000      - 1.379.000


1926-1930    1.061.000        776.000        285.000        685.000      - 376.000



               tabella parziale tratta da www.cronologia.leonardo.it
TOT




1926 – 1930



1921 – 1925



1916 – 1920



1911 – 1915



1906 – 1910



1901 – 1905
                                                                                              Colonna M


1896 – 1900



1891 – 1895



1886 – 1890



1881 – 1885



1876 – 1880



1871 – 1875



1861 - 1870


              0   2000   4000   6000   8000   10000   12000   14000   16000   18000   20000
Il grafico evidenzia
bene come nel periodo
considerato
l'andamento del flusso
migratorio sia stato
rilevante soprattutto nel
periodo 1900 – 1915,
che da solo comprende
praticamente la metà
del fenomeno.
I dati riportati, come detto,
indicano i flussi migratori
degli italiani dall'Unità al
1930. Il dato che emerge
è altamente significativo e
consente di ipotizzare che
nei settant'anni successivi
all'unificazione nazionale
la politica del lavoro ha
usato come unica
coordinata di riferimento
quella di non scoraggiare
se non addirittura di
favorire l'emigrazione di
forza lavoro palesemente
in esubero.
19.486.000
È il numero complessivo
degli emigranti italiani
nel periodo considerato,
per la maggior parte
diretti verso il
continente americano
Né la Destra storica né la Sinistra e neppure l'Italia
giolittiana e quella fascista affrontarono il
problema dell'endemica carenza di lavoro, avviando
piani di sviluppo significativi.
L'emigrazione rimase quindi l'unica possibilità di
tenere sotto controllo un fenomeno socialmente
esplosivo, accentuato dalla cronica arretratezza
dell'Italia sia sul piano agricolo che industriale.
A tutto ciò va aggiunta l'enorme quantità di risorse
bruciate con la partecipazione al primo conflitto
mondiale.
Gli espatriati erano soprattutto lavoratori urbani del
nord e del centro che emigravano per periodi più o
meno lunghi e non sempre in via definitiva.
Partivano soli e, in seguito, chiamavano la famiglia,
o si sposavano per procura.
I primi emigranti furono
braccianti liguri, veneti,
piemontesi, toscani ed
abitanti delle coste del
Mezzogiorno. Non era,
in genere,
un'emigrazione
definitiva: appena poteva
l'emigrato, tornava a
casa e cercava di
comprarsi un campo o
avviavare una piccola
attività artigiana.
I contadini emigravano per via della crisi
economica che colpì soprattutto il settore agricolo
e zootecnico.
Ovviamente il costo sociale della crisi fu più
elevato nelle campagne, perché, a causa della
denutrizione, si erano diffuse nelle campagne del
Sud molte patologie, cui si aggiungeva la malaria;
mentre nel Nord dilagava la pellagra, una malattia
originata da un'alimentazione           a base di
granoturco del tutto priva di proteine animali.
Nel sud Italia aprirono le agenzie di grandi
compagnie di navigazione: gli emigranti venivano
accalcati nelle stive dei piroscafi per andare
nell'America settentrionale come operai o
nell'America Latina come contadini.
Gli abitanti del nord Italia inizialmente preferirono
emigrare temporaneamente in Francia, nel Belgio,
nella Svizzera e in Germania.
Dal 1900 al 1915 l'emigrazione italiana contò
circa 600 mila espatriati all'anno, soprattutto negli
Stati Uniti, in Argentina e in Brasile. Si trattava di
un'emigrazione di massa, infatti espatriavano
intere famiglie per non più ritornare. La maggior
