Nessun pentimento ma il macabro, goffo e oltraggioso tentativo di dare la colpa alla vittima, l'ex compagna finita con 14 coltellate dopo averla inseguita e bloccata. Le ultime fasi del femminicidio di Luciana Ronchi, uccisa mercoledì a Milano, sono immortalate da un video di sorveglianza del condominio: il marito infierisce, lei si allontana ma poi cade a terra. Morirà ore dopo all'ospedale Niguarda.
"Pensavo a due coltellate, non a 14. La prima alla gola, le altre non so, forse al volto. Quando l'ho vista non ho capito più niente, la rabbia, ho visto nero. Ho subito da lei una crudeltà disumana", ha detto Luigi Morcaldi prima che venisse portato in carcere. Da poco aveva ridotto in fin di vita Luciana Ronchi, sua compagna da quasi 40 anni, un figlio con cui ha interrotto i rapporti, e una separazione che risale a tre anni fa. Eppur agli inquirenti e agli investigatori ha tentato ancora di giustificarsi: "Mi è salito tutto il male che mi hanno fatto".
È una storia già vista, che rispetta un canone ben preciso, quella raccontata ieri dal 64enne, ora a San Vittore con l'accusa di omicidio aggravato. Una confessione in cui non c'è ombra di dispiacere e nella quale, in modo anche confuso, l'uomo ha mescolato questioni economiche, soldi, tradimenti e il peso di una relazione "burrascosa". E questo per cercare di motivare, scaricando sulla vittima le colpe, il suo folle gesto. Fino a dire: "Sono un assassino, dottore, Non so che dirle". E ancora: "Volevo spaventarla, non uccidere".
Mentre per stamattina il gip Lorenza Pasquinelli, chiamata a decidere sulla richiesta di convalida del fermo e dell'applicazione del carcere, interrogherà Morcaldi, oggi il procuratore Marcello Viola, facendo il punto con la stampa, ha spiegato che le immagini dell'impianto di videosorveglianza analizzate dagli agenti della Polizia Locale, coordinati dai pm Leonardo Lesti e Giovanni Tarzia, hanno ripreso un uomo che "si muoveva con estrema determinazione e rapidità".
E che ha colpito con particolare "accanimento" il volto. Un gesto indicativo di un livore tale da spingere l'ex barista, che negli ultimi tempi passava la notte tra auto e dormitorio pubblico, a scrivere pure all'ex compagna e al figlio una lettera, mai spedita, intitolata "la torta avvelenata". Di questo accanimento ne hanno parlato anche alcune persone che hanno assistito all'aggressione.
Come un testimone che poco prima delle 10 di ieri mattina, in via Grassini, ha spiegato di aver notato su un "marciapiede opposto a quello in cui mi trovavo" in compagnia di un collega, che ha poi prestato i primi soccorsi alla signora, "un individuo a piedi che tirava i capelli lunghi di una donna davanti a sé, la quale urlava con forza e cercava di divincolarsi". L'uomo, poco dopo identificato in Morcaldi, "lasciava la presa, urlava con rabbia contro la sua vittima la frase: 'vai fuori da casa mia!' e sferrava due colpi al volto (...) simili a due pugni" alla 62enne che poi si è accasciata al suolo.
"Rimanevo paralizzato ad assistere alla terribile scena mentre il mio collega, a fianco a me, si avvicinava velocemente" ai due "per dividerli e cercare di soccorrere la donna a terra". Significativa pure la deposizione del custode del palazzo dove viveva la signora Luciana: "Da quando si è separato dalla moglie non l'ho più rivisto, fatta eccezione per ieri sera, il 21 ottobre, alle ore 18:30 circa (...) era molto agitato ed arrabbiato (...) insisteva, ripetendo di essere arrabbiato con la moglie ed urlando, sosteneva che sarebbe dovuta essere lei ad andarsene dalla loro casa famigliare (...). Mi è sembrato strano vedere Morcaldi ieri sera nella mia via". Domani mattina il faccia a faccia con la giudice.
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