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Document 52020AE5731
Opinion of the European Economic and Social Committee on ‘Proposal for a directive of the European Parliament and of the Council on adequate minimum wages in the European Union’ (COM(2020) 682 final — 2020/310 (COD))
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea» [COM(2020) 682 final — 2020/310 (COD)]
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea» [COM(2020) 682 final — 2020/310 (COD)]
EESC 2020/05731
GU C 220 del 9.6.2021, pp. 106–117
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
9.6.2021 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell’Unione europea |
C 220/106 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea»
[COM(2020) 682 final — 2020/310 (COD)]
(2021/C 220/16)
Relatrici: |
Milena ANGELOVA e Cinzia DEL RIO |
Consultazione |
Parlamento europeo, 11.11.2020 Consiglio, 10.11.2020 |
Base giuridica |
Articoli 153, paragrafo 2, e 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea |
Sezione competente |
Occupazione, affari sociali, cittadinanza |
Adozione in sezione |
11.3.2021 |
Adozione in sessione plenaria |
25.3.2021 |
Sessione plenaria n. |
559 |
Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti) |
155/100/20 |
1. Conclusioni e raccomandazioni
1.1. |
Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) sostiene con forza l'obiettivo dichiarato dell'Europa di indicare la via di uscita dalla fragilità per approdare a una nuova vitalità, creando opportunità e prosperità attraverso la promozione dell'innovazione, della crescita sostenibile e della concorrenza leale (1), al fine di promuovere una convergenza economica e sociale verso l'alto. Il CESE concorda con gli obiettivi generali della proposta consistenti nel conseguire salari minimi adeguati e nel rafforzare i sistemi di contrattazione collettiva in tutta l'UE, rendere il lavoro remunerativo, combattere la povertà e rafforzare il ruolo delle parti sociali e del dialogo sociale, in linea con i sistemi nazionali di relazioni industriali. |
1.2. |
Il CESE rileva che la proposta di direttiva in esame contribuirà al conseguimento degli obiettivi dell'Unione — vale a dire promuovere il benessere dei suoi popoli, sviluppare un'economia sociale di mercato fortemente competitiva (articolo 3 TUE) e promuovere il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (articolo 151 TUE). La direttiva tratta inoltre dei diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE, come il diritto dei lavoratori a condizioni di lavoro giuste ed eque (articolo 31), ed è in conformità con il principio 6 del pilastro europeo dei diritti sociali. La Commissione europea sottolinea che la proposta di direttiva non contiene misure che abbiano un impatto diretto sul livello delle retribuzioni e che, pertanto, le disposizioni di cui all'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE sono pienamente rispettate. |
1.3. |
Il CESE concorda con gli obiettivi generali della proposta e si aspetta che essa sia attentamente concepita in modo da rispettare le tradizioni, le leggi e le prassi nazionali e da lasciare un margine discrezionale per adattare gli obblighi da essa stabiliti al contesto nazionale. All'interno del CESE vi sono punti di vista divergenti per quanto riguarda taluni elementi della base giuridica della proposta. Nonostante queste differenze di vedute, il CESE esprime il proprio punto di vista su alcune questioni comprese nella proposta della Commissione. |
1.4. |
Il ruolo dello Stato nel creare «condizioni abilitanti», sia politiche che giuridiche, sostenendo e rispettando il ruolo del dialogo sociale e della contrattazione collettiva per i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro, è riconosciuto da diverse istituzioni internazionali e ribadito in diversi pareri del CESE. Le parti sociali dovrebbero essere autonome e le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati dovrebbero essere protetti da qualsiasi forma di limitazione del loro diritto di organizzare, rappresentare o intraprendere azioni collettive. Al tempo stesso, il CESE ribadisce ancora una volta l'importanza di azioni congiunte e di programmi di sviluppo delle capacità a livello europeo e nazionale gestiti direttamente dalle parti sociali europee e nazionali. |
1.5. |
Il CESE sostiene l'obiettivo di aumentare la copertura della contrattazione collettiva, secondo le leggi e le prassi nazionali nonché nel pieno rispetto, e in conformità, della ripartizione delle competenze e dell'autonomia delle parti sociali. Il CESE concorda con l'obiettivo del 70 % che è stato proposto e ritiene che i piani d'azione nazionali (articolo 4) potrebbero svolgere un ruolo cruciale nella convergenza dei salari verso l'alto e nella definizione delle misure e dei meccanismi più appropriati per la fissazione dei salari e per aumentare la copertura a livello nazionale, anche al fine di colmare il divario retributivo di genere e di età e di ridurre le disuguaglianze e la discriminazione, con particolare attenzione per i giovani lavoratori. Il CESE raccomanda che qualsiasi piano d'azione nazionale sia definito dalle parti sociali e concordato nell'ambito di un processo tripartito. |
1.6. |
Il CESE riconosce che nei paesi in cui esiste un sistema di contrattazione collettiva autoregolamentato, che garantisce minimi salariali equi e adeguati, insieme ad altre condizioni di lavoro concordate, dovrebbe essere evitato qualsiasi intervento dello Stato, onde salvaguardare/preservare un sistema di relazioni industriali ben funzionante, che sia di per sé in grado di garantire il conseguimento degli obiettivi fissati nella proposta di direttiva. |
1.7. |
Il CESE ritiene che la rappresentatività delle parti sociali sia un fattore importante perché garantisce il loro mandato democratico. Esistono diversi criteri che potrebbero rappresentare una buona pratica da considerare nel definire i piani di azione secondo le leggi e le prassi nazionali. Vi è una serie di fattori/criteri complessi che potrebbero essere presi in considerazione nel valutare la rappresentatività delle parti sociali a livello nazionale, tenendo presente che essi variano da uno Stato membro all'altro. |
1.8. |
Il CESE sostiene sistemi ben sviluppati di determinazione dei salari e sistemi di protezione sociale ben funzionanti, che forniscano reti di sicurezza per coloro che ne hanno bisogno, nonché altre misure volte a prevenire la povertà lavorativa. Il CESE osserva che la proposta di direttiva stabilisce soltanto il principio generale di adeguatezza delle retribuzioni, basato su valori di riferimento non vincolanti stimati per i salari mediani o medi lordi o netti, e non contiene misure o disposizioni specifiche sulle modalità di fissazione dei salari a livello nazionale, in quanto ciò rimane di competenza esclusiva degli Stati membri. Il CESE è favorevole alla definizione di indicatori vincolanti per guidare gli Stati membri e le parti sociali nella loro valutazione dell'adeguatezza dei salari minimi legali e nell'individuazione e nell'introduzione di misure pertinenti nei piani d'azione nazionali. |
