Piove a dirotto quando Alessandro Barberini, Manuel Fortuna e Kevin Pellecchia scendono in manette dal cellulare della Penitenziaria e si infilano rapidamente dentro il Tribunale di Rieti dove li attende il gip Giorgia Bova per la convalida dei loro arresti.
I tre ultrà della Sebastiani basket Rieti, accusati di omicidio volontario aggravato - per l'agguato di domenica scorsa al pullman dei tifosi del Pistoia basket costato la vita all'autista Raffaele Marianella, colpito in pieno volto da una pietra - scelgono di rimanere in silenzio davanti al giudice.
La decisione del gip arriva due ore e mezza dopo: arresti convalidati e custodia cautelare in carcere. Perché sussiste il pericolo di fuga, reiterazione del reato e inquinamento delle prove.
Per il gip "si sono dimostrati perfettamente consapevoli dei possibili risvolti giudiziari che la vicenda avrebbe avuto su di loro" e fin da subito "compiaciuti per il lancio dei sassi". Hanno esultato, come raccontano 5 testimoni, dicendo "li abbiamo distrutti, li abbiamo sfondati" e poi hanno commentato testualmente "ce danno omicidio a tutti".
Frasi terribili che, sottolinea il giudice, rivelano "in modo chiaro non solo la loro effettiva partecipazione materiale e morale all'agguato mortale, ma anche la loro piena consapevolezza della natura della loro azione".
Dall'ordinanza del gip emerge che Fortuna era tra i "più agitati" e, appena terminata la partita, insieme a Barberini, avrebbe convinto gli altri ultrà a organizzare "una vera e propria spedizione punitiva" pianificando di attendere il pullman sulla superstrada "per poi lanciargli contro delle pietre".
"Gli indagati - scrive ancora il gip - risultano quindi attinti da gravi indizi di colpevolezza relativamente al reato contestato, a titolo di concorso tra loro, dovendosi precisare che benché solo uno di essi abbia sferrato il lancio risultato di fatto fatale per la vittima (presumibilmente proprio il Pellecchia Kevin), gli altri due hanno sicuramente fornito un contributo morale alla condotta omicidiaria, avendone condiviso sin dal principio l'ideazione, l'organizzazione nonché infine la fase esecutiva".
Dalle centinaia di pagine di verbali redatti dagli investigatori di Mobile e Digos, coordinati dal pm Lorenzo Francia, emergono, infatti, palesi ammissioni. I tre ultrà sono in Questura, parlano tra loro, si percepisce molta tensione, ma a un certo punto la cimice piazzata nella stanza dove li hanno rinchiusi registra le parole con cui Kevin, il più giovane dei tre, ammette di avere lanciato il sasso che ha ucciso Marianella.
"Era quello più appuntito" questa la frase che inchioderebbe il 20enne. Poco dopo, a verbale, Kevin cambia idea negando di aver lanciato pietre e indicando gli altri due, 'Aba' (Barberini, ndr) e Manuel Fortuna, come autori dei lanci. Ma è troppo tardi è già nei guai fino al collo. C'è un'altra certezza: non erano soli al momento dell'agguato, c'erano altri 8 ultrà, subito sottoposti al test del Dna dalla Polizia scientifica.
Tra loro ci sono anche i 5 testimoni, andati lì per partecipare all'azione, ma quando hanno capito quanto fosse pericoloso il piano di Fortuna, Pellecchia e Barberini si sono tirati indietro: "Una volta arrivati a Contigliano - dice uno di loro e a riportarlo è ancora il gip - ho capito che le intenzioni degli altri ultras erano pesanti. C'erano alcuni incappucciati che tenevano pietre enormi in mano ed io ed altri due tre ragazzi abbiamo desistito da qualsiasi intento". Intanto le indagini proseguono per chiarire ruoli e responsabilità degli altri ultrà coinvolti.
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