parte degli emigranti era ancora costituita da
meridionali, ma non mancavano certo italiani di
altre regioni.
L'emigrazione che precedette la prima guerra
mondiale, fu libera e indiscriminata, perchè era
favorita dal bisogno di manodopera in questa
parte del mondo in piena espansione economica
La prima guerra mondiale pose fine al movimento
migratorio: fra il 1915 e il 1918, gli emigranti
passarono da 600 mila all'anno a circa 90 mila. Si
trattò di un periodo durissimo: il commercio e la
produzione agricola e industriale diminuirono,
mentre la maggior parte degli uomini era al fronte
e le attività produttive concentrate nello sforzo
bellico. Dopo il conflitto l'emigrazione riprese di
nuovo, aumentando di consistenza.
Man mano che nel XX secolo l'emigrazione
italiana e quella degli altri paesi europei
oltreoceano      andava        crescendo,   vennero
introdotte leggi tese a limitare il movimnto
migratorio indiscriminato.
Nel 1917 gli USA introdussero norme che
favorivano soprattutto l'emigrazione britannica e
nordica a scapito di quella mediterranea e, nel
periodo 1921 -1924 vararono leggi che fissavano
le quote di emigrazione per ogni paese.
Dopo la crisi del 1929 l'emigrazione verso gli Stati
Uniti si fermò.
Gli altri paesi d'oltreoceano, sulla scia degli USA,
iniziarono, a loro volta, a varare leggi
sull'emigrazione, non permettendo più arrivi
indiscriminati.
Non si accettarono più analfabeti, mentre erano
richiesti lavoratori qualificati ed istruiti, favorendo
altresì un'emigrazione urbana funzionale al
settore industriale, scoraggiando invece quella
contadina e bracciantile.
Durante il fascismo l'emigrazione continuò anche
se con minore intensità e sotto le forme più
diverse: a dispetto della politica antimigratoria del
regime, espatriarono ogni anno per motivi di
lavoro 190 mila persone circa.
La propaganda fascista, però, non gradiva che si
parlasse di emigranti poveri, sostenendo piuttosto
 che si trattava di una manifestazione della
sovrabbondante energia di un popolo giovane.
Film di riferimento: Nuovomondo,
2006 di E. Crialese
Inizi del Novecento. Sicilia: una decisione cambierà la vita della
famiglia Mancuso, scegliere di lasciarsi il passato alle spalle e
iniziare una vita nuova nel Nuovo Mondo. Salvatore vende tutto per
portare i figli e la vecchia madre in un posto dove ci sarà più lavoro
e più pane per tutti. Salvatore Mancuso, è uno delle migliaia di
emigranti italiani che misero in gioco tutto. Non è un eroe, è un
uomo semplice, ma guidato da una lucida consapevolezza che lo
spinge ad affrontare il lungo e pericoloso viaggio attraverso
l'oceano, per giungere a New York agli albori del XX secolo. Non va
in cerca di grandi fortune, né di gloria. Trovare un lavoro e una casa
per i suoi familiari sono il suo unico obiettivo. Una sottile e allo
stesso tempo fitta atmosfera di mistero avvolge l'intero viaggio: dai
riti prima della partenza, alle cure che la madre di Salvatore riserva
agli abitanti del villaggio affetti da strane patologie, riconducibili ad
arcane presenze e spiriti, che da sempre accompagnano la vita dei
contadini siciliani. Niente spaventa i Mancuso, nemmeno le
minuziose analisi fisiche e psicologiche a cui gli immigrati dovevano
essere sottoporsi una volta sbarcati, che sentenziavano il diritto a
rimanere nel Nuovo Mondo o l'obbligo a tornare nel Vecchio.