1.9. |
Il CESE rileva che l'articolo 9 della direttiva contiene disposizioni per i lavoratori impiegati nel quadro di appalti pubblici e subappalti, attraverso l'invito rivolto agli Stati membri a rispettare i salari minimi in tutti i progetti di appalti pubblici. Il CESE torna a chiedere che gli appalti pubblici rispettino pienamente i contratti collettivi e che gli accordi commerciali siano sospesi in caso di mancato rispetto delle convenzioni fondamentali e aggiornate dell'OIL. |
1.10. |
Il CESE raccomanda che le relazioni presentate dagli Stati membri siano esaminate e valutate con l'opportuno coinvolgimento delle parti sociali in seno al comitato per l'occupazione (EMCO) e che a tal fine si possa creare un sottogruppo specifico, composto da rappresentanti dei governi nazionali, dei sindacati e dei datori di lavoro nazionali ed europei e di esperti nominati dalla Commissione europea. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
Il CESE concorda con gli obiettivi generali della proposta consistenti nel conseguire salari minimi adeguati e nel rafforzare i sistemi di contrattazione collettiva in tutta l'UE, rendere il lavoro remunerativo, combattere la povertà e rafforzare il ruolo delle parti sociali e del dialogo sociale, in linea con i sistemi nazionali di relazioni industriali. Un salario minimo di livello ben adeguato contribuisce a stimolare la domanda interna e la crescita economica e a sviluppare un'economia sociale di mercato altamente competitiva. Esistono diversi strumenti di governance attraverso i quali l'UE e gli Stati membri collaborano per raggiungere tali obiettivi, compreso il semestre europeo. Il pieno coinvolgimento strutturato ed efficace delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile nell'intero processo del semestre a livello europeo e nazionale è fondamentale per l'attuazione delle politiche economiche e sociali. |
2.2. |
Il CESE rileva che la proposta di direttiva in esame contribuirà al conseguimento degli obiettivi dell'Unione — vale a dire promuovere il benessere dei suoi popoli, sviluppare un'economia sociale di mercato fortemente competitiva (articolo 3 TUE) e promuovere il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (articolo 151 TFUE). La direttiva tratta inoltre dei diritti sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'UE, come il diritto dei lavoratori a condizioni di lavoro giuste ed eque (articolo 31), ed è conforme al principio 6 del pilastro europeo dei diritti sociali. La Commissione europea sottolinea che la proposta di direttiva non contiene misure che abbiano un impatto diretto sul livello delle retribuzioni e che, pertanto, le disposizioni di cui all'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE sono pienamente rispettate. |
2.3. |
Nel CESE sono presenti preoccupazioni e punti di vista divergenti per quanto riguarda gli elementi della base giuridica della proposta (2) ma, nonostante tali differenze, nel presente parere il CESE esprime il proprio punto di vista su alcune questioni incluse nella proposta della Commissione. |
2.4. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che la percentuale di persone che lavorano ma si trovano ancora in condizioni di povertà sia aumentata dall'8,3 % della forza lavoro totale dell'UE nel 2007 al 9,4 % nel 2018, con un impatto significativo sui giovani (il 28,1 % dei lavoratori di età compresa tra 16 e 24 anni è a rischio di povertà o di esclusione sociale), sulle donne, sulle persone provenienti da un contesto migratorio, sulle persone con disabilità e sulle persone ai margini del mercato del lavoro. Questi gruppi occupano posti di lavoro più precari e atipici, con salari bassi e una minore copertura della protezione sociale, il che avrà un impatto sulla sostenibilità dei sistemi di protezione sociale a medio e lungo termine. Dovrebbero essere intraprese azioni e riforme mirate per garantire che i gruppi emarginati siano sufficientemente protetti contro il rischio di cadere in una situazione di povertà (3). |
2.5. |
Il CESE raccomanda l'adozione di misure volte a prevenire il rischio di non conformità, compreso un aumento indesiderato del numero di lavoratori non dichiarati, che porti a una concorrenza sleale, e chiede che tali aspetti siano attentamente monitorati e affrontati nella fase di attuazione della proposta. |
3. Osservazioni specifiche sulla proposta
3.1. Percorsi e condizioni favorevoli alla promozione della contrattazione collettiva in materia di determinazione dei salari
3.1.1. |
La direttiva proposta mira a garantire che i lavoratori nell'UE siano protetti da salari minimi adeguati che consentano una vita dignitosa ovunque lavorino, nonché a promuovere la contrattazione collettiva in materia di determinazione dei salari e, in generale, di condizioni di lavoro in tutti gli Stati membri (4). A parere del CESE la proposta di direttiva deve essere concepita con cura in modo da rispettare le tradizioni nazionali consolidate in tale campo e da lasciare un margine discrezionale per adattare gli obblighi da essa stabiliti al contesto nazionale. |
3.1.2. |
Le parti sociali europee hanno più volte invitato le istituzioni a promuovere o creare, ove necessario, condizioni favorevoli e propizie all'efficacia del dialogo sociale e della contrattazione collettiva e alla loro capacità di rispondere alle sfide reali. Nelle dichiarazione quadripartita (5) Un nuovo inizio per il dialogo sociale e nelle conclusioni del Consiglio del 16 giugno 2016 gli Stati membri vengono invitati a: «sostenere il miglioramento del funzionamento e dell'efficacia del dialogo sociale a livello nazionale, che è propizio alla contrattazione collettiva e crea uno spazio adeguato per i negoziati tra parti sociali». |
3.1.3. |
Il ruolo dello Stato nella creazione delle «condizioni favorevoli», sia politiche che giuridiche, è riconosciuto da diverse istituzioni internazionali. «Il CESE riconosce che un dialogo sociale efficace deve includere i seguenti elementi: parti sociali rappresentative e dotate di legittimità, nonché di conoscenze, capacità tecnica e un accesso tempestivo alle informazioni pertinenti e rilevanti per la loro partecipazione; la volontà e l'impegno politici a prendere parte al dialogo sociale; il rispetto dei diritti fondamentali delle parti sociali all'autonomia, alla libertà di associazione e alla contrattazione collettiva, diritti che rimangono il fulcro delle relazioni industriali; e un quadro giuridico e istituzionale favorevole che sostenga le procedure di dialogo sociale con istituzioni ben funzionanti» (6). Gli studi dimostrano che nei paesi in cui il ruolo della contrattazione collettiva è ben riconosciuto e pienamente sostenuto e rispettato dallo Stato, i tassi di disoccupazione sono inferiori, la produttività è più elevata e viene promossa la convergenza salariale (7). È altresì importante che gli esiti dei processi di dialogo sociale producano risultati tangibili sia per i lavoratori che per le imprese. |
