Si conclude ad Ancona, che lo
ospita per la prima volta, il terzo Festival regionale del
Teatro in Carcere che il 17 ottobre prossimo presenta al mattino
al Ridotto del Teatro delle Muse (ore 10) la tavola rotonda
'Teatro, carcere e comunità', per riflettere sull'essere una
persona fuori e dentro il carcere, e in serata (ore 21) lo
spettacolo teatrale 'Voci e vite dalla cantina di Kafka'.
L'iniziativa, promossa dal Garante regionale dei diritti
della persona Giancarlo Giulianelli, intende promuovere
attraverso il linguaggio delle arti sceniche il valore dei
percorsi di riabilitazione e reinserimento sociale e lavorativo
dei detenuti, ed è stata realizzata in collaborazione col Comune
di Ancona e l'Associazione culturale cittadina universitaria
Aenigma Aps, capofila del coordinamento regionale Teatro in
Carcere Marche. La prima fase del festival si è tenuta tra il 17
e il 23 maggio, quando i reclusi-attori si sono esibiti per un
pubblico di studenti dell'Università e della scuola secondaria
di primo e secondo grado in sei diversi spettacoli negli
Istituti penitenziari di Fossombrone, Pesaro, Ancona Montacuto e
Ancona Barcaglione, e si concluderà con l'illustrazione del
lavoro svolto nei laboratori teatrali attivati nel corso
dell'anno presso gli Istituti penitenziari della regione.
"Il progetto - ha sottolineato Giulianelli - persegue
l'obbiettivo di abbattere il muro di separazione tra comunità
civili e comunità carcerarie attraverso la condivisione di
un'esperienza teatrale che ha il potere di mettere in contatto
il dentro e il fuori delle 'mura', e di diffondere una cultura
del rispetto e del contrasto ad ogni tipo di discriminazione".
Per l'assessora alla Cultura del Comune di Ancona Marta
Paraventi, che ha affermato di aver accolto con entusiasmo la
proposta del Garante di ospitare il festival, "la pratica
teatrale, strutturata attraverso percorsi laboratoriali e
creativi rivolti alle persone detenute, rappresenta non solo
un'esperienza espressiva e formativa, ma anche un potente
strumento pedagogico e trasformativo. Il carcere - ha detto -
può infatti diventare non solo un luogo di detenzione, ma anche
un presidio culturale: uno spazio in cui le contraddizioni
sociali si rielaborano e le energie latenti si trasformano in
risorse costruttive".
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