Scheda tratta da FILM UP
realizzato nell'ambito del progetto
                                        Cinema e Storia
                                   Il secolo breve italiano
                                    a cura del Prof. Pietro Volpones
                                                  2009




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L'emigrazione Italiana del primo Novecento

  • 1. L'emigrazione italiana del primo Novecento
  • 2. La tabella che segue illustra i valori assoluti del fenomeno migratorio italiano dal 1861 al 1930
  • 3. Anni Tot. Emigrati Uomini Donne Rimpatriati Saldo + o - 1861-1870 1.210.000 1.008.000 202.000 non noti - 1.210.000 1871-1875 585.000 525.000 60.000 non noti - 585.000 1876-1880 544.000 464.000 80.000 non noti - 544.000 1881-1885 771.000 654.000 117.000 non noti - 771.000 1886-1890 1.110.000 871.000 239.000 non noti - 1.110.000 1891-1895 1.283.000 989.000 294.000 non noti - 1.283.000 1896-1900 1.552.000 1.240.000 312.000 non noti - 1.552.000 1901-1905 2.770.000 2.287.000 473.000 544.000 - 2.226.000 1906-1910 3.256.000 2.658.000 598.000 1.000.000 - 2.256.000 1911-1915 2.743.000 2.198.000 545.000 976.000 - 1.766.000 1916-1920 1.085.000 718.000 367.000 233.000 - 852.000 1921-1925 1.516.000 1.076.000 440.000 137.000 - 1.379.000 1926-1930 1.061.000 776.000 285.000 685.000 - 376.000 tabella parziale tratta da www.cronologia.leonardo.it
  • 4. TOT 1926 – 1930 1921 – 1925 1916 – 1920 1911 – 1915 1906 – 1910 1901 – 1905 Colonna M 1896 – 1900 1891 – 1895 1886 – 1890 1881 – 1885 1876 – 1880 1871 – 1875 1861 - 1870 0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000 18000 20000
  • 5. Il grafico evidenzia bene come nel periodo considerato l'andamento del flusso migratorio sia stato rilevante soprattutto nel periodo 1900 – 1915, che da solo comprende praticamente la metà del fenomeno.
  • 6. I dati riportati, come detto, indicano i flussi migratori degli italiani dall'Unità al 1930. Il dato che emerge è altamente significativo e consente di ipotizzare che nei settant'anni successivi all'unificazione nazionale la politica del lavoro ha usato come unica coordinata di riferimento quella di non scoraggiare se non addirittura di favorire l'emigrazione di forza lavoro palesemente in esubero.
  • 7. 19.486.000 È il numero complessivo degli emigranti italiani nel periodo considerato, per la maggior parte diretti verso il continente americano
  • 8. Né la Destra storica né la Sinistra e neppure l'Italia giolittiana e quella fascista affrontarono il problema dell'endemica carenza di lavoro, avviando piani di sviluppo significativi. L'emigrazione rimase quindi l'unica possibilità di tenere sotto controllo un fenomeno socialmente esplosivo, accentuato dalla cronica arretratezza dell'Italia sia sul piano agricolo che industriale. A tutto ciò va aggiunta l'enorme quantità di risorse bruciate con la partecipazione al primo conflitto mondiale.
  • 9. Gli espatriati erano soprattutto lavoratori urbani del nord e del centro che emigravano per periodi più o meno lunghi e non sempre in via definitiva. Partivano soli e, in seguito, chiamavano la famiglia, o si sposavano per procura.
  • 10. I primi emigranti furono braccianti liguri, veneti, piemontesi, toscani ed abitanti delle coste del Mezzogiorno. Non era, in genere, un'emigrazione definitiva: appena poteva l'emigrato, tornava a casa e cercava di comprarsi un campo o avviavare una piccola attività artigiana.
  • 11. I contadini emigravano per via della crisi economica che colpì soprattutto il settore agricolo e zootecnico. Ovviamente il costo sociale della crisi fu più elevato nelle campagne, perché, a causa della denutrizione, si erano diffuse nelle campagne del Sud molte patologie, cui si aggiungeva la malaria; mentre nel Nord dilagava la pellagra, una malattia originata da un'alimentazione a base di granoturco del tutto priva di proteine animali.