3.1.4. |
Le azioni congiunte e i programmi di rafforzamento delle capacità a livello europeo e nazionale gestiti direttamente dalle parti sociali europee e nazionali sono uno strumento efficace per rafforzare la capacità nel settore del dialogo sociale e della contrattazione collettiva per i sindacati e le organizzazioni dei datori di lavoro laddove necessario (8). Il CESE raccomanda che i programmi e le azioni di potenziamento delle capacità siano sufficientemente sostenuti e che i loro risultati siano valutati al fine di conseguire nella maniera migliore gli obiettivi previsti. |
3.1.5. |
Il CESE raccomanda che alcune disposizioni e alcuni concetti della proposta (9) siano formulati in modo più preciso in modo da non lasciare spazio a incertezze e interpretazioni da parte della Corte di giustizia dell'UE. L'oggetto e l'ambito di applicazione di cui agli articoli 1 e 2 riguardano tutti gli Stati membri, compresi quelli in cui esiste un sistema autoregolamentato di contrattazione collettiva. |
3.1.6. |
Il CESE raccomanda che qualsiasi piano d'azione nazionale volto a consentire la promozione dell'ambito di applicazione della contrattazione collettiva sia definito dalle parti sociali e concordato in un processo tripartito. Tali piani dovrebbero inoltre essere elaborati nel pieno rispetto dei principi ben riconosciuti della libertà di associazione e del carattere volontario della contrattazione collettiva sanciti dalle convenzioni dell'OIL. Il CESE apprezza l'approccio equilibrato di cui agli articoli 1 e 3 della convenzione n. 131 dell'OIL sulla fissazione del salario minimo (10). Il CESE raccomanda che le disposizioni della proposta di direttiva rispettino i principi delle convenzioni 87, 98 e 154 dell'OIL, al fine di salvaguardare l'autonomia delle parti sociali, le loro possibilità di accogliere membri, nonché gli incentivi e i diritti alla negoziazione e alla conclusione di accordi collettivi. |
3.1.7. |
Il CESE sostiene l'obiettivo di aumentare la copertura della contrattazione collettiva, secondo le leggi e le prassi nazionali nonché nel pieno rispetto, e in conformità, della ripartizione delle competenze e dell'autonomia delle parti sociali. A tale riguardo, il CESE sostiene la promozione della capacità delle parti sociali e promuove le loro azioni congiunte per impegnarsi nella contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari e per incoraggiare trattative costruttive, significative e informate in materia di salari (11). L'articolo 4 stabilisce i requisiti per l'intervento pubblico nella preparazione dei quadri e dei piani d'azione e il CESE insiste sul fatto che ciò avvenga mediante un approccio tripartito, nel rispetto dell'autonomia delle parti sociali e in cooperazione con esse. In alcuni Stati membri l'ambito di applicazione dei contratti collettivi è deciso dalle parti sociali, mentre in altri Stati membri la legge o la prassi comune offrono meccanismi volti a estendere i contratti collettivi, e tali differenze devono essere rispettate.
Il CESE concorda con l'obiettivo del 70 % che è stato proposto e ritiene che i piani d'azione nazionali, concordati ed elaborati con le parti sociali, possano svolgere un ruolo cruciale nella convergenza dei salari verso l'alto e nell'istituzione di meccanismi equi per la determinazione dei salari a livello nazionale, anche allo scopo di colmare i divari retributivi di genere e di età. Essi consentiranno inoltre di tenere conto delle prassi nazionali e di migliorare i sistemi ove necessario. Detti piani d'azione dovrebbero essere attuati correttamente, valutati, riesaminati e adattati al fine di aumentare gradualmente la copertura della contrattazione collettiva a medio termine. In alcuni paesi sono presenti meccanismi di estensione dei contratti collettivi che mirano ad aumentare la copertura della contrattazione collettiva. Tuttavia, il ricorso a meccanismi di estensione è solo uno dei modi per promuovere la contrattazione collettiva e aumentare la copertura, accanto alle azioni congiunte e allo sviluppo delle capacità, alle misure contro le attività antisindacali, alla tutela dei diritti dei sindacati e delle organizzazioni dei datori di lavoro alla contrattazione collettiva, alla definizione di criteri concordati di rappresentatività e alla lotta contro tutte le forme di discriminazione, per esempio. Tali elementi e delle proposte mirate dovrebbero essere presi in considerazione nei piani d'azione nazionali, insieme ad altre iniziative. |
3.1.8. |
Tuttavia, nei paesi in cui esiste un sistema di contrattazione collettiva autoregolamentato, che garantisce minimi salariali equi e adeguati, insieme ad altre condizioni di lavoro concordate, dovrebbe essere evitato qualsiasi intervento dello Stato, onde salvaguardare/preservare un sistema di relazioni industriali ben funzionante, che sia di per sé in grado di garantire il conseguimento degli obiettivi fissati nella proposta di direttiva. In questi paesi, nel caso in cui la copertura della contrattazione collettiva scenda al di sotto di una determinata soglia, i piani d'azione nazionali devono provenire in primo luogo dalle parti sociali ed essere da queste approvati. |
3.2. |
La proposta stabilisce un approccio differenziato tra gli Stati membri in cui i salari minimi sono determinati per legge e quelli in cui ciò avviene attraverso la contrattazione collettiva. Tale classificazione, anche se ampiamente utilizzata dall'OCSE, da Eurofound e da altre istituzioni a scopo accademico e di ricerca, potrebbe essere messa in discussione se utilizzata ai fini di qualsiasi attività correlata alla determinazione dei salari e questo per diversi motivi, uno dei quali è che in alcuni Stati membri, in cui l'intervento del governo si limita all'ufficializzazione dei contratti negoziati dalle parti sociali, il salario minimo non è stabilito per legge, ma è il risultato di un accordo. |
3.3. Contrattazione collettiva — Definizioni e copertura
3.3.1. |
Il CESE sottolinea che la contrattazione collettiva è lo strumento più efficace per fissare salari minimi confacenti e ben adattati, compresi i salari minimi, che sono una componente essenziale dell'economia sociale di mercato. L'articolo 3 della proposta contiene alcune definizioni che si applicano ai fini della direttiva. |
3.3.2. |
Il CESE ritiene che la rappresentatività delle parti sociali sia un fattore importante, in quanto garantisce il loro mandato democratico. Esistono diversi criteri che potrebbero rappresentare una buona pratica da considerare a livello nazionale secondo le leggi e le prassi nazionali. Vi è una serie di fattori e criteri complessi che potrebbero essere presi in considerazione nel valutare la rappresentatività delle parti sociali a livello nazionale, tenendo presente che essi variano da uno Stato membro all'altro: il numero di membri e l'importanza della presenza sul territorio a livello nazionale; la capacità di mobilitare i propri membri e di agire; il numero di contratti collettivi firmati ai diversi livelli (settore/impresa, ecc.); il numero di rappresentanti eletti dei sindacati o dei datori di lavoro; l'affiliazione a un'organizzazione europea delle parti sociali (riconosciuta dalla Commissione europea); il riconoscimento da parte del governo e la presenza in strutture o organismi nazionali o settoriali bipartiti o tripartiti del dialogo sociale, ecc. Il CESE chiede che l'espressione «organizzazioni dei lavoratori» sia sostituita con «sindacati», dato che la prima potrebbe causare interpretazioni fuorvianti e aprire le negoziazioni ad altre forme di gruppi di interesse dei lavoratori non riconosciuti, o persino a sindacati gialli. |
3.3.3. |
Il CESE ha affermato ripetutamente che il dialogo sociale è parte integrante del modello sociale europeo. Le parti sociali dovrebbero essere autonome e le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori dovrebbero essere protette da qualsiasi forma di restrizione del loro diritto di organizzare, rappresentare o intraprendere azioni collettive. Ciò è ugualmente importante sia per i datori di lavoro che per i sindacati. |
3.3.4. |
L'articolo 7 della direttiva contiene disposizioni sul coinvolgimento e sulla consultazione delle parti sociali per quanto riguarda la determinazione e l'aggiornamento dei salari minimi legali. Negli ultimi anni, nel contesto del semestre europeo, sono state formulate diverse raccomandazioni specifiche per paese per invitare gli Stati membri a garantire un adeguato coinvolgimento delle parti sociali in questo processo. Nel semestre 2020-2021, a 12 Stati membri sono state rivolte raccomandazioni specifiche per paese che sottolineano la necessità di aumentare il coinvolgimento e la titolarità delle parti sociali nei processi decisionali (12). |
4. Adeguatezza
4.1. |
A seguito delle crisi economiche e dell'attuale pandemia, i dati indicano che negli ultimi anni si è avuta una stagnazione generale dei salari e che in alcuni paesi si è addirittura registrato un loro arretramento. Il CESE sottolinea che la contrattazione collettiva svolge un ruolo fondamentale nel fornire una protezione adeguata dei salari minimi. I paesi caratterizzati da un'elevata copertura della contrattazione collettiva tendono ad avere, rispetto agli altri paesi, una percentuale inferiore di percettori di bassi salari, salari minimi più elevati in rapporto al salario mediano, minori disuguaglianze salariali e salari più elevati (13). |
4.2. |
Il CESE sostiene sistemi ben sviluppati di determinazione dei salari e sistemi di protezione sociale ben funzionanti, che forniscano reti di sicurezza per coloro che ne hanno bisogno, nonché altre misure volte a prevenire la povertà lavorativa. Il CESE rileva che la direttiva proposta stabilisce soltanto il principio generale di adeguatezza delle retribuzioni, basato su valori di riferimento non vincolanti stimati per i salari mediani o medi lordi o netti, e non contiene misure o disposizioni specifiche sulle modalità di fissazione dei salari a livello nazionale, in quanto ciò rimane di competenza esclusiva degli Stati membri. Il CESE è favorevole alla definizione di indicatori vincolanti per guidare gli Stati membri e le parti sociali nella loro valutazione dell'adeguatezza dei salari minimi legali e nell'individuazione e nell'introduzione di misure pertinenti nei piani d'azione nazionali. I salari sono infatti fissati da leggi nazionali che stabiliscono un salario minimo legale, laddove esistano, o da una contrattazione collettiva. D'altro canto far uscire un maggior numero di persone da una situazione di povertà ridurrà la spesa pubblica per i regimi di protezione sociale. Le soglie di povertà e gli indicatori di esclusione sociale sono utilizzati a livello dell'UE per le analisi e la raccolta comune di dati, ma attualmente a livello dell'UE non esiste alcun indicatore concordato per misurare in termini assoluti l'equità e l'adeguatezza dei salari minimi, che la proposta lascia agli Stati membri perché li affrontino a livello di piani nazionali. |
4.3. |
Elementi importanti, quali la competitività, la produttività, lo sviluppo economico per settore, la gestione delle competenze, i nuovi processi di produzione dovuti all'introduzione di nuove tecnologie, la digitalizzazione e un'organizzazione del lavoro diversa e più flessibile in taluni settori produttivi dovrebbero essere presi in considerazione dalle parti sociali al momento di determinare i salari attraverso la contrattazione collettiva conformemente al diritto e alle prassi nazionali. Sottolineando la necessità di una convergenza salariale verso l'alto, il CESE rileva che salari più elevati comportano anche un aumento dei consumi e quindi della domanda interna, con un impatto economico positivo, e che l'aumento dei salari determina anche un aumento delle entrate per i sistemi di sicurezza sociale e fiscali. Questi effetti devono essere analizzati attentamente. |
4.4. |
La direttiva proposta mira tuttavia a fissare una soglia indicativa a livello dell'UE come riferimento per i salari minimi legali nei paesi in cui questi esistono. Tenendo presente che i salari costituiscono il compenso per il lavoro svolto, possono essere presi in considerazione anche altri fattori, quali la soglia di povertà, un tenore minimo di vita dignitoso, il costo della vita in ciascun paese. Questi elementi sono i fattori fondamentali per la determinazione di salari minimi legali e concordati attraverso contrattazioni collettive nei paesi dell'UE. È opportuno operare una chiara distinzione tra la determinazione dei salari minimi e gli aumenti salariali. |
4.5. |
I criteri proposti in merito all'adeguatezza dei salari minimi riguardano tutti, ad eccezione del potere d'acquisto, la distribuzione dei salari e la loro evoluzione. Essi si riferiscono più in generale agli aspetti della disuguaglianza e non già alla protezione dei lavoratori più vulnerabili. «I salari minimi dovrebbero essere equi in rapporto alla distribuzione salariale nei diversi paesi e il loro livello dovrebbe inoltre essere adeguato in termini di prezzi reali, per consentire un tenore di vita dignitoso e salvaguardare al tempo stesso la sostenibilità delle imprese che offrono posti di lavoro di qualità» (14). |
5. Appalti pubblici
5.1. |