  • 12. Nel sud Italia aprirono le agenzie di grandi compagnie di navigazione: gli emigranti venivano accalcati nelle stive dei piroscafi per andare nell'America settentrionale come operai o nell'America Latina come contadini. Gli abitanti del nord Italia inizialmente preferirono emigrare temporaneamente in Francia, nel Belgio, nella Svizzera e in Germania.
  • 13. Dal 1900 al 1915 l'emigrazione italiana contò circa 600 mila espatriati all'anno, soprattutto negli Stati Uniti, in Argentina e in Brasile. Si trattava di un'emigrazione di massa, infatti espatriavano intere famiglie per non più ritornare. La maggior parte degli emigranti era ancora costituita da meridionali, ma non mancavano certo italiani di altre regioni. L'emigrazione che precedette la prima guerra mondiale, fu libera e indiscriminata, perchè era favorita dal bisogno di manodopera in questa parte del mondo in piena espansione economica
  • 14. La prima guerra mondiale pose fine al movimento migratorio: fra il 1915 e il 1918, gli emigranti passarono da 600 mila all'anno a circa 90 mila. Si trattò di un periodo durissimo: il commercio e la produzione agricola e industriale diminuirono, mentre la maggior parte degli uomini era al fronte e le attività produttive concentrate nello sforzo bellico. Dopo il conflitto l'emigrazione riprese di nuovo, aumentando di consistenza.
  • 15. Man mano che nel XX secolo l'emigrazione italiana e quella degli altri paesi europei oltreoceano andava crescendo, vennero introdotte leggi tese a limitare il movimnto migratorio indiscriminato. Nel 1917 gli USA introdussero norme che favorivano soprattutto l'emigrazione britannica e nordica a scapito di quella mediterranea e, nel periodo 1921 -1924 vararono leggi che fissavano le quote di emigrazione per ogni paese. Dopo la crisi del 1929 l'emigrazione verso gli Stati Uniti si fermò.
  • 16. Gli altri paesi d'oltreoceano, sulla scia degli USA, iniziarono, a loro volta, a varare leggi sull'emigrazione, non permettendo più arrivi indiscriminati. Non si accettarono più analfabeti, mentre erano richiesti lavoratori qualificati ed istruiti, favorendo altresì un'emigrazione urbana funzionale al settore industriale, scoraggiando invece quella contadina e bracciantile.
  • 17. Durante il fascismo l'emigrazione continuò anche se con minore intensità e sotto le forme più diverse: a dispetto della politica antimigratoria del regime, espatriarono ogni anno per motivi di lavoro 190 mila persone circa. La propaganda fascista, però, non gradiva che si parlasse di emigranti poveri, sostenendo piuttosto che si trattava di una manifestazione della sovrabbondante energia di un popolo giovane.
  • 18. Film di riferimento: Nuovomondo, 2006 di E. Crialese Inizi del Novecento. Sicilia: una decisione cambierà la vita della famiglia Mancuso, scegliere di lasciarsi il passato alle spalle e iniziare una vita nuova nel Nuovo Mondo. Salvatore vende tutto per portare i figli e la vecchia madre in un posto dove ci sarà più lavoro e più pane per tutti. Salvatore Mancuso, è uno delle migliaia di emigranti italiani che misero in gioco tutto. Non è un eroe, è un uomo semplice, ma guidato da una lucida consapevolezza che lo spinge ad affrontare il lungo e pericoloso viaggio attraverso l'oceano, per giungere a New York agli albori del XX secolo. Non va in cerca di grandi fortune, né di gloria. Trovare un lavoro e una casa per i suoi familiari sono il suo unico obiettivo. Una sottile e allo stesso tempo fitta atmosfera di mistero avvolge l'intero viaggio: dai riti prima della partenza, alle cure che la madre di Salvatore riserva agli abitanti del villaggio affetti da strane patologie, riconducibili ad arcane presenze e spiriti, che da sempre accompagnano la vita dei contadini siciliani. Niente spaventa i Mancuso, nemmeno le minuziose analisi fisiche e psicologiche a cui gli immigrati dovevano essere sottoporsi una volta sbarcati, che sentenziavano il diritto a rimanere nel Nuovo Mondo o l'obbligo a tornare nel Vecchio. Scheda tratta da FILM UP
  • 19. realizzato nell'ambito del progetto Cinema e Storia Il secolo breve italiano a cura del Prof. Pietro Volpones 2009 Le slide e la conversione nel formato pdf sono state realizzate con OpenOffice 3.1