L'articolo 9 della direttiva contiene disposizioni per i lavoratori impiegati nel quadro di appalti pubblici e subappalti, attraverso l'invito rivolto agli Stati membri a rispettare i salari minimi in tutti i progetti di appalti pubblici. In linea con le direttive 2014/23/UE (15), 2014/24/UE (16) e 2014/25/UE (17) del Parlamento europeo e del Consiglio, la disposizione obbliga tutti i contraenti a rispettare il livello di salario minimo applicabile, sia esso previsto per legge o stabilito in contratti collettivi. Tale disposizione è inoltre in linea con alcune decisioni della Corte di giustizia dell'UE e in particolare con la sentenza «Regiopost» del 2015 (causa C-115/14) (18). Gli Stati membri hanno la possibilità di respingere le offerte di appalti pubblici presentate da contraenti che non si impegnano a pagare ai lavoratori tariffe minime salariali regolamentate a livello locale o concordate collettivamente, come stabilito all'articolo 70 della direttiva 2014/24/UE e all'articolo 3 della direttiva sul distacco dei lavoratori (19). Il CESE ha già chiesto che gli appalti pubblici rispettino pienamente i contratti collettivi e che gli accordi commerciali siano sospesi in caso di mancato rispetto delle convenzioni fondamentali e aggiornate dell'OIL. Il CESE ha inoltre chiesto sanzioni, compresa l'esclusione dagli appalti pubblici e dai finanziamenti pubblici, per le imprese che non rispettano gli obblighi di diligenza nell'ambito dello strumento obbligatorio di dovuta diligenza proposto (20). |
6. Monitoraggio e raccolta dei dati
6.1. |
Esiste già un numero significativo di banche dati e analisi riguardanti i salari minimi e i processi di contrattazione collettiva. Mettere a disposizione delle istituzioni e delle parti sociali dati affidabili e aggiornati potrebbe contribuire a una migliore valutazione e comprensione delle tendenze effettive, quando si tratta di prendere decisioni in questo settore. Il CESE invita pertanto la Commissione ad assistere ulteriormente gli Stati membri, in cooperazione con le parti sociali, per continuare a migliorare la raccolta di dati e a monitorare l'evoluzione dei salari minimi obbligatori (21). |
6.2. |
In alcuni Stati membri i contratti collettivi sono disponibili e pubblicati e, in alcuni casi, i siti Internet pubblici ne consentono la consultazione gratuita, mentre in altri Stati membri i contratti collettivi e l'adeguatezza dei livelli salariali sono di proprietà e sono soggetti all'esame delle parti sociali stesse e non delle autorità, né sono resi accessibili al pubblico. Pur essendo favorevole al delicato sviluppo ulteriore dell'accessibilità dei dati (aspetto che potrebbe rivelarsi sensibile in termini di rispetto dell'autonomia delle parti sociali e della contrattazione e dei contratti collettivi, protezione dei dati, concorrenza leale e altri settori), il CESE esprime preoccupazione per il possibile aumento degli oneri amministrativi, specie per le PMI e per le imprese senza fini di lucro dell'economia sociale, e chiede di trovare un equilibrio tra il valore aggiunto derivante dall'obbligo di informazione annuale molto dettagliato e la necessità di ridurre il più possibile tale onere, quando tale disposizione è applicata a livello nazionale, soprattutto se si tratta di dover dare informazioni riguardo a lavoratori coperti o non coperti suddivisi per genere, età, disabilità, dimensioni dell'impresa e settore. Occorre inoltre chiarire ulteriormente la necessità di dare una distribuzione in decili dei salari minimi nei paesi in cui sono tali salari sono fissati sulla base di accordi. |
6.3. |
Il CESE raccomanda che le relazioni presentate dagli Stati membri siano esaminate e valutate con l'opportuno coinvolgimento delle parti sociali in seno al comitato per l'occupazione (EMCO) e che a tal fine si possa creare un sottogruppo specifico, composto da rappresentanti dei governi nazionali, dei sindacati e dei datori di lavoro nazionali ed europei e di esperti nominati dalla Commissione europea. |
6.4. |
Il CESE prende atto dell'introduzione nella direttiva di robuste clausole di non regresso e invita il Parlamento a rafforzare ulteriormente alcuni punti chiave in questo ambito, e in particolare:
Il CESE invita inoltre il Parlamento europeo a sottolineare ulteriormente che nessuna disposizione della direttiva deve essere interpretata come limitativa o lesiva dei diritti e dei principi riconosciuti, nei rispettivi ambiti di applicazione, dal diritto dell'Unione o dal diritto internazionale e dagli accordi internazionali di cui l'UE o gli Stati membri sono parti, compresa la Carta sociale europea e le pertinenti convenzioni e raccomandazioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). L'articolo prevede inoltre che gli Stati membri e le parti sociali introducano disposizioni legislative, regolamentari o amministrative o applichino contratti collettivi che siano più favorevoli per i lavoratori. Il CESE sottolinea inoltre la necessità di garantire il rispetto dei contratti collettivi applicabili e un'applicazione efficace, che è essenziale per garantire l'accesso alla protezione del salario minimo e per evitare la concorrenza sleale per le imprese. |
Bruxelles, 25 marzo 2021
La presidente del Comitato economico e sociale europeo
Christa SCHWENG
(1) Discorso sullo stato dell'Unione pronunciato dalla Presidente von der Leyen alla plenaria del Parlamento europeo.
(2) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159.
(3) Questions and answers: Adequate minimum wages (Domande e risposte: salari minimi adeguati).
(4) COM(2020) 682 final, articolo 4, pag. 24.
(5) Dichiarazione quadripartita.
(6) GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 14, punto 1.3. cfr. OECD Job Strategy (Strategia per l'occupazione dell'OCSE); Studio di Eurofound Capacity building: towards effective social dialogue (Sviluppo delle capacità: verso un dialogo sociale efficace), 2019; risoluzioni OIL 2013 e 2018 sul tema Recurrent Discussion on Social Dialogue (Discussione ricorrente sul dialogo sociale).
(7) The role of collective bargaining systems for labour market performance (Il ruolo dei sistemi di contrattazione collettiva per le prestazioni del mercato del lavoro).
(8) Le parti sociali europee hanno recentemente affermato congiuntamente che occorre intraprendere ulteriori lavori nel settore dello sviluppo delle capacità. Nel loro programma congiunto 2019-2021 esse affermano che le attività di sviluppo delle capacità rimangono una priorità per le parti sociali europee e riconoscono che, affinché il dialogo sociale europeo abbia un impatto positivo, occorre fare molto per rafforzare e sostenere il dialogo sociale a tutti i livelli. Cfr. anche GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 14, punti 3.23 e 3.24.
(9) In particolare per quanto riguarda il rispetto delle competenze delle parti sociali.
(10) Ratificata da dieci Stati membri, tutti dotati di un sistema di salario minimo legale.
(11) OCSE, Job strategy 2018 (Strategia per l'occupazione 2018), pagina 143, Achieving higher convergence (Conseguire una maggiore convergenza).
(12) Cfr. GU C 10 dell'11.1.2021, pag. 14, punto 6.13, e la panoramica delle raccomandazioni specifiche per paese 2020-2021 nel settore sociale.
(13) Banca dati AMECO Online.
(14) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.5.
(15) GU L 94 del 28.3.2014, pag. 1.
(16) GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65.
(17) GU L 94 del 28.3.2014, pag. 243.
(18) Causa C-115/14.
(19) Cfr. Convenzione OIL 94, GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 136.
(20) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 197, punto 6.4 e GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 136, punto 4.10.
(21) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 6.4.1.
ALLEGATO
Il seguente controparere, pur avendo ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi (articolo 43, paragrafo 2, del Regolamento interno) è stato respinto nel corso delle deliberazioni:
1. Conclusioni
1.1. |
Nel suo recente parere SOC/632 Salari minimi dignitosi in tutta Europa, il CESE ha riconosciuto che la situazione giuridica relativa a un'iniziativa dell'UE in materia di salari minimi è estremamente complessa. L'UE può adottare strumenti giuridici sulle condizioni di lavoro in base all'articolo 151 e all'articolo 153, paragrafo 1, lettera b) del TFUE. Il Trattato prevede che le disposizioni dell'articolo 153 non si applichino alle «retribuzioni». D'altro canto, nella giurisprudenza dell'UE e nelle direttive in vigore la questione della retribuzione è stata trattata come una condizione di lavoro fondamentale. Vi sono pareri nettamente divergenti su questo tema e il CESE riconosce che la Commissione dovrà adottare un approccio equilibrato e cauto (1), nel momento in cui un numero crescente di voci chiede alla Commissione di ricorrere a una raccomandazione del Consiglio invece che a una direttiva (2). |
1.2. |
Il CESE ha anche segnalato che (3) è importante che un eventuale intervento dell'UE avvenga sulla base di un'analisi e di una comprensione approfondite della situazione e delle sensibilità negli Stati membri e che esso rispetti pienamente il ruolo e l'autonomia delle parti sociali, nonché i diversi modelli di relazioni industriali. È altresì fondamentale che qualsiasi iniziativa dell'UE tuteli i modelli degli Stati membri in cui le parti sociali non ritengono necessari i salari minimi legali. |
1.3. |
Qui di seguito il CESE espone le ragioni per cui la proposta della Commissione (4) relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea non segue un approccio equilibrato e cauto e non può essere considerata come basata su un'analisi accurata e sul pieno rispetto dell'autonomia delle parti sociali e dei diversi modelli di relazioni industriali, come richiesto dal CESE. |
2. Osservazioni generali
2.1. |
I salari, compresi quelli minimi, costituiscono un aspetto importante del modello di economia sociale di mercato dell'Unione europea. Garantire salari minimi dignitosi in tutti gli Stati membri contribuirebbe al raggiungimento di una serie di obiettivi dell'UE, tra cui la convergenza salariale verso l'alto, il miglioramento della coesione sociale ed economica, l'eliminazione del divario retributivo di genere, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro in generale e la garanzia di condizioni di parità nel mercato unico. I salari rappresentano la retribuzione del lavoro svolto e vanno annoverati tra i fattori che assicurano vantaggi reciproci alle imprese e ai lavoratori. Essi sono legati alla situazione economica di un paese, di una regione o di un settore. Le relative modifiche possono avere un impatto sull'occupazione, sulla competitività e sulla domanda macroeconomica (5). |
2.2. |
Il CESE rammenta quanto indicato in precedenti lavori (6) riguardo al tema dei salari minimi: all'interno del CESE vi sono vedute divergenti. Alcuni membri del CESE sostengono il giudizio secondo cui tutti i lavoratori dell'UE dovrebbero essere tutelati da salari minimi equi che consentano loro un tenore di vita dignitoso ovunque essi lavorino. Altri membri del CESE sono del parere che la determinazione dei salari minimi rientri nella competenza nazionale e debba avvenire conformemente alle caratteristiche specifiche dei rispettivi sistemi nazionali. |
2.3. |
Il CESE ha già espresso (7) la convinzione che occorra compiere sforzi maggiori per conseguire la convergenza dei salari e la fissazione di retribuzioni minime negli Stati membri, e ha nel contempo sottolineato che la competenza e l'autonomia delle parti sociali nazionali riguardo ai processi di determinazione dei salari devono essere pienamente rispettate, conformemente alle pratiche nazionali (8). Tali sforzi dovrebbero anche mirare a rafforzare la contrattazione collettiva, cosa che contribuirebbe anche a salari più equi in generale. |
2.4. |
Il CESE sottolinea che il livello del salario minimo costituisce uno strumento chiave di politica economica, che deve rimanere nella competenza decisionale degli Stati membri, per tenere conto in modo flessibile dei loro sviluppi politici, economici e sociali. |
2.5. |
Come la Commissione afferma nella relazione che illustra le misure proposte, gli Stati membri con un'elevata copertura della contrattazione collettiva ottengono risultati migliori rispetto ad altri in termini di salari più elevati e di riduzione del numero di lavoratori a bassa retribuzione. Il CESE ritiene che il successo di tali modelli di contrattazione collettiva dipenda dal fatto che lo Stato non partecipa né alla definizione dei criteri riguardanti gli accordi raggiunti attraverso la contrattazione collettiva, né alla loro applicazione, e che le parti sociali hanno piena responsabilità e autonomia riguardo a entrambe. |
Pandemia di COVID
2.6. |
Già nel parere SOC/632, il CESE ha affermato che la pandemia di COVID-19 ha colpito duramente l'Europa. L'Unione europea e i suoi Stati membri fanno ancora fronte a una recessione economica di dimensioni storiche e dalle ripercussioni drammatiche per le persone e le imprese (9). Da allora la situazione è peggiorata invece di migliorare. Gli investimenti delle imprese sono ancora scarsi. |
2.7. |
Non abbiamo ancora visto il pieno impatto occupazionale della crisi della COVID, ma è chiaro che l'attuale crisi dovrebbe determinare un aumento significativo della disoccupazione nel prossimo anno. La crisi della COVID ha indebolito la situazione finanziaria di molte PMI, il che le rende più vulnerabili all'aumento dei costi. La situazione si presenta simile in tutta Europa. |
Effetti sull'occupazione
2.8. |
Il CESE ha osservato in precedenza (10) che un'ulteriore fonte di preoccupazione è il fatto che una politica europea sui salari minimi legali potrebbe eventualmente generare effetti negativi sull'occupazione (11), segnatamente nel caso dei giovani e dei lavoratori poco qualificati, e aggravare il problema della non conformità, il che potrebbe anche spingere un certo numero di lavoratori con basse retribuzioni a optare per il lavoro informale (12). Il lavoro sommerso porta a una concorrenza sleale, deteriora i sistemi sociali e fiscali e viola i diritti dei lavoratori, compresi i diritti a condizioni di lavoro dignitose e a un salario minimo. Il CESE deplora la mancanza di una valutazione completa, da parte della Commissione europea, dell'impatto complessivo della sua proposta sull'occupazione e sull'economia. Una direttiva sui salari minimi è particolarmente dannosa in questo momento, perché le nostre economie e società devono far fronte alla sfida senza precedenti rappresentata dalla COVID-19. |
3. Osservazioni in merito all'attuale proposta della Commissione
3.1. Base giuridica
3.1.1. |
Secondo la proposta della Commissione (13), la direttiva proposta si basa sull'articolo 153, paragrafo 1, lettera b), del TFUE. |
3.1.2. |
Il CESE osserva che l'articolo 153, paragrafo 5, del TFUE esclude espressamente le retribuzioni, il diritto di associazione, il diritto di sciopero e il diritto di serrata dalla competenza legislativa dell'UE in materia di politica sociale. Tali questioni sono quindi di esclusiva competenza nazionale. |
3.1.3. |
Nel CESE sono presenti opinioni divergenti circa la legittimità di eventuali iniziative giuridiche dell'UE, e specialmente di una direttiva, sulla base dell'articolo 153 TFUE (14). Il CESE ha già affermato (15) che tra le principali preoccupazioni vi è il fatto che l'UE non ha alcuna competenza in materia di «retribuzioni», compresi i livelli salariali, e che un tale intervento potrebbe interferire con l'autonomia delle parti sociali e compromettere i sistemi di contrattazione collettiva, in particolare negli Stati membri in cui le soglie salariali minime sono determinate attraverso contratti collettivi. Inoltre, anche in seno allo stesso Comitato, vi sono opinioni divergenti sul valore aggiunto di un intervento dell'UE: mentre la maggioranza dei componenti del CESE ritiene che un tale intervento possa apportare un valore aggiunto, altri non sono d'accordo. In ogni circostanza, e dato che la fissazione dei salari minimi è una competenza nazionale, l'UE dovrebbe esercitare i suoi poteri legislativi con cautela in qualsiasi iniziativa legislativa, in modo da rispettare pienamente il principio di sussidiarietà. |
3.1.4. |
Per di più, riguardo la base giuridica, altre disposizioni della proposta fanno riferimento a diritti collettivi, come la promozione, in vari modi, dei contratti collettivi (articolo 4). Il CESE osserva che il TFUE contiene, all'articolo 153, paragrafo 1, lettera f), una base giuridica speciale, che riguarda la rappresentanza e la difesa collettiva degli interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro, compresa la cogestione, fatto salvo il paragrafo 5. L'UE ha una competenza legislativa su questa base solo con decisione unanime. Il CESE ritiene che le disposizioni sulla promozione della contrattazione collettiva avrebbero dovuto basarsi su tale articolo. |
3.1.5. |
Sulla base delle preoccupazioni di cui sopra, ulteriormente rafforzate dal fatto che in molti casi la formulazione utilizzata nel titolo della proposta, nel titolo di alcuni articoli, nel loro testo e nel preambolo non è del tutto coerente con il campo di applicazione effettivo della proposta, la Commissione dovrebbe prendere in considerazione la possibilità di presentare una raccomandazione anziché una direttiva. Ciò offrirebbe agli Stati membri la flessibilità necessaria per conseguire gli obiettivi della proposta, nel rispetto dei rispettivi sistemi di formazione dei salari e dell'autonomia delle parti sociali. |
3.2. Oggetto e ambito di applicazione
3.2.1. |
L'articolo 1 stabilisce che i lavoratori dovrebbero avere «accesso alla tutela garantita dal salario minimo» per legge o per contratto collettivo. Ai sensi dell'articolo 2, la direttiva si applicherebbe «ai lavoratori che hanno un contratto di lavoro o un rapporto di lavoro quali definiti dal diritto, dai contratti collettivi o dalla prassi in vigore». |
3.2.2. |
Nessuno Stato membro o lavoratore è escluso dal campo di applicazione della direttiva. Nei paesi che si avvalgono esclusivamente della contrattazione collettiva — in cui non tutti i lavoratori sono coperti da salari minimi e quindi non hanno accesso alla tutela garantita dal salario minimo — ciò comporta un'incertezza giuridica significativa e inaccettabile. Il CESE teme che la direttiva possa essere interpretata, anche per quanto riguarda i paesi che si avvalgono esclusivamente della contrattazione collettiva, nel senso di garantire a tutti i lavoratori il diritto di beneficiare di una protezione salariale minima. Nonostante le rassicurazioni di cui all'articolo 1, paragrafo 3, ciò in pratica interferirebbe direttamente con la copertura del salario minimo negli Stati membri e spingerebbe tali paesi verso l'applicazione universale dei contratti collettivi, compromettendo i loro modelli di mercato del lavoro — e a più lungo termine — costringendoli a modificare tali modelli. |
3.2.3. |
Il CESE raccomanda che alcune disposizioni e alcuni concetti della proposta (16) siano formulati in modo più preciso in modo da non lasciare spazio a incertezze e interpretazioni da parte della Corte di giustizia dell'UE. L'oggetto e l'ambito di applicazione di cui agli articoli 1 e 2 riguardano tutti gli Stati membri, compresi quelli in cui esiste un sistema autoregolamentato di contrattazione collettiva. Come indicato in precedenza, nei paesi che si avvalgono esclusivamente della contrattazione collettiva, ciò lascia spazio all'incertezza giuridica. Inoltre, occorre introdurre alcuni adeguamenti per alcuni casi specifici che non dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della proposta — ad esempio i marittimi — il cui livello di retribuzione è stabilito da convenzioni internazionali (17). |
3.3. Definizioni
3.3.1. |
L'articolo 3 della proposta non opera alcuna distinzione tra salario minimo legale e salario minimo, o piuttosto soglia minima salariale, stipulati nei contratti collettivi. |
3.3.2. |
Il CESE si rende conto che, nei sistemi di determinazione del salario minimo legale, sono necessari criteri di adeguatezza, stabiliti a livello nazionale con il coinvolgimento delle parti sociali, ma si interroga sul fatto che la proposta di direttiva riservi il medesimo trattamento a entrambi i tipi di salario minimo. Nel caso di sistemi che si avvalgono unicamente della contrattazione collettiva, la regolamentazione dell'adeguatezza dei salari minimi viola l'autonomia delle parti sociali. |
3.3.3. |
Il CESE ricorda che i salari minimi nei modelli basati su accordi collettivi sono determinati nell'ambito di negoziati tra datori di lavoro e lavoratori che coprono i salari e anche, più in generale, le condizioni di lavoro. Ciò significa, ad esempio, che in tali situazioni l'«adeguatezza» è il prodotto di un equilibrio interno con altri interessi e altre parti del contratto collettivo, mentre i salari minimi legali sono esogeni. |
3.4. Promozione della contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari
3.4.1. |
L'articolo 4 impone agli Stati membri di adottare misure per rafforzare la capacità delle parti sociali di partecipare alla contrattazione collettiva sulla determinazione dei salari a livello settoriale o intersettoriale. In questo caso si propone una soglia del 70 % per la copertura della contrattazione collettiva. |
3.4.2. |
In un suo precedente parere (18), il CESE sottolineava che «sistemi di contrattazione collettiva ben funzionanti, specie a livello di categoria, svolgono un ruolo fondamentale nella definizione di retribuzioni giuste e adeguate in tutta la struttura salariale, compresi i salari minimi legali, dove questi esistono». |
3.4.3. |
Il CESE sottolinea che è necessario garantire che resti di competenza di ciascuno Stato membro decidere, in considerazione delle condizioni nazionali e in funzione dei rispettivi sistemi di relazioni industriali, in primo luogo quale sia l'obiettivo di copertura adeguato e, in secondo luogo, quali misure adottare a livello nazionale nel caso in cui il livello si collochi al di sotto dell'obiettivo definito su scala nazionale. |
3.4.4. |
Il CESE teme inoltre che l'obiettivo vincolante proposto (copertura del 70 %) indebolirebbe le parti sociali sul lungo periodo, poiché, in alcuni paesi, un modo per raggiungere tale obiettivo sarebbe quello di introdurre un sistema di estensione automatica dei contratti collettivi a tutte le imprese e a tutti i lavoratori, riducendo in tal modo il ruolo delle parti sociali e indebolendo la contrattazione collettiva. |
3.5. Adeguatezza
3.5.1. |
L'articolo 5, paragrafo 2, fa riferimento ai criteri nazionali che gli Stati membri devono utilizzare per fissare i salari minimi legali. Tali criteri includono, ad esempio, il potere d'acquisto, il tasso di crescita dei salari lordi e l'andamento della produttività del lavoro. Il considerando 21 recita che gli indicatori «quali il 60 % del salario lordo mediano e il 50 % del salario lordo medio, [possono] contribuire a orientare la valutazione dell'adeguatezza dei salari minimi in relazione al livello retributivo lordo». Tuttavia tali indicatori si riferiscono più in generale agli aspetti della disuguaglianza e non già alla protezione dei lavoratori più vulnerabili. |
3.5.2. |
Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che, nonostante le rassicurazioni in senso contrario formulate dalla Commissione nella relazione, la proposta punta ad avere un impatto sul livello del salario minimo e, di conseguenza, sul livello retributivo. Inoltre, le dichiarazioni contenute nella relazione precisano che la direttiva dovrebbe consentire una vita dignitosa, ridurre la povertà lavorativa e creare condizioni di maggiore parità. Il CESE ritiene che tali disposizioni affrontino la questione del livello dei salari minimi, accrescendo così le sue preoccupazioni circa la validità della base giuridica e la scelta dello strumento giuridico. |
3.6. |
Il CESE osserva che la proposta va oltre le disposizioni dell'articolo 18, paragrafo 2, della direttiva 2014/24/UE sugli appalti pubblici, in base al quale gli Stati membri garantiscono che gli operatori economici rispettino gli obblighi applicabili in materia di diritto del lavoro stabiliti, tra l'altro, nei contratti collettivi. Nella proposta, all'articolo 9, il termine «applicabili» non compare. Si ha così l'impressione che l'articolo 9 preveda che negli appalti pubblici siano sempre richiesti salari concordati tramite contratti collettivi. Ciò induce a chiedersi se l'intenzione della Commissione sia di andare oltre la direttiva 2014/24/UE, esigendo sempre, in tutti gli appalti, un salario determinato da un contratto collettivo. |
3.7. Monitoraggio e raccolta dei dati
3.7.1. |
L'articolo 10 impone agli Stati membri di comunicare, tra l'altro, i dati sul tasso di copertura della contrattazione collettiva e sul livello dei salari minimi. Gli Stati membri devono inoltre garantire che i contratti collettivi siano trasparenti e accessibili al pubblico per quanto riguarda sia i salari che altre disposizioni relative ai salari. I salari minimi saranno quindi esaminati dalla Commissione e dal comitato per l'occupazione (EMCO) del Consiglio. |
3.7.2. |
Nei modelli di mercato del lavoro basati esclusivamente sulla contrattazione collettiva, l'adeguatezza dei salari non è oggetto di esame da parte dello Stato o di un'agenzia governativa. Tali accordi sono di proprietà delle parti sociali, che li interpretano in via esclusiva. Sarebbe inaccettabile sottoporre a revisione i livelli salariali stipulati nei contratti collettivi. Sarebbe anche discutibile dal punto di vista dell'autonomia delle parti sociali obbligare queste ultime a rendere gli accordi accessibili e trasparenti in linea generale, tanto più che sono le uniche a poter interpretare e rivedere tali accordi. Il CESE ricorda peraltro che i contratti collettivi non sempre specificano i livelli minimi per i salari o le soglie minime salariali. Inoltre, gli obblighi di comunicazione richiedono un'intensità di lavoro molto elevata ed è impossibile, in alcuni casi, ottemperare ai requisiti in materia di dati. |
Esito della votazione:
Voti favorevoli: |
106 |
Voti contrari: |
147 |
Astensioni: |
17 |
(1) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, Salari minimi dignitosi in tutta Europa, https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/decent-minimum-wages-across-europe, punto 6.1.2.
(2) Nove Stati membri hanno inviato alla presidenza tedesca e alla presidenza portoghese del Consiglio dell'Unione europea una lettera in cui segnalano la necessità di un'analisi giuridica, individuano come strumento giuridico più adeguato una raccomandazione del Consiglio e rilevano che l'attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali dovrebbe rispettare i limiti dei trattati dell'UE.
(3) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.11.
(4) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea {SEC(2020) 362 final} — {SWD(2020) 245 final} — {SWD(2020) 246 final}.
(5) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, Salari minimi dignitosi in tutta Europa https://www.eesc.europa.eu/it/our-work/opinions-information-reports/opinions/decent-minimum-wages-across-europe, punto 1,4.
(6) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.2.
(7) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.3.
(8) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.3 e GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10.
(9) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.1.
(10) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 3.4.8.
(11) Sulla base del grafico A12.9, Valutazione d'impatto della Commissione, pagina 197.
(12) Eurofound (2019) Upward convergence in employment and socioeconomic factors (Convergenza verso l’alto dei fattori occupazionali e socioeconomici).
(13) Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa a salari minimi adeguati nell'Unione europea {SEC(2020) 362 final} — {SWD(2020) 245 final} — {SWD(2020) 246 final}.
(14) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.8.
(15) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 1.9.
(16) In particolare per quanto riguarda il rispetto delle competenze delle parti sociali.
(17) Convenzione OIL sul lavoro marittimo (OIL, CLM, 2006).
(18) GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 159, punto 3.3.10.